“I mercati petroliferi potrebbero dover affrontare “la più grande crisi di approvvigionamento degli ultimi decenni” a causa di un calo delle forniture russe che minaccia di mantenere i prezzi alti e deprimere la crescita economica, ha avvertito l’Agenzia internazionale per l’energia. La lavorazione di circa tre milioni di barili di petrolio russo al giorno – circa il 3 per cento del mercato globale – potrebbe interrompersi da aprile proprio a causa della guerra e delle sanzioni imposte alla Russia”, scrive il giornalista economico del Times Martin Strydom, “provocando uno shock globale dell’offerta petrolifera”. L’AIE dice che solo l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti hanno la capacità inutilizzata per compensare questa carenza, ma non hanno mostrato “disponibilità” a farlo. Le implicazioni di una potenziale perdita delle esportazioni petrolifere russe sull’inflazione e sulla crescita “non possono essere sottovalutate”, ha sottolineato Strydom.
Oggi Boris Johnson ha organizzato una serie di visite nei Paesi del Golfo Persico per assicurare al Regno Unito maggiori forniture di petrolio, necessarie dopo lo stop alle importazioni dalla Russia di Vladimir Putin, stop deciso come rappresaglia contro l’invasione dell’Ucraina. La mossa è stata criticata da più parti nel Paese, con il premier che è stato accusato di “andare con il cappello in mano da un dittatore all’altro”, come l’ha posta il leader dell’opposizione laburista, Keir Starmer. Si tratta d una strategia simile a quella messa in campo dagli Stati Uniti di Joe Biden, che si sono rivolti al Venezuela di Nicolas Maduro, un tempo nemico numero uno di Washington, per aumentare le forniture di greggio.
Prima tappa del viaggio del conservatore britannico è Abu Dhabi, negli Emirati Arabi Uniti, dove Johnson oggi ha incontrato lo sceicco Mohamed bin Zayed Al Nahyan, e la seconda è nella capitale dell’Arabia Saudita, Riyadh, dove invece incontrerà il principe ereditario Mohammed bin Salman, l’uomo accusato, tra le altre cose, di essere implicato nell’assassinio del giornalista Jamal Khashoggi nel 2018. Il premier britannico ha detto che intende costruire una “coalizione internazionale” contro l’invasione russa dell’Ucraina e persuadere le nazioni ricche di petrolio ad aumentare la produzione per far fronte all’aumento dei prezzi dell’energia e aiutare l’Occidente a “liberarsi” dal gas e dal petrolio di Mosca.
E l’Italia?
Dall’autunno, anche altri paesi dell’Europa meridionale come Grecia e Spagna hanno esercitato pressioni sull’UE affinché intervenisse con maggiore forza sui mercati del gas e dell’elettricità. In una lettera alla presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, il premier greco Kyriakos Mitsotakis ha chiesto l’introduzione di massimali temporanei sui prezzi sul mercato del gas, prima del vertice Ue iniziato ieri a Versailles. Spagna e Grecia spingono da tempo per acquisti congiunti di gas al fine di rafforzare la posizione negoziale dell’UE. La Commissione europea ne ha parlato a dicembre. E vuole anche usarlo per riempire i serbatoi di stoccaggio del gas questa primavera e l’estate.
in Italia il ministro Cingolani ritiene che l’acquisto congiunto di gas, che ha anche sostenuto l’anno scorso, sarà reso obsoleto da un price cap. “Il price cap risolve molti problemi, compresi quelli del mercato elettrico. Perché il prezzo dell’elettricità si basa sui costi marginali del gas. Con il prezzo del gas cadrebbe anche il prezzo dell’elettricità. I paesi dell’Unione Europea dovrebbero concordare un massimale di prezzo comune per il gas naturale” ha detto Cingolani al giornale online Zeitung.faz.net.
Come dovrebbe funzionare? “L’Europa assorbe circa i tre quarti di tutto il gas del gasdotto nel mondo, il che la rende di gran lunga il più grande cliente al mondo. Se l’Europa stabilisse un price cap, gli esportatori non sarebbero in grado di ignorarlo”, ha spiegato Cingolani. Il ministro sa che introdurre un price cap non sarebbe facile. “Ovviamente ci sono dettagli tecnici e legali che devono essere attentamente esaminati e regolamentati.” Non sono gli Stati ad essere attivi sul mercato del gas, ma le imprese. Un limite di prezzo dovrebbe quindi essere introdotto attraverso una rigorosa regolamentazione statale per i partecipanti al mercato. L’Italia è ancora più dipendente dal gas russo che dalla Germania, perché il gas gioca un ruolo più importante per gli italiani in generale, anche per la produzione di elettricità. Pertanto, il Paese ora vuole mettere in moto diverse leve. Il nostro Paese è attualmente in trattative con paesi come Algeria, Azerbaigian e Qatar per diversificare i fornitori di gas. Oltre ai tre terminali di gas liquido esistenti, si aggiungono due impianti galleggianti e un terminale terrestre”, ha reso noto il ministro.
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