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PERCHÉ ASSANGE FA PAURA ALL’AMERICA GARANTE DELLE LIBERTÀ INDIVIDUALI?


L’Alta Corte di Londra ha accordato oggi a Julian Assange, attualmente detenuto nella prigione di massima sicurezza di Belmarsh, nel Regno Unito, la possibilità di un ulteriore ricorso dinanzi alla Corte Suprema del Regno, accogliendo di fatto uno dei tre punti sollevati nel ricorso della difesa di Julian Assange, contro il via libera alla sua estradizione negli Usa stabilito in appello a dicembre con un ribaltamento della sentenza di primo grado. La decisione rinvia di almeno alcuni mesi l’eventuale consegna del fondatore di WikiLeaks oltreoceano, dove è inseguito da anni per la pubblicazione di documenti segreti americani contenenti anche prove di crimini di guerra in Afghanistan e Iraq e dove rischia una condanna fino a ben 175 anni di carcere in base – fra l’altro – a una contestata accusa di spionaggio.

Nella sua decisione, l’Alta corte ha invece respinto altri due punti dell’appello, in cui la difesa di Assange chiedeva di qualificare anch’esse come questioni di “importanza pubblica generale” anche la tortura e i maltrattamenti cui Assange andrebbe incontro in caso di estradizione.

Ora Assange ha 14 giorni per chiedere che la Corte suprema esamini il suo caso e l’esame riguarderà solo il punto su cui l’Alta Corte ha dato ragione ad Assange, ossia in quale fase di un procedimento di estradizione lo stato richiedente debba offrire assicurazioni sul trattamento dell’estradando e quando queste debbano essere prese in considerazione.

Assange, se estradato negli Usa, potrebbe affrontare 18 capi d’accusa: 17 ai sensi della Legge sullo spionaggio e uno ai sensi della Legge sulle frodi e gli abusi informatici e rischierebbe di andare incontro a gravi violazioni dei diritti umani tra cui condizioni detentive, come l’isolamento prolungato, che potrebbero equivalere a maltrattamento o tortura.

https://www.amnesty.it/appelli/annullare-le-accuse-contro-julian-assange/

Amnesty International ha lanciato una petizione per opporsi fermamente all’eventualità che Julian Assange sia estradato o trasferito in ogni altro modo negli Usa, chiedendo di annullare le accuse contro di lui.

La campagna ostile promossa da funzionari Usa fino ai più alti livelli non solo ha compromesso il suo diritto alla presunzione di innocenza, ma continua a esporlo al rischio di un processo iniquo. Non si capisce per quale motivo gli Stati Uniti che sono l’emblema delle libertà individuali e non a caso tra i Paesi che maggiormente mettono in discussione l’obbligatorietà del vaccino erga omnes, possano mettere in discussione la libertà di espressione di un giornalista che anche laddove avesse compiuto dei reati informatici al fine di mettere il luce alcuni fatti, alla fin fine dovrebbe essere processato solo per questi reati.

Invece l’accanimento oltreoceano perpetrato nei suoi confronti, fa nascere solo il sospetto che Assange abbia sollevato una coperta che molti non avrebbero voluto che lui sollevasse.

Gli incessanti tentativi del governo Usa di processare Julian Assange per aver reso pubblici documenti riguardanti anche possibili crimini di guerra commessi dalle forze armate statunitensi non sono altro che un assalto su larga scala al diritto alla libertà d’espressione. La pubblicazione di documenti da parte di Julian Assange nell’ambito del suo lavoro con Wikileaks non dovrebbe essere punita perché tale attività riguarda condotte che il giornalismo investigativo svolge regolarmente nell’ambito professionale. E processare Julian Assange potrebbe avere un effetto dissuasivo sul diritto alla libertà di espressione, spingendo i giornalisti all’autocensura per evitare procedimenti giudiziari.

Usa, quello strano concetto di libertà individuale

Gli Stati Uniti hanno istituito una sorveglianza speciale su ogni cino-americano che lavora in enti speciali o di ricerca, per paura dello spionaggio di Pechino.

La China Initiative è stata lanciata nel 2018 sotto l’allora procuratore generale Jeff Sessions per combattere lo spionaggio industriale, il trasferimento di tecnologia e l’hacking dalla Cina, ma ha vacillato, suscitando critiche da parte dei sostenitori dei diritti civili e degli attivisti asiatici americani. Nonostante il continuo clamore del Dipartimento di Giustizia, le accuse in diversi casi recenti sono state ritirate. All’inizio di questo mese, un giudice federale ha assolto l’ex scienziato dell’Università del Tennessee-Knoxville Anming Hu a seguito di un errore giudiziario. 

“L’Md Anderson Cancer Center di Houston, Texas, è stato oggetto di un’ampia indagine  dell’Fbi di 17 mesi nel 2018. L’inchiesta”, scrive Il Sussidiario, “ha coinvolto agenti dell’Fbi che lavorano in tandem con gli amministratori del Nih e dell’Md Anderson Cancer Center, il cui campus confina con quello di Baylor. Per mesi, gli agenti hanno indagato scienziati di etnia cinese, ottenendo l’accesso agli account di rete di 23 dipendenti di Md Anderson e, in un caso, installando una telecamera di sorveglianza vicino all’ufficio di un ricercatore. Nel 2019, Md Anderson ha rivelato di aver estromesso tre scienziati a seguito dell’indagine, ma nessuno è stato accusato di un crimine rilevante”.

“Il Dipartimento di Giustizia afferma che oltre l’80% delle sue azioni penali per spionaggio economico sono legate alla Cina e il direttore dell’Fbi Christopher Wray ha ripetutamente affermato che l’ufficio sta aprendo un nuovo caso che coinvolge la Cina ogni 10 ore. Ma i sostenitori dei diritti civili e gli studiosi legali affermano che il Dipartimento di Giustizia ha incriminato ben poche spie cinesi.

Sia con le indagini della China Initiative che con i casi precedenti, i funzionari del Dipartimento di Giustizia hanno sostenuto che la ricerca scientifica e le conoscenze aziendali statunitensi sono questioni di importanza per la sicurezza nazionale, indipendentemente dall’argomento. E allora perché lo stesso principio non dovrebbe valere anche per le ricerche di Assange, perché deve prevalere la logica che premia la pratica “due pesi due misure”?



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