di Patrizia Vassallo
Uno studio dell’OMS sulla pandemia COVID-19 rivela che sono i rifugiati e i migranti coloro che hanno avuto l’impatto più negativo sulle loro condizioni di vita e di lavoro. Un dato che non sorprende quasi lapalissiano, ma che fa riflettere. Anche perché il loro numero fa riflettere su questioni che sembrano scontate.
Sono stati più di 30.000 rifugiati e migranti provenienti da diverse regioni del mondo che hanno partecipato al primo sondaggio in assoluto per valutare l’impatto della pandemia COVID-19 sulla loro salute mentale e fisica, nonché la loro capacità di lavorare e mantenersi. È stato chiesto loro di valutare l’impatto su una scala da 0 (assolutamente nulla) a 10 (estremo). E la valutazione di impatto media riportata è stata in media di 7,5.
“Rifugiati e migranti vivono e lavorano in condizioni spesso difficili con un accesso inadeguato a salute, alloggio, acqua, servizi igienici e altri servizi di base”, ha detto Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’OMS. “È fondamentale per tutti i paesi ridurre le barriere che impediscono a rifugiati e migranti di ottenere assistenza sanitaria e includerli nelle politiche sanitarie nazionali”.
Più della metà degli intervistati in diverse parti del mondo ha detto che il COVID-19 ha causato un maggiore livello di depressione, paura, ansia e solitudine. Uno su cinque ha anche parlato di deterioramento della salute mentale e aumento del consumo di droghe e alcol.
L’accesso limitato alle informazioni a causa delle barriere linguistiche e culturali, insieme all’emarginazione dei rifugiati e delle comunità di migranti, li colloca tra le popolazioni più difficili da raggiungere quando le informazioni vengono diffuse.
I migranti privi di documenti sono spesso esclusi dai programmi sanitari nazionali o dai programmi di protezione sociale che potrebbero facilitare l’accesso ai servizi sanitari e sociali. Molti non cercano assistenza sanitaria, incluso il COVID-19, a causa di vincoli finanziari o per paura di essere rimpatriati.
Il rapporto sottolinea la necessità e l’importanza di includere rifugiati e migranti nelle risposte politiche inclusive a COVID-19. “Bisogna passare dal dire al fare”, afferma Eddellio D’Angelo, Gran Maestro della Confraternita Templare, un’associazione di volontariato molto attiva su Milano e su tutto il territorio nazionale, il cui obiettivo è quello di proteggere le persone che sono vessate in vario modo aiutandole a portare avanti le lotte a difesa dei loro diritti, assistendoli nelle battaglie quotidiane contro le ingiustizie che purtroppo ogni giorno vengono perpetrate a danni di persone umili, dando loro il nostro sostegno morale e accompagnandoli nel loro percorso di vita, dando conforto con la preghiera e la presenza nei momenti più difficili della vita quando lo sconforto rischia di far perdere la fede in se stessi”. Un lavoro difficile, ma non impossibile. “Basta solo un po’ di buona volontà e generosità d’animo”, conclude D’Angelo.
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