Studi scientifici confermano un aumento della variabilità climatica e di eventi meteoclimatici estremi in molte aree, con impatti rilevanti su ambiente naturale, territorio, salute umana e sistemi socio-economici e gravi conseguenze soprattutto nelle città.
L’Unione Europea, nel pacchetto Fit for 55 su clima ed energia di luglio 2021, ha adottato strategie di policy per raggiungere entro il 2030, nell’ambito del Green Deal, la riduzione del 55% delle emissioni di gas climalteranti, per far fronte ai cambiamenti climatici. Ai fini di una transizione verso la neutralità climatica, un ruolo centrale è riconosciuto alle città per la loro attività di governance e in quanto hot spot climatici, cioè aree particolarmente sensibili ed esposte agli eventi avversi legati ai cambiamenti del clima. Nell’ultimo decennio osservato, il 2020, insieme al 2011, si presenta come uno degli anni meno piovosi nei Comuni capoluogo di provincia/città metropolitana, per i quali si è registrata una precipitazione totale annua pari a 661 mm (calcolata come media delle stazioni osservate nelle principali città). Alla tendenza a un aumento generalizzato della temperatura media nei sistemi urbani si sovrappone la precipitazione annua, con una diminuzione di -132 mm sul corrispondente valore del periodo 2006-2015. Le differenze negative sul decennio base interessano 22 città e appaiono molto più alte del valore medio per Napoli (-423,5 mm), Catanzaro (-416) e Catania (-359,7). I giorni senza pioggia sono aumentati nel 2020 (+10) rispetto al valore climatico 1971-2000, attestandosi su 293 giorni fra le aree urbane osservate rivela ISTAT. Il lieve aumento dei giorni consecutivi senza pioggia, pari a +2 sul valore climatico (26 giorni), interessa 15 capoluoghi di regione con un massimo registrato a L’Aquila (+8), seguita da Campobasso (+7), Trento e Bologna (+5), Roma e Perugia (+4).
L’acqua e l’insieme dei servizi a essa correlati sono elementi imprescindibili per la sostenibilità ambientale, il benessere dei cittadini e la crescita economica. Tra i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile dell’ONU (Sustainable Development Goals, SDGs), al tema dell’acqua sono dedicati il Goal 6 “Garantire a tutti la disponibilità e la gestione sostenibile dell’acqua e delle strutture igienico sanitarie” e il Goal 14 “Conservare e utilizzare in modo sostenibile gli oceani, i mari e le risorse marine per uno sviluppo sostenibile”; a questi si aggiungono, per la natura integrata e indivisibile degli obiettivi, anche altri Goals, tra i quali il Goal 13 “Adottare misure urgenti per combattere il cambiamento climatico e le sue conseguenze”.
I cambiamenti climatici e l’inquinamento stanno infatti accrescendo la pressione su corpi idrici e infrastrutture, già fortemente sollecitati dai processi di urbanizzazione e dallo sviluppo economico che hanno avuto, negli anni, un impatto diretto sull’aumento della domanda di acqua. Cosa occorre fare? Bisogna rafforzare la resilienza del sistema idrico, rendendo i processi più efficienti soprattutto nei territori che presentano una maggiore vulnerabilità a situazioni di criticità idrica. La salvaguardia delle risorse idriche e la gestione efficace, efficiente e sostenibile dei servizi idrici rientra tra gli obiettivi del PNRR. Le politiche per la gestione sostenibile dell’acqua richiedono un monitoraggio continuo e capillare della risorsa attraverso informazioni sempre più aggiornate, aggiornabili e al maggior dettaglio territoriale. Da qui la necessità di consolidare il sistema informativo per rispondere alle esigenze dei diversi stakeholders e costruire un sistema di governance, pianificazione e valutazione. Tra le diverse tipologie di uso della risorsa idrica, il comparto relativo al potabile è un sorvegliato speciale per monitorare la disponibilità e le pressioni sulla risorsa, viste anche le dirette conseguenze sul sistema socio-economico e sul benessere e le abitudini dei cittadini. Per la Giornata mondiale dell’acqua, istituita dalle Nazioni Unite nel 1992 e celebrata ogni anno domani 22 marzo, l’ISTAT ha pubblicato un focus tematico che presenta i risultati provenienti da diverse indagini, elaborazioni e analisi e offre una lettura integrata delle statistiche sulle acque con riferimento agli aspetti legati al territorio e alla popolazione.
Quanta acqua viene immessa in rete?
Nel 2020, il servizio di distribuzione dell’acqua potabile nei 109 Comuni capoluogo di provincia/città metropolitana (dove risiedono 17,8 milioni di abitanti, il 30% circa della popolazione italiana) era in carico a 95 gestori che hanno complessivamente immesso in rete 2,4 miliardi di metri cubi di acqua (370 litri per abitante al giorno) ed erogato 1,5 miliardi di metri cubi per usi autorizzati agli utenti finali, pari a 236 litri per abitante al giorno, fatturati o forniti ad uso gratuito. Nei Comuni capoluogo del Nord, dove i volumi erogati raggiungono il massimo (256 litri per abitante al giorno in media), si ha un significativo differenziale tra quelli del Nord-ovest (282 litri) e del Nord-est (220). Il quantitativo erogato si riduce nei capoluoghi del Centro (231 litri), del Sud (221), per poi raggiungere il minimo nelle città delle Isole (194). Tra i 109 capoluoghi, volumi superiori ai 300 litri per abitante al giorno si riscontrano nelle città di Milano, Isernia, Cosenza, L’Aquila, Pavia e Brescia. Di contro, sotto i 150 litri per abitante si trovano Barletta, Arezzo, Agrigento, Andria e Caltanissetta. Non tutta l’acqua immessa viene effettivamente erogata agli utenti finali. Nel 2020 sono infatti andati dispersi 0,9 miliardi di metri cubi, pari al 36,2% dell’acqua immessa in rete (37,3% nel 2018), con una perdita giornaliera per km di rete pari a 41 metri cubi (44 nel 2018). Proseguendo la tendenza già segnata nel 2018, le perdite totali di rete si riducono di circa un punto percentuale. Le perdite totali di rete hanno importanti ripercussioni ambientali, sociali ed economiche, soprattutto per gli episodi di scarsità idrica sempre più frequenti. Sono da attribuire a fattori fisiologici presenti in tutte le infrastrutture idriche, alla vetustà degli impianti, prevalente soprattutto in alcune aree del territorio, e a fattori amministrativi, riconducibili a errori di misura dei contatori e ad allacci abusivi, per una quota che si stima pari al 3% delle perdite.
Continua il razionamento dell’acqua nei capoluoghi del Mezzogiorno
Nel 2020, ben 11 Comuni capoluogo di provincia/città metropolitana, localizzati tutti nel Mezzogiorno, hanno fatto ricorso a misure di razionamento nella distribuzione dell’acqua potabile, disponendo la riduzione o sospensione dell’erogazione idrica. Ciò a seguito della forte obsolescenza dell’infrastruttura idrica, dei problemi di qualità dell’acqua per il consumo umano e dei sempre più frequenti episodi di riduzione della portata delle fonti di approvvigionamento, che rendono scarsa o addirittura insufficiente la disponibilità della risorsa idrica in alcune aree del territorio.
Ad Agrigento e Trapani le misure più restrittive di erogazione dell’acqua
In quattro capoluoghi le restrizioni nella distribuzione dell’acqua potabile sono state estese a tutto il territorio comunale: Enna, dove l’erogazione dell’acqua è stata sia sospesa che ridotta (32 giorni); Pescara, dove il servizio è stato ridotto solo in alcune ore della giornata, specialmente nelle ore notturne o nelle prime ore mattutine (74 giorni); Cosenza e Reggio di Calabria, dove le misure sono state adottate per fascia oraria e a giorni alterni (rispettivamente per 366 e 77 giorni).
Poco comprensibile la bolletta dell’acqua per una famiglia su tre
La quota di famiglie che si ritengono molto o abbastanza soddisfatte rispetto all’odore, al sapore e alla limpidezza dell’acqua: sono più di tre su quattro (il 76,2%), ma la quota è ben al di sotto della media nazionale in Sicilia (59,7%), Sardegna (62,9%), Calabria (68,8%) e Campania (70,5%).
La frequenza di lettura dei contatori è molto o abbastanza soddisfacente per quasi otto famiglie su 10 ma, anche in questo caso, la quota di famiglie poco o per niente soddisfatte (il 22,8% in media nazionale) presenta un forte divario territoriale, con elevate percentuali di bassa soddisfazione soprattutto in Sicilia (39,7%), Calabria (38,9%), Abruzzo (35,5%) e Basilicata (34,7%). Rispetto al giudizio sulla frequenza della fatturazione, la percentuale di famiglie molto o abbastanza soddisfatte si mantiene oltre l’80% del totale. In Calabria la percentuale di famiglie poco o per niente soddisfatte raggiunge il 34,7%, in Sicilia il 33,4% e in Sardegna il 31,0%.
Nel Mezzogiorno bassa la fiducia nel bere acqua di rubinetto
Le famiglie che dichiarano di non fidarsi a bere l’acqua di rubinetto sono il 28,5%; dato stabile rispetto al 2020, sebbene tale quota sia diminuita progressivamente nel tempo (40,1% nel 2002). Permangono notevoli differenze territoriali: dal 16,8% nel Nord-est al 57,2% nelle Isole . A livello regionale, le percentuali più alte si riscontrano in Sicilia (59,9%), Sardegna (49,5%) e Calabria (38,2%), le più basse nelle Province autonome di Bolzano-Bozen (0,8%) e Trento (2,4%). Molto inferiori alla media nazionale anche le quote di Valle d’Aosta (8,6%) e Friuli-Venezia Giulia (11,6%).
Spese per l’acqua più alte nel Mezzogiorno
Nel 2020 i consumi delle famiglie hanno risentito in modo diverso delle restrizioni imposte per contrastare la pandemia. Rispetto al 2019, rimangono sostanzialmente invariate la spesa per la fornitura di acqua nell’abitazione e per l’acquisto di acqua minerale. Si tratta, infatti, di spese difficilmente comprimibili, solo marginalmente toccate dalle restrizioni per motivi sanitari e che, anzi, possono essere state favorite dalla maggiore permanenza delle famiglie all’interno dell’abitazione. Le famiglie hanno speso in media 14,68 euro al mese per la fornitura di acqua nell’abitazione nel 2020, pari allo 0,6% della spesa complessiva per il consumo di beni e servizi. La spesa mensile delle famiglie risulta superiore alla media nazionale nel Mezzogiorno (17,48 euro) e al Centro (16,50 euro), inferiore al Nord (12,05 euro). Nello stesso anno, la spesa mensile sostenuta dalle famiglie per l’acquisto di acqua minerale è di 12,56 euro (-0,1% rispetto all’anno precedente) e pari a circa due euro in meno rispetto alla spesa sostenuta per la fornitura di acqua. Tuttavia, dal 2015 la spesa familiare per acqua minerale cresce a un ritmo superiore rispetto a quella effettuata per la fornitura di acqua nelle abitazioni (+22,3% contro +9,6%).
Nel 2021, in due terzi delle famiglie (66,7%) almeno uno dei componenti consuma quotidianamente almeno un litro di acqua minerale, dato in crescita rispetto agli ultimi anni. Il consumo di acqua minerale più alto si registra nelle Isole (69,7%), quello minore al Sud (63,3%). In particolare, l’Umbria mantiene il primato tra le regioni (76,4%), mentre nella Provincia autonoma di Trento si registra il valore minimo (43,9%).
Tra i giovani scarsa preoccupazione per il dissesto idrogeologico
Tra i cinque problemi ambientali che preoccupano le persone di 14 anni e più rientra l’inquinamento delle acque: interessa quattro persone su 10 nel 2021, con il massimo nel Centro (42,0%) e il minimo nel Mezzogiorno (38,4%) (Figura 7). L’età sembra incidere sulla percezione del problema: le fasce più anziane (75 anni e più) manifestano minore sensibilità rispetto al resto della popolazione intervistata, con una incidenza del 33,4%. Per il dissesto idrogeologico (frane e alluvioni) si dichiara preoccupato il 22,4% delle persone di 14 anni e più; meno sensibili al problema i giovani di 14-24 anni (15,9%) rispetto agli adulti di almeno 55 anni (26,3%). Il 65,9% delle persone di almeno 14 anni dichiara di prestare attenzione allo spreco dell’acqua, a conferma della crescente consapevolezza di una corretta gestione delle risorse naturali. Permangono però differenze regionali significative, con quote che assumono il valore minimo in Sicilia (60,4%) e massimo in Sardegna (71,6%).
La preoccupazione per i cambiamenti climatici scende ai livelli del 2018
Gli effetti dei cambiamenti climatici e/o dell’effetto serra preoccupano, nel 2021, il 66,5% delle persone di 14 anni e più. Tuttavia, se fino all’anno pre-pandemico la quota di persone preoccupate era in costante crescita (era il 71,0% nel 2019), nel biennio 2020-2021 si registra una generale inversione di tendenza. Questo decremento, più significativo nel Nord-est (dal 73,6% al 68,2%) e nelle Isole (dal 72,8% al 64,1%), porta nel 2021 il livello di preoccupazione verso i cambiamenti climatici e l’effetto serra al valore registrato nel 2018 (66,6%), cui ha fatto seguito un aumento di attenzione nel 2019-2020, in concomitanza con i movimenti di protesta a livello globale. È ragionevole ipotizzare che negli ultimi anni le preoccupazioni per la pandemia e per la crisi economica siano state preponderanti.
Italia al quinto posto tra i Paesi Ue27 per apporti meteorici
In media le precipitazioni annuali registrate in Italia nel periodo 1991-2020 (valore climatico) sono state di 943 mm, pari a un afflusso annuale medio di acqua piovana di circa 285 miliardi di metri cubi. Circa il 53% dell’acqua piovana (498 mm) è però ritornato in atmosfera per evaporazione, dal terreno e dai corpi idrici, e per traspirazione attraverso gli apparati fogliari delle piante (evapotraspirazione reale). La restante parte di acqua (47%) è rimasta sul terreno, una parte infiltrandosi nel sottosuolo (21%) e l’altra scorrendo in superficie (26%), andando pertanto ad alimentare gli acquiferi, i fiumi e i laghi naturali e artificiali del Paese. L’analisi pone il nostro Paese tra le nazioni con un maggiore apporto pluviometrico, dopo Slovenia, Austria, Croazia e Irlanda.
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