Si conclude oggi il summit di due giorni della Cop26 che ha visto i leader delle più importanti potenze mondiali discutere di clima e di quali cambiamenti occorre mettere in atto prima possibile con una dichiarazione e un impegno da 19,2 miliardi di dollari per porre fine alla deforestazione entro il 2030 firmato da Jair Bolsonaro, Xi Jinping e Vladimir Putin. “Questi grandi ecosistemi brulicanti, queste cattedrali della natura, sono i polmoni del nostro pianeta”, ha detto il premier britannico Boris Johnson.
Peccato che questo sembri il festival delle panzane perché proprio chi oggi, come Bolsonaro, si batte per difendere l’ecosistema, c’è chi ricorda che nel settembre 2020 quando l’Amazzonia continuava a bruciare, lui continuava a rispondere con smentite fuori da ogni logica. “Questa storia che l’Amazzonia sta bruciando è una menzogna”, al punto da fare interessare alla vicenda anche il parlamento europeo che aveva paventato di denunciare il Brasile alla Corte penale internazionale per crimini contro l’umanità. Per la Nasa invece i dubbi erano pari a zero. Gli incendi? Frutto della deforestazione. È accaduto nel 2019, è accaduto nel 2020. Dal gennaio a fine ottobre 2020 l’Istituto di ricerca spaziale brasiliano (Inpe) ha registrato 17.326 incendi. Nel 2019 nello stesso periodo erano stati 7.855.
In viaggio per Glasgow anche il premier giapponese Fumio Kishida che ha lasciato il Giappone alla volta di Glasgow, dove parteciperà alla conferenza annuale dell’Onu sul clima Cop26. Si tratta della prima trasferta del leader conservatore da quando è diventato premier, a inizio e ottobre, e all’indomani della conferma della maggioranza del suo partito alle elezioni per il rinnovo della Camera bassa. “Intendo rendere nota l’intenzione del nostro Paese per il contribuito agli obiettivi al raggiungimento della neutralità carbonica nell’intero continente in Asia”, ha detto Kishida ai media prima della partenza. La sua visita, tuttavia sarà brevissima, in quanto prevede di tornare a Tokyo il giorno dopo senza neanche spendere una notte nella città scozzese. Durante la frenetica giornata incontrerà a margine il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, il premier britannico Boris Johnson, e il primo ministro vietnamita Pham Minh Chinh. Lo scorso mese l’esecutivo nipponico ha formalizzato alla Convenzione dell’Onu sui cambiamenti climatici, l’obiettivo di ridurre le emissioni di carbonio del 46% entro il 2030, rispetto ai livelli del 2013.
Biden ha accusato la Cina di inquinamento fuori dai limiti. E la risposta del leader cinese Xi Jinping e in contemporanea del portavoce del ministero degli Esteri cinese Wang Wenbin non è tardata ad arrivare. “Gli Stati Uniti ci criticano? Ma se le loro emissioni sono 8 volte quella della Cina”. Il presidente del Consiglio, Mario Draghi dopo essere intervenuto alla cerimonia di apertura e alla tavola rotonda “Action and Solidarity- The Critical Decade” ha tenuto una conferenza stampa con il Ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani. “Il previsto aumento delle temperature globali”, ha detto in apertura il premier Draghi, “ è destinato a influenzare drammaticamente la vita sul nostro pianeta. Dai catastrofici incendi e inondazioni che abbiamo visto ora, allo sbiancamento delle barriere coralline, alla perdita di biodiversità, l’impatto del cambiamento climatico è già fin troppo evidente. Anche il suo prezzo sta aumentando rapidamente, specialmente per le nazioni più povere. Il costo dei disagi per le famiglie e le aziende nei paesi a basso e medio reddito ammonta a ben 390 miliardi di dollari l’anno. Il cambiamento climatico ha anche gravi ripercussioni sulla pace e la sicurezza globali. Può esaurire le risorse naturali e aggravare le tensioni sociali; portare a nuovi flussi migratori e contribuire al terrorismo e alla criminalità organizzata. Il cambiamento climatico può dividerci. Il G20”, ha proseguito Draghi, “rappresenta circa il 75% delle emissioni globali di gas serra e circa l’80% del PIL mondiale. Al vertice dello scorso fine settimana a Roma, i suoi Stati membri hanno concordato che dobbiamo limitare l’aumento della temperatura globale a 1,5 gradi, questa è stata la prima volta, e si sono impegnati a raggiungere emissioni nette pari a zero entro la metà del secolo.
Abbiamo deciso di intensificare le nostre azioni a partire da questo decennio, aumentare i nostri contributi determinati a livello nazionale e interrompere il finanziamento pubblico internazionale del nuovo carbone senza sosta entro la fine di quest’anno. Qui alla COP26 ora dobbiamo andare oltre rispetto a quanto abbiamo fatto al G20. Dobbiamo accelerare il nostro impegno per mantenere l’aumento della temperatura al di sotto di 1,5 gradi. Dobbiamo basarci sull’accordo del G20 e agire in modo più rapido e deciso”. Poi Draghi cita alcuni dei rappresentanti dei Paesi presenti alla Cop26. “Abbiamo la tabella di marcia proposta dal principe Carlo. Il primo ministro Johnson ha evidenziato la quantità di denaro privato disponibile; sono decine di trilioni. Ma ora dobbiamo usare quelle risorse. Ora dobbiamo trovare un modo intelligente per spenderli e spenderli velocemente. Abbiamo bisogno, prima di tutto, che tutte le banche multilaterali di sviluppo, e in particolare la Banca mondiale, condividano con il settore privato i rischi che il settore privato da solo non può sopportare. Abbiamo bisogno di piattaforme nazionali in cui la Banca mondiale e altre banche multilaterali di sviluppo possano effettivamente condividere e rendere utilizzabile tutto questo denaro per una buona causa. Questa è, in un certo senso, la prima grande notizia che il Primo Ministro Johnson ci ha dato oggi; quel denaro non è un problema se vogliamo usarlo bene. Questa COP26 deve essere l’inizio di un nuovo slancio, un salto di qualità nella nostra lotta contro il cambiamento climatico”, ha concluso il premier.
La sfida lanciata da Elon Musk
Elon Musk, una delle persone più ricche del mondo, ha lanciato una sfida. Ha detto che venderà 6 miliardi di dollari di azioni Tesla e donerà il ricavato all’agenzia alimentare delle Nazioni Unite se questo potrà risolvere la fame nel mondo.
La sua dichiarazione è arrivata dopo che il direttore esecutivo del Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite David Beasley ha sfidato Musk, il fondatore di Amazon Jeff Bezos e altri miliardari in un’intervista alla CNN la scorsa settimana, invitandoli a farsi avanti “una tantum” per aiutare a porre fine alla fame.
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