di Paola Valli
L’ avvento del Covid ha costituito un evento ad alto impatto per tutti noi, anche all’interno della famiglia. Finito il lockdown abbiamo affrontato una nuova fase di ripresa, non da ultimo, quella della scuola, che ha costretto a fare di nuovo i conti e a riflettere sull’impatto che il Covid ha avuto su di noi, sui nostri figli piccoli o grandi che siano.
Il primo passo da fare oggi è riflettere su ciò che è accaduto dentro di noi in questi mesi difficili. Di fronte ad eventi ad alto impatto traumatico come questo, occorre che la nostra mente dia significati all’accaduto trasformando aree di sofferenza in storie narrabili e dalle quali apprendere e possibilmente migliorarci. In assenza di ciò, come diceva già Piaget (1904) possono rimanere nuclei di sofferenza non elaborati che possono rendere difficile la ripresa, sfociare in sintomi di panico o nel vero e proprio disturbo post traumatico da stress, una forma di disagio mentale complessa che si verifica in seguito ad eventi altamente stressanti. Jung diceva “rendi consapevole l’inconsapevole altrimenti guiderà la tua vita e tu lo chiamerai destino”.
Potremmo allora chiederci: “come abbiamo attraversato le fatiche dell’isolamento e le paure?” “Ne siamo rimasti sopraffatti oppure abbiamo trovato strategie per attraversare queste fatiche?” “Come sono cambiato da questa esperienza?”. In psicologia si parla di capacità di resilienza, termine ripreso dall’ambito ingegneristico, per indicare la capacità di resistere ad un urto improvviso senza spezzarsi.
Molti sono riusciti ad aiutarsi, nel periodo del lockdown, attraverso il dialogo interiore, il contatto con parti di noi necessariamente fragili e spaventate, imparando ad accoglierle e ad aiutarle. Altri, purtroppo, (più a rischio in questa fase di ripresa) hanno vissuto la dimensione di un’impotenza senza sbocco. Per capire come affrontare questo nuovo periodo ed essere di aiuto ai nostri figli What-u ha intervistato Chiara Pozzi, psicologa, psicoterapeuta infantile con alle spalle un’esperienza ultra ventennale, che durante il lockdown (via web) e dopo il lockdown, ha raccolto le testimonianze di genitori e figli riuscendo a dare una quadratura alle problematiche più ricorrenti offrendo suggerimenti preziosi.
Quali sono le difficoltà maggiormente incontrate dai genitori durante il lockdown?
«I genitori hanno dovuto imparare una competenza alla quale erano decisamente poco allenati: stare accanto ai loro figli in un un momento di grossa frustrazione dei loro bisogni e desideri. Noi genitori del terzo millennio siamo più abituati a proteggere i nostri figlioli, a volte portando noi i loro pesi, anche iperproteggendoli. Abbiamo dovuto imparare a stare loro accanto in un tempo difficile scoprendo molte volte che la noia, il vuoto e la frustrazione potevano muovere la molla del desiderio, cercando altro oltre al PC, tra cui, non da ultima, la famiglia. Quest’ultima è divenuta per molti ragazzi un “luogo” da riscoprire. Naturalmente, le famiglie più fragili sono state colpite più duramente dalla pandemia. Chi ha meno risorse rischia maggiormente di affondare nella tempesta. Alcuni genitori hanno evidenziato di non riuscire a rassicurare i propri figli o a gestire la complessità dello smart working. Altre famiglie, invece, con equilibri più stabili, hanno scoperto una nuova dimensione dello stare insieme, con tempi più goduti, nella coppia così come nella relazione con i figli ed in quella di fratellanza. A volte ho sentito lo stupore dei genitori nello scoprire inaspettate risorse nei propri figlioli, quali la creatività o la scoperta di hobby, l’entusiasmo mobilitato da spazi svuotati di impegni. Alcuni genitori hanno goduto molto del potere stare finalmente accanto più tempo ai propri figli scoprendo in sé una genitorialità più attenta e curiosa dei loro bisogni».
Quali sono state le reazioni emotive evidenziate nelle varie fasce di età?
«I colloqui on line con i genitori mi hanno permesso di raccogliere “scenari familiari” rispetto le diverse fasce d’età. I più piccoli sono quelli che forse hanno sofferto meno. Per loro la vicinanza e la protezione dell’adulto sono di primaria importanza e, se il genitore ha affrontato senza troppe fatiche il periodo e trovato modo di dare risposte vere, ma semplici e rassicuranti, i bambini hanno ricevuto quella protezione che li ha fatti sentire al sicuro. A volte hanno evidenziato comportamenti regressivi (chiedere di dormire nel lettone, fare pipì addosso), spesso connessi alle preoccupazioni dei genitori, ma anche allo stravolgimento di una dimensione di routine per loro necessaria e rassicurante. I I bambini della scuola primaria hanno maggiormente sentito la mancanza della dimensione relazionale della scuola, dello sport o dell’oratorio, anche paradossalmente di attività che non sempre facevano volentieri. Alcune maestre sono riuscite a costruire una didattica a distanza che creasse reale presenza per i bambini e non è stato poco. Gli adolescenti, d’altro canto, deprivati di aspetti per loro essenziali come l’esplorazione e la relazione coi pari, ci hanno spesso stupito per il loro senso di responsabilità, specie quando noi genitori siamo riusciti a farli sentire in prima linea rispetto al contributo che loro stessi potevano dare in un momento così complesso. Ciò contrasta con l’immagine spesso data dai media, di ragazzi dediti alla movida e al divertimento, specchio invece di un mondo adulto contraddittorio».
Quali sono le maggiori difficoltà che dobbiamo affrontare oggi come adulti (genitori, insegnanti, psicologi) specie alla luce della ripresa delle scuole, in una dimensione di incertezza ancora così forte?
«La ripresa della scuola è importantissima per i nostri figli, ancor più in questo momento di così grande incertezza, spesso connotato dalla paura. Questo perché sui nostri figli può avere davvero un effetto normalizzante. Il personale scolastico in questo momento è messo a dura prova da circolari, norme restrittive e quant’altro. Tuttavia, lo sforzo dovrà essere quello di mantenere tale spazio come un luogo di accoglienza da cui sia possibile ripartire con coraggio evitando che diventi invece un luogo in cui prevale il controllo e la paura .
Ciò potrà essere ancora più importante per quei bambini le cui famiglie hanno vissuto durante gli scorsi mesi eventi ad alto impatto traumatico quali i lutti. Pensiamo anche ai figli degli operatori sanitari che hanno spesso vissuto la paura e la distanza dal genitore. Il ritorno a scuola può rappresentare in tali casi un luogo in cui accogliere vissuti dolorosi e facilitare una ripartenza anche emotiva. Non è una sfida semplice per gli operatori scolastici. Alcuni di loro, specie quelli già emotivamente provati dai mesi scorsi, potranno necessitare di un supporto psicologico specialistico, che è stato peraltro previsto dal protocollo di sicurezza per la ripresa delle scuole sottoscritto dal ministro Azzolina il 6 agosto scorso. Andrà meglio definito e pensato il ruolo dello psicologo nelle scuole perché il suo contributo possa essere davvero sfruttato al meglio».
Quali comportamenti invece gli adulti devono evitare per facilitare una ripresa emotivamente più serena della vita scolastica e sociale dei loro figli?
«Quello che sto notando, con la ripresa dell’attività clinica in presenza, anche all’interno delle scuole, è che i bambini così come i ragazzi hanno un grande desiderio di ripresa. Sento tanto entusiasmo nei bambini. Alcuni, quelli emotivamente più fragili, apparivano spaventati nei primi giorni di scuola dalle norme e dal controllo richiesto, tuttavia, dopo i primi giorni, apparivano già più sereni. Noto invece che la paura e la preoccupazione riguarda di più il mondo adulto, anche comprensibilmente. Tuttavia, i bambini hanno bisogno, oltre che di consapevolezza, anche di calma e speranza. È ormai assunto condiviso dalla psicologia che è molto dannoso per i bambini, che dovrebbero sentirsi protetti dall’adulto, avere dei genitori spaventati, ovvero che non sanno gestire la paura. I bambini hanno bisogno di sentire che l’adulto sa tenere con sufficiente sicurezza il “timone” della loro crescita e che utilizza la paura come guida per attuare semmai comportamenti preventivi di protezione. I bambini ed i ragazzi sanno che non è certo da escludere un altro lockdown anche in Italia, ma teniamo uno sguardo sul presente con una certa calma.
Se sentiamo come adulti di essere travolti dalla paura, spesso retaggio di esperienze infantili di scarsa rassicurazione, meglio chiedere il supporto di un esperto. Tante volte, infatti, il genitore si preoccupa eccessivamente per i figli confondendo certi propri disagi con il vissuto reale di quest’ultimo.
Evitiamo anche che il contesto scuola diventi, come purtroppo è successo nel mese di agosto in campo politico, un terreno di battaglia tra adulti e che si respiri aria invece di collaborazione tra scuola e famiglia perché questo crea un clima emotivamente più disteso per i nostri figli. La solidarietà tra adulti è stata una risorsa essenziale durante il lockdown, sarebbe davvero un peccato che andasse così velocemente persa. Può certamente aiutarci a trovare maggiore coraggio e a sentirci meno soli di fronte alle incognite che mai come oggi dobbiamo imparare a tollerare».
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