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MILANO, NEGLI ULTIMI 6 ANNI AUMENTATI DEL 10,1% I PREZZI DELLE CASE


Secondo i dati di FIMAA Milano Lodi Monza Brianza, l’Associazione degli agenti immobiliari e merceologici, che ha messo a confronto le rilevazioni compiute negli ultimi 6 anni, nel residenziale, a Milano città, il numero delle transazioni nelle compravendite immobiliari è aumentato del 48,2% (da 3.809 a 5.647), con particolare rilevanza nel secondo semestre dell’anno (acquisto della casa dopo le vacanze). E sempre negli ultimi 6 anni, i prezzi medi degli immobili nuovi sono cresciuti del 7,3% , i più recenti del 5,8% e quelli vecchi del 7,8%.

Per gli uffici l’incremento a Milano delle transazioni è stato del 179,7% mentre la quotazione immobiliare media è aumentata del 4,8%. Per negozi/laboratori m+ 59,1% la crescita delle transazioni nel periodo 2015-2021 (con una caduta della domanda nei primi tre trimestri del 2020 per effetto dell’emergenza Covid). Incremento medio dei prezzi in 6 anni: + 10,1%.

“Abitare a Milano”, spiega Vincenzo Albanese, presidente di FIMAA Milano Lodi Monza Brianza, “manterrà sempre il suo appeal. Nonostante durante la pandemia siano stati proposti modelli alternativi, la città avrà un ruolo centrale nella nostra società, economia e cultura. Certo, gli stili di vita stanno mutando e assisteremo nei prossimi anni alla convivenza di modalità ibride di fruizione della città in base alle diverse fasce anagrafiche, ad esempio. “I quartieri si confermeranno come strategici per la qualità della vita degli abitanti”, pertanto la comunità di prossimità e i servizi a quindici minuti avranno un peso determinante nella scelta dell’abitazione. L’affermarsi di un nuovo modo di concepire l’immobiliare, ripensato con i criteri ESG, metterà al centro il benessere e la sostenibilità: i più grandi interventi di rigenerazione milanesi stanno già sperimentando nuove soluzioni che diventeranno benchmark immobiliari non solo per la città, ma per l’intero Paese. Milano, come già avvenuto nel passato, anticiperà i trend più innovativi a beneficio dell’intera collettività”.

Da dove arriva chi compra casa?

A Milano, Roma e Torino le percentuali più alte di acquirenti da altre province. Spesso chi arriva da fuori è un investitore

Per comprendere meglio quali siano stati gli spostamenti sul territorio da parte di chi compra casa, l’Ufficio Studi del Gruppo Tecnocasa ha analizzato le compravendite realizzate attraverso le agenzie affiliate Tecnocasa e Tecnorete nelle grandi città italiane nel 2020. Per ogni grande città si è calcolata la percentuale di acquirenti già residenti in città, in arrivo dall’hinterland e in arrivo da altre province italiane.

L’analisi mette in evidenza che Milano, Roma e Torino sono le città con le percentuali più alte di acquisti da parte di persone in arrivo da altre province (rispettivamente 12,4%, 10,1% e 9,8%). Rispetto al 2019 la percentuale di Milano è in aumento, infatti, gli acquirenti in arrivo da altre province si fermavano al 10,7%. A Roma e a Torino si evidenziano percentuali sostanzialmente invariate rispetto al 2019.

In generale a Milano si registra l’82,8% di compravendite da parte di residenti, il 4,8% in arrivo dall’hinterland e il 12,4% in arrivo dalle diverse province dello stivale. Queste ultime sono così suddivise: il 6,3% proviene dal Nord Italia, il 3,7% dal Sud e il 2,4% dal Centro. Le regioni più attive sono la Lombardia, la Liguria ed il Piemonte per quanto riguarda il Nord, la Campania, la Puglia e la Sicilia per il Sud ed il Lazio e la Toscana per il Centro. Anche nel 2019 erano gli acquirenti in arrivo da Nord Italia a primeggiare (5,2%), seguiti anche in questo caso da Sud Italia (3,8%), per finire con il Centro (1,6%).

Roma l’87,0% delle compravendite riguarda persone già residenti in città, il 2,9% riguarda acquirenti in arrivo dall’hinterland ed il 10,1% riguarda persone in arrivo dalle altre province italiane. Queste ultime arrivano nel 6,4% dei casi dal Sud Italia, nel 2,3% dal Centro e nell’1,4% dal Nord. Le regioni più attive sono la Calabria, la Campania e la Puglia per quanto riguarda il Sud, il Lazio, la Toscana e l’Abruzzo per il Centro e la Lombardia per il Nord. Rispetto al 2019 si registra un sorpasso degli acquirenti provenienti dal Sud rispetto a quelli in arrivo dal Centro: un anno fa, infatti, era il Centro a dominare per quanto riguarda gli acquisti da fuori provincia (5,0%), seguiti dalle regioni del Sud (4,0%) e da quelle del Nord (0,9%)

Per quanto riguarda Torino si registra un 76,9% di compravendite effettuate da persone già residenti in città, un 13,3% di transazioni concluse da acquirenti in arrivo dall’hinterland ed un 9,8% di compravendite effettuate da persone in arrivo dalle altre province d’Italia. Seguono le altre grandi città che hanno una più bassa percentuale di transazioni immobiliari concluse da persone in arrivo da altre province: Firenze 8,9%, Bologna 7,7%, Bari 7,3%, Napoli 6,4%, Genova 6,3%, Verona 5,5 e Palermo 4,3%.

Spesso chi arriva da fuori è un investitore, a Milano ad esempio il 28,0% degli acquirenti che arrivano da altre province compra per investimento, a Torino si raggiunge addirittura il 50,9%, mentre a Roma il tasso di investitori in arrivo da altre province è più basso e si ferma al 13,6%.

In alcune delle grandi città a comprare risulta siano quasi esclusivamente persone già residenti: a Genova ben il 91,5%, a Roma l’87,0% e a Bologna l’84,6%. Infine, Bari, Verona e Firenze sono le metropoli nelle quali il tasso di acquisto da parte di persone provenienti dall’hinterland è più elevato: Bari 19,5%, Verona 18,4% e Firenze 13,9%.

Il flusso degli acquirenti

Il 2020 è stato segnato dall’emergenza Covid, ma i risultati dell’indagine non evidenziano particolari variazioni rispetto al 2019: nel 2020 infatti, nelle grandi città analizzate, la media di acquirenti in arrivo da altre province si attesta all’8,2%, quota molto simile a quella del 2019 che si fermava all’8,0%. Anche per quanto riguarda gli acquirenti provenienti dall’hinterland non si notano scostamenti di rilievo: nel 2020 il tasso medio delle grandi città è al 10,2%, nel 2019 era al 10,0%.

Tassi di interesse, indici sempre ai minimi

Nell’attuale congiuntura socio-economica, tenuto conto dell’emergenza sanitaria che ha impattato in maniera importante sul PIL europeo, la Bce continua a manifestare la propria volontà di contenere i tassi di interesse agli attuali livelli attraverso il mantenimento delle misure emergenziali adottate (“PEPP”).

Di contro giungono dai paesi del Nord Europa e dagli Stati Uniti le prime avvisaglie di un deciso aumento dell’inflazione che, come noto, fa da contraltare a un successivo aumento dei tassi di interesse. Gli indici di riferimento dovrebbero far registrare lievi aumenti, restando comunque ancora a valori storicamente molto bassi e permettendo così di ottenere tassi convenienti sui finanziamenti.

Euribor (indicizzazione mutui a tasso variabile)

Dai massimi di Luglio 2011 (1,60%), il tasso Euribor (3 mesi) ha iniziato una parabola discendente che lo ha portato a quota 0,19% (Dicembre 2012), per attestarsi poco sopra lo 0,20% per tutto il 2013 e il 2014. Ha virato sottozero col mese di Maggio 2015 e dopo una progressiva discesa ha raggiunto il -0,55% nel mese di Agosto 2021, molto vicino al minimo storico.

Eurirs (indicizzazione mutui a tasso fisso)

Dopo aver mantenuto una media intorno al 3,4% nel 2011, l’Eurirs (25 anni) è sceso a Giugno 2012 a quota 2,13% per poi tornare a crescere fino a 2,75% a Settembre 2013. Da allora ha iniziato una fase discendente di lungo periodo che si è accentuata a Luglio 2019. Ha toccato il minimo storico a Ottobre 2020 segnando 0,02%. Dal mese di Gennaio 2021, che ha fatto registrare lo 0,08%. Con la rilevazione media del mese di Agosto quota a 0,26%.

ECCO UN ESEMPIO …

Stando alle dinamiche dei tassi di Agosto 2021, si è calcolato l’importo della rata mensile di un mutuo ipotecario del valore di 110.000 euro per una durata di 25 anni, ipotizzando che l’immobile valga 160.000 € e che lo spread medio di mercato si attesti all’ 1,1% sia per il tasso fisso che per il tasso variabile. Con un mutuo a tasso fisso sosterremmo una rata di 433 euro, circa 40 euro in più rispetto a quanto dovremmo sostenere se scegliessimo un mutuo a tasso variabile, in quanto la sua rata ammonta a 393 euro. Questo chiaramente se i tassi rimanessero sempre agli attuali livelli, cosa che è difficilmente verificabile in un orizzonte temporale così lungo.

Volendo optare per la situazione di maggior risparmio, ovvero quella del mutuo variabile, è fondamentale capire quanto il reddito del nucleo familiare sia in grado di sopportare eventuali aumenti di rata, sia in termini di capacità di rimborso sia in termini di sostenibilità del tenore di vita che si è abituati ad avere.

IN CONCLUSIONE…

I tassi dei mutui hanno fatto rilevare dei lievi aumenti nel corso degli ultimi mesi, un po’ per via della variabilità degli indici di riferimento a cui sono indicizzati, un po’ per l’adeguamento al rialzo degli spread da parte degli istituti di credito; questo ha impattato principalmente sul costo/rata dei prodotti a tasso fisso che nel corso del 2020 sono stati erogati a valori molto bassi. Ad oggi resta tuttavia ancora molto conveniente sottoscrivere un mutuo per acquistare l’abitazione in quanto i tassi sono attesi alle attuali quotazioni per tutto il 2021.



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