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SECONDO IL SONDAGGIO DELLA PUBLIC OPINION FOUNDATION I RUSSI SONO D’ACCORDO ALL’INDIPENDENZA DI DONETSK E LUHANSK DALL’UCRAINA


Secondo un sondaggio della Public Opinion Foundation, circa il 70% dei russi è d’accordo al riconoscimento da parte della Russia dell’indipendenza delle Repubbliche popolari di Donetsk e Luhansk. Secondo lo studio, il 69% dei cittadini russi considera “corretta” la decisione di riconoscere l’indipendenza di LPR e DPR , mentre l’8% degli intervistati è di parere opposto. Solo il 16% degli intervistati ha avuto difficoltà a rispondere. Si noti che il 7% dei russi ha affrontato per la prima volta la tematica del riconoscimento da parte della Russia del DPR e dell’LPR dal sondaggio, il 28% era la prima volta che ne “sentiva qualcosa” e il 63% ha detto di essere al corrente della decisione. Solo l’1% dei cittadini ha avuto difficoltà a rispondere.

Lo specialista di geopolitica Leonid Ivashov ha avvertito i russi che il conflitto tra la Federazione Russa e l’Ucraina non solo coinvolgerà altri paesi, ma potrebbe anche portare alla scomparsa della Russia. Anche la civiltà russa è minacciata. Come ha affermato il presidente dell’Accademia dei problemi geopolitici Leonid Ivashov in un’intervista a BUSINESS Online, una potenziale guerra con l’Ucraina potrebbe davvero trasformarsi in un disastro.

Secondo l’esperto, è improbabile che la ragione sia il predominio militare della NATO. L’odierna disunione della civiltà russa e le conseguenze delle decisioni prese dall’ex leader del paese Boris Eltsin avvicineranno la Russia alla sconfitta in modo molto più efficace.

Eltsin, secondo Ivashov, ha reso possibile il funzionamento di varie sette e movimenti religiosi distruttivi nel Paese dopo l’incontro con il Papa. L’unità di vedute dei russi è stata influenzata anche dalla rinuncia a qualsiasi ideologia e sistema di valori -ed Eltsin lo ha rafforzato con il suo giuramento davanti al Congresso degli Stati Uniti nell’anno 1992.

“Ci siamo completamente soggiogati, sia economicamente, sia politicamente e spiritualmente, e oggi non siamo altro che la periferia dell’Occidente”, ha detto Ivashov.

Lo scorso 21 febbraio il Presidente russo Vladimir Putin ha riconosciuto che il ” Donbass è parte integrante della storia e della cultura russa”. E ha ricordato gli aiuti dati all’Ucraina in cambio di alcune rinunce mai ratificate. Il Donbass si può considerare come la madre di tutte le battaglie per Vladimir Putin, anche per porre un argine al progressivo allargamento della Nato in Europa orientale. La ricca regione carbonifera nel sud-est del Paese, dove vive una consistente comunità russofona, è per lo zar il cuscinetto ideale, anche per rosicchiare territorio a Kiev ed indebolirne le pretese di entrare nell’orbita occidentale.  

Infatti è proprio dall’attenzione del Donbass che nasce il conflitto del 2014 mai veramente cessato, che ha già causato almeno 14mila morti. Le Repubbliche separatiste di Donetsk e Luhansk che si trovano a ridosso del confine fra Ucraina e Russia insieme coprono un’area di quasi 17mila chilometri quadrati, dove vivono circa 3,7 milioni di persone. Entrambe fanno parte della regione mineraria ucraina del Donbass e sono nate in seguito alle manifestazioni di militanti filorussi contro il nuovo governo filo occidentale, insediatosi all’inizio del 2014 in Ucraina dopo le proteste popolari del’Euromaidan a Kiev. Un aspetto da non sottovalutare è che nelle due Repubbliche separatiste ci sono ricchi giacimenti di carbone che la Russia non vuole perdere ma soprattutto non vuole regalare all’Europa.

L’autonomia delle Repubbliche Popolari di Donetsk e quella di Luhansk viene autoproclamata dalle medesime unilateralmente il 12 maggio 2014. E questo status viene internazionalmente riconosciuto solo dall’Ossezia del Sud. Con la “madre Russia” hanno un legame antico, rafforzato da una Chiesa ortodossa locale che si è staccata da quella ucraina per legarsi a Mosca. Un legame rafforzato dall’insofferenza della popolazione verso lo Stato centrale, perché le condizioni generali di vita, dopo che l’Ucraina è uscita dall’Urss, nel 1991, sono peggiorate. Tutto esplode nel 2014, quando dopo la rivolta filo-Ue di Maidan e la cacciata di Viktor Yanukovich dal potere, Mosca in reazione decide l’annessione della penisola della Crimea, nel sud dell’Ucraina. Da quel momento parte la mobilitazione anche del Donbass, con gruppi militari delle regioni di Luhansk e Donetsk che riescono in breve tempo a prendere il controllo di parte della regione, grazie all’appoggio occulto di Mosca, che fornisce denaro e armi (attraverso gruppi come il Wagner considerato da molti il braccio armato del Ministero della Difesa russo e del GRU servizio di informazione fondato da Lenin nel 1918). I secessionisti vittoriosi sul campo dichiarano l’indipendenza dall’Ucraina proclamando la nascita della Repubblica Popolare di Donetsk e la Repubblica Popolare di Luhansk. In seguito viene organizzato anche un referendum, che secondo i leader ribelli ha un esito bulgaro: la stragrande maggioranza della popolazione vota a favore dell’annessione alla Russia.  Gli sforzi della diplomazia internazionale per riportare la stabilità nell’area e porre fine al conflitto portano agli accordi di Minsk, che vengono sottoscritti sia dai filorussi sia da Kiev. Ma le intese sottoscritte nella capitale bielorussa non sono risolutive, perché in parte non attuate per responsabilità di entrambe le parti. Mosca non è formalmente parte nel conflitto e quindi non si sente vincolata. Mentre le autorità di Kiev, su pressione della frangia nazionalista del Paese, non riescono a concedere l’autonomia ai separatisti. Perciò il conflitto non è mai cessato.



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