A partire dal 2020, le misure di sostegno statali fino ad oggi hanno supportato la maggior parte delle economie scongiurando una crisi che poteva essere senza ritorno a causa delle gravi insolvenze aziendali, causate dalla crisi dovuta alla diffusione del Covid-19.
La domanda è univoca: cosa accadrà quando gli aiuti e le misure anti crisi verranno meno?
Gli economisti di Euler Hermes, società del gruppo Allianz, hanno indagato su questi aspetti arrivando a fare un elenco di considerazioni.
Insolvenze globali in aumento ma ancora a un livello inferiore rispetto al 2019
Nel 2020 le insolvenze globali sono diminuite (-12%) e continueranno a scendere nel 2021 (-6%), poiché l’estensione di molte misure di sostegno statale, in un contesto di politica monetaria generalmente accomodante, permette di gestire la pressione sulla liquidità e la solvibilità delle imprese.
“Per quanto riguarda i livelli di insolvenza, i governi hanno aiutato le aziende ad affrontare la crisi: il massiccio intervento da parte degli Stati ha evitato che si arrivasse nel 2020 ad avere la metà delle insolvenze in Europa occidentale e un terzo negli Stati Uniti. L’estensione di tali misure limiterà ancora le insolvenze nel 2021 ma ciò che accadrà successivamente dipenderà da come i governi agiranno nei prossimi mesi”, ha detto Maxime Lemerle, Responsabile delle Analisi di Settore e Insolvenze di Euler Hermes”.
Secondo Euler Hermes, il disimpegno delle misure adottate nei confronti delle imprese porrà le basi per una graduale “normalizzazione” delle insolvenze aziendali. Il leader mondiale dell’assicurazione crediti prevede, quindi, per le insolvenze globali un rimbalzo del +15% annuo nel 2022, dopo due anni consecutivi di calo. Se il ritiro sarà calibrato e graduale, il ritorno ai livelli di insolvenza pre-crisi richiederà più tempo e nel 2022 le insolvenze globali saranno inferiori del -4% rispetto ai livelli del 2019.
La situazione italiana
L’Italia è uno dei due grandi Paesi europei (con la Spagna) che stanno purtroppo già registrando un notevole rimbalzo delle insolvenze aziendali. Nel 2020 le insolvenze in Italia sono scese fino al -32%, con 7.160 casi, ovvero, il numero annuale più basso dal 2008. I dati disponibili a oggi, per il 2021, fanno stimare un aumento del +50,2%, nei primi 8 mesi dell’anno, con ben 5.825 casi, rispetto ai 3.877, dei primi 8 mesi del 2020. Questo rimbalzo trova conferma in quasi tutti i settori, eccetto l’industria mineraria/estrattiva), con aumenti a due cifre nel commercio, il manifatturiero, l’edilizia e gli alberghi/ristoranti.
Al momento però il numero di insolvenze rimane al di sotto dei livelli del 2019 anche se lo studio prevede che le insolvenze delle imprese in Italia continuino a “normalizzarsi” gradualmente, in sincronia con la rimozione delle misure di sostegno. Infatti per il 2021 sono previsti 10.500 casi, 12.000 nel 2022.
Questi dati rappresenterebbero grandi aumenti in termini di percentuale per anno (rispettivamente +47% nel 2021 e +14% nel 2022) ma, in termini assoluti, saremmo ancora un livello più contenuto rispetto ai livelli pre-covid 19 (10.500 casi sia nel 2018 che nel 2019) e soprattutto al caso record del 2014 (14.735). La ripresa delle insolvenze potrebbe richiedere più tempo negli Stati Uniti e in Asia, rispetto ad alcuni Paesi europei e a diversi mercati emergenti
I mercati emergenti stanno già assistendo a una normalizzazione delle insolvenze tra le imprese, come conseguenza delle ulteriori restrizioni richieste dalle nuove ondate di infezioni e di un sostegno politico meno generoso. In Africa le insolvenze dovrebbero superare ampiamente i livelli pre-Covid-19 già nel 2021, seguite dall’Europa centrale/orientale e dall’America Latina nel 2022.
Nel 2022 le insolvenze aumenteranno nella maggior parte dei Paesi asiatici (+18% annuo nella regione), dopo il notevole calo registrato nel 2020-2021 grazie a una più rapida uscita dalla pandemia e alla corrispondente ripresa economica. In particolare, in India si verificherà una forte impennata (+69% annuo) a causa del periodo di sospensione dell’attività dei tribunali nel 2020-2021. Tuttavia, mentre nella maggior parte dei Paesi si tornerà alla quantità e all’andamento “naturale” delle insolvenze, legato alla demografia aziendale e alle prospettive economiche tipiche nazionali. Nel complesso la regione asiatica riporterà un calo di insolvenze nel 2021 rispetto al 2019, salvo che una prolungata recrudescenza del virus non continui a sconvolgere la vita di porti, impianti e catene di approvvigionamento.
In Europa occidentale si assisterà ad andamenti diversi: Spagna e Italia vedranno probabilmente un’ampia ripresa delle insolvenze entro il 2022 (rispettivamente 5.110 e 10.500 insolvenze) a causa del numero più alto di settori sensibili alle restrizioni dovute alla pandemia. Al contrario, Germania (16.300), Francia (37.000), Belgio (8.150) e Paesi Bassi (2.400) impiegheranno più tempo per tornare ai livelli pre-crisi, grazie ad ampi pacchetti di sostegni e/o all’estensione delle misure protettive.
L’eccezione principale è rappresentata dagli Stati Uniti, il cui numero di probabili insolvenze è limitato sia per il 2021 che per il 2022, grazie soprattutto alla combinazione fra aiuti massicci (in particolare il programma di finanziamenti PPP – Paycheck Protection Program) nel 2020 e il recovery plan nel 2021-22), con il più rapido rimbalzo economico registrato in oltre tre decenni.
Cinque indicatori determineranno l’evoluzione delle insolvenze nei prossimi mesi. Euler Hermes ha individuato cinque fattori che determineranno il futuro andamento delle insolvenze globali:
– Lo slancio globale della ripresa economica, che sarà decisivo per determinare la velocità del disimpegno statale e influenzerà a sua volta il ritmo di normalizzazione delle insolvenze aziendali. Nella maggior parte delle economie avanzate, la crescita del PIL dovrebbe superare il +1,7% necessario per stabilizzare le insolvenze nel 2021-2022. Vale la pena ricordare che Euler Hermes prevede per il PIL globale una crescita del +5,5% nel 2021 e del +4,2% nel 2022.
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