di Paul Simons
E ora spuntano anche le apparenti conversazioni tra Joe Biden e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che confermerebbero in gran parte, quello che voleva scoprire Trump, ossia il fatto che Biden aveva degli affari in Ucraina. Vero? Falso? Il condizionale è sicuramente d’obbligo visto che l’audio discontinuo, che dovrebbe essere quello delle chiamate di Biden del 2016 con l’allora presidente ucraino, Petro Poroshenko, sono state rilasciate durante una conferenza stampa di maggio dal parlamentare ucraino Andrii Derkach, un laureato di un’accademia di spionaggio di Mosca che ha incontrato l’anno scorso l’avvocato personale di Trump, Rudy Giuliani per premere l’acceleratore sulle accuse di corruzione infondate contro Biden e suo figlio, Hunter.
I funzionari statunitensi giovedì hanno descritto Derkach come un ‘agente russo’ che però non ha convinto Trump. Chapeau quindi per lui che avrebbe potuto cogliere l’occasione per seminare a sfavore del candidato democratico avversario Joe Biden e promuovere teorie cospirative su di lui e invece molto onestamente ha detto che suo avviso si trattava di “narrazioni false e infondate”.
La proliferazione dell’audio sui social media che ha registrato milioni di visualizzazioni è un esempio lampante di come a volte certe ‘scoperte’ possano creare un pregiudizio e influenzare le elezioni di un Paese così grande ed eterogeneo come l’America.
Cos’è cambiato oggi?
Il fatto che a differenza del 2016, quando la Russia ha utilizzato falsi account di social media o bot per condurre una campagna di disinformazione, questa volta le ‘dis-news’ sono state diffuse da utenti via social media (americani).
Cosa si sente nell’audio diffuso via Web? In una telefonata si sente Biden che dice a Poroshenko che impegnerà $ 1 miliardo nel paese una volta solo se (Victor) Shokin verrà licenziato. Shokin, ora ex procuratore generale dell’Ucraina, precedentemente aveva lavorato come investigatore per la Procura generale, ricoprendo l’incarico di Procuratore generale per un anno, dal 2015 al 2016. La sua nomina è stata controversa sin dall’inizio ed è stato ampiamente considerato un ostacolo chiave nella lotta alla corruzione, accusato di avere bloccato indagini contro alleati e figure influenti. Nel marzo 2016 dopo le pressioni degli Stati Uniti, dell’Unione Europea e delle istituzioni finanziarie internazionali, nonché di attivisti ucraini contro la corruzione, è stato licenziato. Nel 2019, Shokin è stato una delle figure chiave dell’accusa contro Joe Biden e suo figlio, Hunter.
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