Silvio Berlusconi al centro delle cronache fa svegliare la politica italiana dormiente perché fino a pochi giorni fa nessuno avrebbe scommesso sul fatto che la sua candidatura a presidente della Repubblica potesse fare passi da gigante. Con una sentenza definitiva di condanna passata in giudicato il 1º agosto 2013 nel processo Mediaset, annus horribilis per il Cavaliere, perché fino ad allora nessuno dei procedimenti penali a suo carico si era concluso con una sentenza definitiva di condanna, per via di assoluzioni, declaratorie di prescrizione e depenalizzazioni dei reati contestati, come avrebbe potuto ricevere anche il risicato plauso di qualcuno?
Invece Berlusconi in barba ai nefasti auspici di quel sinistrismo di maniera di certi ambienti culturali d’élite, che si atteggiano a sostenitori e promotori di riforme o cambiamenti politici e sociali, ultimamente più banali che sostanziali, e a una destra rimasta a guardare dalla finestra senza sbilanciarsi sul candidato fino a poche ore fa, ora è in pole position per una ragione molto semplice: manca un un altro candidato politico.
“Il candidato deve essere unitario e non divisivo. Non deve essere un capo politico, ma una figura istituzionale”, ha detto Enrico Letta commentando l’indicazione di Silvio Berlusconi candidato al Quirinale per il centrodestra.
“Il clima di serenità e di valutazione degli interessi generali del bene comune, prima di tutto, deve essere la guida per tutti quelli che hanno la responsabilità, il compito di eleggere il capo dello Stato. Spero che si possa svolgere in questo clima di serena partecipazione, di armonia, di impegno comune per il bene comune”, ha aggiunto Letta lasciando la basilica di Santa Maria degli Angeli dopo il funerale di David Sassoli.
Il centrodestra chiuso il conclave ha indicato la candidatura di Silvio Berlusconi per il Quirinale invitandolo a “sciogliere la riserva”, una decisione che ha irritato i Dem ed M5s. “Il centrodestra, che rappresenta la maggioranza relativa nell’assemblea chiamata a eleggere il nuovo capo dello Stato, ha il diritto e il dovere di proporre la candidatura al massimo vertice delle istituzioni. I leader della coalizione hanno convenuto che Silvio Berlusconi sia la figura adatta a ricoprire in questo frangente difficile l’alta carica con l’autorevolezza e l’esperienza che il Paese merita e che gli italiani si attendono. Gli chiedono pertanto di sciogliere in senso favorevole la riserva fin qui mantenuta”. Questo è quanto si legge in una nota congiunta delle forze di centrodestra al termine del vertice che si è tenuto a Villa Grande a Roma. Assieme all’ex premier i leader di Lega e Fratelli d’Italia, Matteo Salvini e Giorgia Meloni e il presidente di Coraggio italia, Luigi Brugnaro. Presente anche Gianni Letta. “Le forze politiche del centrodestra lavoreranno per trovare le più ampie convergenze in Parlamento e chiedono altresì ai presidenti di Camera e Senato di assumere tutte le iniziative atte a garantire per tutti i 1009 grandi elettori l’esercizio del diritto costituzionale al voto”.
Le prime reazioni “a caldo” del Nazareno al comunicato congiunto del centrodestra sono: delusione per il merito e preoccupazione per le implicazioni che questa scelta può avere. “Silvio Berlusconi alla Presidenza della Repubblica è per noi un’opzione irricevibile e improponibile“.
Secondo fonti del centrodestra ora Silvio Berlusconi farà una verifica sui numeri in vista di un’eventuale sua corsa alla presidenza della Repubblica. Un nuovo vertice si dovrebbe tenere a metà della prossima settimana. Salvini ha chiesto esplicitamente all’ex premier di sciogliere la riserva e di dare rassicurazioni su numeri e soprattutto nomi dei grandi elettori che dovrebbero sostenerlo, specialmente al di fuori del centrodestra. E’ quanto trapela da fonti leghiste al termine del vertice di centrodestra.
Quello che invece è certo è che la settimana prossima sarà densa di trattative: Salvini infine ha confidato di essere in contatto da tempo con tutti i leader con l’ambizione di svelenire il clima. Per la Lega, Draghi deve continuare a fare il premier.
“Primo scenario” per il Colle, una “personalità del centrodestra che se sarà costruita dovrà esserlo nella settimana prossima. Ciò che è accaduto oggi nella riunione del centrodestra con una indicazione di Berlusconi è a metà, perché hanno detto che deve verificare se ha i numeri. “Oggi Berlusconi ha fatto un passo indietro, non un passi in avanti”, ha detto Matteo Renzi all’assemblea dei grandi elettori di Italia Viva, in vista dell’elezione per il Quirinale. “La strategia elettorale sul Presidente della Repubblica caratterizza chi è capace di fare politica da chi non lo è: Bersani non lo è stato nel 2013 e invece noi lo siamo stati nel 2015. Questo messaggio ha due nomi e cognomi come destinatari: Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Loro rischiano l’effetto Bersani, la sindrome di Bersani, perché i numeri ce li hanno loro, se sono capaci portano a casa il risultato se non lo sono vengono colpiti dalla sindrome Bersani”. Queste le parole di Renzi che poi ha sottolineato: ‘Un candidato di centrodestra può ottenere un consenso di parte del M5s e del Pd, che non lo ha escluso. E se risponde all’interesse degli italiani anche da parte nostra. Se c’è da votare un candidato che fa gli interessi dell’Italia e degli Italiani, credibile, siamo pronti a farlo. Bisogna vedere chi è e qual è il suo profilo. Il centrodestra deve portare un nome diverso da quello di Silvio Berlusconi. Saranno in grado di farlo?”. “Io penso che Draghi sarebbe un ottimo presidente della Repubblica e del consiglio. Se Draghi va al Colle, si apre l’ipotesi: ‘Cosa farà Salvini?’. Se se ne va dal governo c’è lo schema Ursula, con Salvini e Meloni all’opposizione. Io se fossi Salvini l’errore di uscire dal governo non lo rifarei. Sennò ci sarà il governo dei leader, sono due schemi che funzionano”.
“Dopo 30 anni il centrodestra ha una occasione storica di fare una scelta di assoluto livello che non sia necessariamente di sinistra. Per 30 anni è stata la sinistra a dare le carte, diciamo che dopo 30 anni anche al Quirinale il centrodestra penso che abbia tutti i titoli, oltre che i numeri per fare la sua partita. Nessuno può dire ‘Berlusconi no, tu no’ perché è stato Presidente del Consiglio per tre volte. Io sono al lavoro perché voglio dare agli italiani una immagine di efficienza”, queste le parole di Matteo Salvini al Villaggio Olimpico a Roma.
A margine dell’incontro del centro-destra sulla imminente elezione del Capo dello Stato, Silvio Berlusconi, Matteo Salvini, Giorgia Meloni, Lorenzo Cesa, Maurizio Lupi, confermano a nome dei loro partiti di essere impegnati, in vista delle future elezioni politiche, a non modificare l’attuale legge elettorale in senso proporzionale. Lo rende noto un comunicato sottoscritto da tutti tranne dal leader di Coraggio Italia, Luigi Brugnaro.
Contro la candidatura di Berlusconi è il noto giornalista direttore de Il Fatto quotidiano, Marco Travaglio: “Ma che ci vuole a dire che un vecchio putt***ere pregiudicato e finanziatore della mafia non può fare il capo dello Stato neppure in Italia?”.
“I veti precludono sempre la possibilità di scelte condivise. Ricordo che anche alle scorse elezioni presidenziali, il Pd guidato da Renzi presentò Mattarella senza alcuna condivisione precedente, rendendosi poi disponibile ad accogliere i voti degli altri” ha dichiarato in un’intervista a iNews24 il senatore di Fdi, Lucio Malan, che ha poi proseguito: “Non possono dare lezioni di condivisione, anzi, direi che come maestri sono alquanto scarsini”. Sulla possibile contrapposizione tra centrodestra e centrosinistra in merito alla candidatura di Silvio Berlusconi, Malan ha aggiunto: “Seguendo questo ragionamento anche il quarto scrutinio di sette anni fa fu un muro contro muro. Quando qualcuno sostiene un candidato e qualcun altro no, in democrazia funziona che a decidere alla fine è il voto”. Sulle alternative al nome di Silvio Berlusconi, Malan ha spiegato: “I giorni scorsi è stato designato ‘il piano’, che è quello di votare Berlusconi. Se ci fosse un piano b significherebbe aver preso una mezza decisione, mentre invece la nostra è una scelta seria e convinta alla quale sicuramente Fdi terrà fede, cosi come le altre forze di centrodestra. Sappiamo che quei voti non sono sufficienti, ma crediamo che ci siano i presupposti per raccogliere voti anche oltre il nostro schieramento”. Sul secondo comunicato diramato l’altro ieri dopo il vertice del centrodestra, relativo alla legge elettorale, Malan ha aggiunto: ”Le ipotesi di riforma della legge elettorale al momento sembrano orientate verso il proporzionale, e una riforma del genere tenderebbe a sciogliere quelle che sono le attuali coalizioni. La nostra è un’alleanza che va avanti da quasi trent’anni e che, oltre ad essere il capolavoro politico di Berlusconi, è anche patrimonio dell’ intero centrodestra italiano. Qui le espressioni centriste e le sensibilità di destra hanno la loro casa comune, come per i repubblicani negli Stati uniti e per i conservatori britannici, non un centrodestra diviso e ghettizzato come piacerebbe a qualcuno, ma una coalizione in grado di vincere e governare”
Sull’ipotesi di scegliere una donna come presidente della Repubblica c’è chi ha citato come possibile candidata Marta Maria Carla Cartabia, costituzionalista, giurista, accademica e politica italiana, dal 13 febbraio 2021 ministra della giustizia nel governo Draghi. Tra le favorite pure Maria Elisabetta Alberti, coniugata Casellati, politica e avvocata italiana, dal 24 marzo 2018 presidente del Senato della Repubblica nella XVIII legislatura, prima donna a ricoprire la seconda carica più importante dello Stato. La Casellati ha aderito a Forza Italia sin dalla fondazione ed è stata eletta al Senato della Repubblica nella XII legislatura e nuovamente dalla XIV legislatura alla XVIII. Ha inoltre ricoperto per due volte la carica di sottosegretario di Stato, ed è stata membro del Consiglio Superiore della Magistratura.
“Per affrontare le sfide che il futuro ci presenta c’è bisogno di valori femminili, questo Paese ha bisogno di donne, la politica ne prenda consapevolezza, le forze economiche e sociali facciano sentire la propria voce: il tempo di una donna presidente della Repubblica italiana è maturo”. Queste le parole di Antonella Giachetti, presidente di Aidda, l’Associazione Imprenditrici e Donne Dirigenti d’Azienda, che lo scorso 4 dicembre a Napoli ha lanciato una campagna sul tema, un’iniziativa di sensibilizzazione nazionale sul persistere di scarsa presenza femminile nelle istituzioni e nella politica e sulla necessità di un segnale forte per la presenza femminile nelle istituzioni, in grado di segnare una svolta a tutti i livelli. I tempi in Italia sono maturi per una svolta femminile che porti finalmente “Una donna al Quirinale”. L’iniziativa, voluta dalla presidente della Delegazione Aidda Campania, Concita De Vitto, è stata organizzata dalla vice presidente nazionale di Aidda Marta Catuogno, dalla socia di Aidda Campania Bianca D’Angelo e dalla consigliera nazionale Carla Librera con il contributo di tante socie di Aidda Campania.
PER FIRMARE LA PETIZIONE:
“Serve coraggio, in un piano di trasformazione del sistema c’è bisogno delle donne e del valore della cura di cui le donne sono naturalmente portatrici eppure l’ultimo passo, il passo nei luoghi delle grandi scelte, si rivela sempre complicato: adesso è il momento di compierlo, di spingersi in avanti. E stavolta una grande mobilitazione dell’associazionismo e delle forze sociali ed economiche può contribuire” ha sottolineato Giachetti.
I tempi in Italia sono maturi per una svolta femminile che porti finalmente “Una donna al Quirinale”
“Abbiamo lanciato questa campagna”, ha spiegato la presidente di Aidda, “perché siamo convinte che questo Paese abbia bisogno della sensibilità e delle peculiarità delle donne. Per affrontare le sfide che il futuro ci presenta c’è bisogno di valori femminili, è quindi l’ora che la politica, le categorie, le associazioni, gli enti sociali ed economici ne prendano consapevolezza e si organizzino di conseguenza valorizzando le loro risorse al femminile. Sappiamo bene che il mondo non tornerà mai come prima del Covid, la pandemia è per tutti noi uno spartiacque storico, un nuovo punto di partenza. E’ il momento di tirare fuori il coraggio di cui questo Paese è capace, rompere i vecchi e polverosi schemi, affrontare con speranza e determinazione e non con timore il futuro che ci aspetta”.
Scopri di più da WHAT U
Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.