Patrick Zaki è finalmente libero. “Non è stato assolto”, ma è riuscito a uscire dal carcere anche se dovrà apparire davanti alla corte di nuovo il 1 febbraio. Lobna Darwish di Eipr, la Ong con cui collaborava Zaki e che si è occupata della sua difesa legale oltre che Hoda Nasrallah, la sua legale, stamattina avevano confermato che Zaki a breve sarebbe stato trasferito al Cairo visto che l’ordine di scarcerazione, era già stato firmato. E così è stato.
Grande la gioia del padre di Zaki, Georges, che ha abbracciato anche i due diplomatici italiani presenti a Mansoura e si è congratulato con i legali del team di Eipr, oltre che della madre Hala e della sorella Marise.
Ma chi è Patrick Zaki?
Patrick George Zaki è uno studente ed attivista egiziano che frequentava l’Università di Bologna. Patrick in occasione delle elezioni presidenziali egiziane del 2018, fu uno degli organizzatori della campagna elettorale di Khaled Ali avvocato e attivista politico impegnato nella difesa dei diritti umani che successivamente ritirò la candidatura denunciando il clima di intimidazione e i numerosi arresti dei suoi collaboratori. Zaki ha fatto parte dell’associazione per la difesa dei diritti umani Egyptian Initiative for Personal Rights, con sede al Cairo. Nell’autunno del 2019 stava frequentando un master universitario in studi di genere all’Università di Bologna in Italia. Il 7 febbraio 2020, appena arrivato in Egitto per fare visita ai parenti, dopo l’atterraggio all’aeroporto del Cairo è stato catturato dagli agenti dei servizi segreti. La notizia del suo arresto fu divulgata successivamente dall’Egyptian Initiative for Personal Rights (associazione umanitaria dove lavorava in qualità di ricercatore), precisamente il 9 febbraio.
Quattro i capi d’accusa formulati nel mandato d’arresto: minaccia alla sicurezza nazionale, incitamento alle proteste illegali, sovversione, diffusione di false notizie, propaganda per il terrorismo. Tutta colpa di alcuni post che Zaki aveva pubblicato su Facebook che anche a detta anche dei mezzi di informazione egiziani, incitavano l’odio verso lo stato egiziano. Zaki è stato bendato e torturato per 17 ore consecutive con colpi allo stomaco, alla schiena e con scariche elettriche inflitte dalle forze di sicurezza egiziane, oltre a essere stato interrogato a riguardo della sua permanenza in Italia, del suo presunto legame con la famiglia di Giulio Regeni e del suo impegno politico, venendo inoltre minacciato di stupro.
Il Procuratore Generale dell’Egitto, Hamada el-Sawy, ha sempre negato le torture. Dopo una breve detenzione presso Talkha, il 25 febbraio Zaki è stato trasferito nel carcere di Mansura e nell’immediato è stata fissata la sua udienza in tribunale per il 7 marzo.
Dopo una visita dei genitori concessa in via straordinaria, il 5 marzo è stato trasferito nel Carcere di Tora, al Cairo. Due giorni dopo, il tribunale competente ha rinnovato la sua detenzione preventiva fino alla successiva udienza, poi posticipata al 21 marzo e nuovamente posticipata a causa della pandemia di COVID-19 in corso. La detenzione preventiva è stata più volte prolungata per periodi successivi prima di 15 giorni, e poi di 45 giorni. Tante le reazioni nella comunità internazionale
Solidarietà per Patrick
La Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI) e analoghe reti universitarie in altri paesi europei poche ore dopo l’arresto di Zaki avevano espresso solidarietà allo studente egiziano lanciando appelli per la liberazione.
Il 1º ottobre 2020 ventisei europarlamentari italiani avevano scritto una lettera al capo dell’ambasciata italiana al Cairo Giampaolo Cantini, defininendo Patrick Zaki «innocente» e «prigioniero di coscienza», chiedendo all’ambasciata italiana di chiedere con fermezza al governo egiziano la liberazione di tutti coloro che in Egitto subiscono il carcere con l’accusa «strumentale» di terrorismo, ma che di fatto vengono puniti a causa delle loro opinioni e del loro lavoro in favore dei diritti umani.
Il 18 dicembre il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione deplorando con la massima fermezza la continua e crescente repressione, per mano delle autorità statali e delle forze di sicurezza egiziane, ai danni dei diritti fondamentali e di difensori dei diritti umani , definendo il suo arresto e la sua detenzione come una «minaccia» per i valori fondamentali dell’Unione europea.
Accuse infondate
Quale la colpa di Zaki? Avere diffuso false informazioni attraverso articoli giornalistici, per la precisione 3, tre articoli giornalistici, sulla persecuzione dei cristiani copti in Egitto. La legale di Patrick, Hoda Nasrallah, ha chiesto l’acquisizione di altri atti per dimostrare sia una presunta illegalità durante l’arresto del 7 febbraio 2020 e sia la correttezza dell’articolo sui copti alla base del processo.
«Primo obiettivo raggiunto: Patrick Zaki non è più in carcere», ha scritto su Facebook il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio. «Adesso continuiamo a lavorare silenziosamente, con costanza e impegno. Un doveroso ringraziamento al nostro corpo diplomatico». E il presidente del Consiglio Mario Draghi, in una nota ufficiale, ha espresso «soddisfazione» per la scarcerazione del giovane, dicendo che la vicenda «è stata e sarà seguita con la massima attenzione da parte del governo italiano».
Anche il presidente del Parlamento Europeo David Sassoli ha espresso la sua soddisfazione per la liberazione di Zaki.
Altri riconoscimenti
Il 20 novembre a Zaki è stato riconosciuto il premio Cutuli. “Mi piacerebbe scrivere presto per il Corriere della Sera“, aveva fatto sapere il ricercatore attraverso la sorella Marise in occasione della premiazione. E il Corriere, ha fatto sapere che si augura presto di poter pubblicare il suo articolo.
‘Più libri più liberi’ ha festeggiato il 7 dicembre la scarcerazione di Patrick con un’iniziativa speciale, in collaborazione con Bao Publishing, Tunuè e Coconino Press: alcuni tra i più importanti fumettisti e illustratori presenti in Fiera, Zerocalcare, LRNZ, ZUZU, Rita Petruccioli, Antonio Pronostico e Sergio Algozzino hanno realizzato un ritratto dell’attivista egiziano imprigionato.
Un gesto di solidarietà ispirato dall’incontro di domenica 5 dicembre con Hazem Abbas, miglior amico di Zaki, e con la sorella Marise Zaki, in collegamento dal Cairo.
“Patrick Zaki è libero, non può esserci notizia più bella per una Fiera che ha voluto dedicare il proprio ventennale al tema della libertà” dicono gli organizzatori.
“Bene, bene, grazie”: alzando il pollice, così Patrick Zaki ha risposto a un diplomatico italiano che gli chiedeva come stesse. Lo studente ha poi risposto dalla gabbia degli imputati poco prima dell’inizio dell’udienza nel vecchio Palazzo di Giustizia di Mansura. Il diplomatico ha potuto parlagli brevemente per rappresentargli la vicinanza delle istituzioni italiane e Patrick ha ringraziato per quello che l’Italia e l’Ambasciata stanno facendo per lui.
Come preannunciato da una sua legale, l’udienza servirà al suo pool di avvocati per presentare una memoria difensiva preparata sulla base dell’accesso agli atti ottenuto con la precedente seduta, quella del 28 settembre. Il giudice monocratico di una Corte della Sicurezza dello Stato per i reati minori della città natale di Patrick, oltre ad eventualmente replicare alla memoria nel corso della seduta, deciderà se aggiornare ancora l’udienza ovvero pronunciare una sentenza di condanna o assoluzione inappellabile. Il 30enne è stato da poco trasferito dal carcere cairota di Tora, dove ha trascorso quasi tutta la sua custodia cautelare, ad una prigione di Mansura. Zaki rischia fino a cinque anni di carcere.
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