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ASSANGE VINCE IL PRIMO ROUND, POTRÀ ANDARE IN APPELLO PER DIRE NO ALL’ESTRADIZIONE


Ieri per Julian Assange è stato un giorno importante perché l’Alta Corte di Londra ha concesso ad Assange il permesso di chiedere l’appello per ribaltare la sentenza del Regno Unito che di fatto aveva aperto le porte per la sua estradizione negli Stati Uniti.

La Corte Suprema di prassi impiega circa 8 settimane dopo la presentazione di una domanda per decidere se accettare o meno un ricorso, questa volta invece i tempi sono stati rapidissimi. Circa un anno fa un giudice del tribunale distrettuale di Londra aveva respinto la richiesta di estradizione degli Stati Uniti asserendo che Assange avrebbe rischiato di suicidarsi se detenuto in dure condizioni. Poi sono bastate le rassicurazioni delle autorità statunitensi riguardo al fatto che nel caso in cui avessero ottenuto l’estradizione del giornalista l’impegno sarebbe stato quello di assicurargli un trattamento umano per convincere la corte di grado inferiore appena un mese fa a  ribaltare la sentenza con il risultato che Assange si è poi trovato sulla via senza ritorno verso gli Stati Uniti. Una sentenza che lui e i suoi legali hanno ritenuto assurda e per fortuna a fare le pulci a quel giudizio ci ha pensato pure l’Alta Corte che ha asserito che il giudice avrebbe dovuto chiedere agli Stati Uniti assicurazioni su quanto proposto.

Gli avvocati di Assange hanno sostenuto che di fatto la promessa del Governo degli Stati Uniti che Assange non sarebbe stato sottoposto a condizioni estreme era priva di significato perché al condizionale e poi perché avrebbe potuto essere modificata a discrezione delle autorità americane. Assange, che è detenuto nella prigione di massima sicurezza di Belmarsh dal 2019, è stato arrestato per non avere pagato la cauzione di un’altra causa per mancanza di fondi. Prima di allora il giornalista ha trascorso 7 anni rinchiuso all’interno dell’Ambasciata dell’Ecuador a Londra per evitare l’estradizione in Svezia per affrontare presunte accuse di stupro e crimini sessuali. Gli avvocati di Assange sostengono che il loro cliente non avrebbe dovuto essere accusato per la diffusione di materiale che ha messo in luce notizie importanti che hanno fatto chiarezza in parte su quanto accaduto in Iraq e in Afghanistan, perché agiva come giornalista ed era protetto dal Primo Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti che garantisce la libertà di stampa . “Assurdo affrontare procedimenti penali e decenni di carcere per avere pubblicato informazioni veritiere di grande importanza pubblica” ha affermato l’avvocato di Assange.



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