Menu Chiudi

LE 10 PROPOSTE DI GREENPEACE ITALIA, LEGAMBIENTE E WWF ITALIA PER LIBERARSI DAL GAS


L’esplosione della guerra in Ucraina ha obbligato l’Italia a fare i conti con la sua dipendenza dal gas e ad accelerare ulteriormente la transizione energetica come unica soluzione per uscire dalla dipendenza dal gas, e dal tunnel della mancanza di alternative. Se non quella di ritornare per emergenza al carbone. Come hanno fatto Francia e Germania che hanno deciso di fare passi da gambero sul fronte della sostenibilità per produrre elettricità. Nel terzo trimestre del 2021 le fonti di energia ‘convenzionali’ rappresentavano oltre la metà dell’elettricità prodotta in Germania (il 56,9%). In Francia invece il governo ha aumentato la quota di energia prodotta dal carbone per sopperire alla manutenzione di molte centrali nucleari che fanno accendere il paese.

In Germania, il carbone, sempre nel periodo luglio-settembre, ha rappresentato il 31,9% del mix energetico. Un forte incremento sia a livello tendenziale (26,4% nello stesso periodo di un anno prima) che rispetto al secondo trimestre del 2021. La quota di carbone utilizzata per produrre elettricità, spiega l’Ufficio Federale di statistica, nel terzo trimestre del 2020 era al 26,4% mentre si attestava al 27,1% nella prima metà del 2021.

Il 13 dicembre scorso il nuovo governo tedesco, formato dalla cosiddetta coalizione semaforo, ha approvato il piano per limitare l’impatto del cambiamento climatico. Questo include l’obiettivo di generare l’80% dell’elettricità da fonti rinnovabili entro il 2030. Il che significa, quasi il raddoppio della produzione in meno di un decennio. Secondo il piano green, Berlino dovrebbe chiudere tutte le miniere di carbone entro il 2038. Allo stesso tempo, le tre centrali nucleari del paese ancora in funzione dovranno essere spente entro la fine del 2022.

In calo anche gas e rinnovabili

Nel mix energetico tedesco risulta in calo anche la quota di gas naturale che nel trimestre chiuso a settembre era dell’8,7%, in calo di un terzo rispetto allo stesso periodo del 2020 quando era al 14,4%. Secondo Destatis, ciò è in gran parte dovuto al rally dei prezzi nella seconda metà dello scorso anno. La quota di gas naturale ha rappresentato il valore trimestrale più basso dal terzo trimestre del 2018. In leggera diminuzione anche la quota delle fonti di energia rinnovabile: -0,8% rispetto al terzo trimestre del 2020. A fine settembre, solare ed eolico contavano nel mix per il 29,9% rispetto al 30,9% dello stesso periodo del 2020. In forte rialzo, invece, la quantità di elettricità importata in Germania balzata del 13,6% rispetto al terzo trimestre 2020. Gran parte dell’elettricità importata arriva dalla Francia, che al contrario di Berlino punta decisamente sul nucleare.

E in Francia?

Anche Parigi, è dovuta ricorrere al carbone per garantire le forniture elettriche del paese. Lo scorso 7 febbraio il governo ha pubblicato sulla Gazzetta ufficiale che aumenta temporaneamente l’utilizzo del carbone. La misura “sarà strettamente limitata ai mesi di gennaio e febbraio 2022” e “non cambierà il calendario per la chiusura delle centrali a carbone”, ha detto il ministero della transizione ecologica. La decisione è stata presa proprio perché la fornitura di elettricità del paese è sotto pressione a causa della bassa disponibilità del parco nucleare, che fornisce circa il 70% dell’elettricità francese. La legge sul clima del 2019 aveva fissato una soglia annuale di 0,7 chilotonnellate di biossido di carbonio equivalente per megawatt di capacità elettrica installata, segnando la fine graduale della generazione di elettricità da carbone, che è già molto limitata. Questo tetto di emissioni di gas a effetto serra “corrisponde a circa 700 ore di funzionamento annuale per una centrale termica a carbone”, ha spiegato il governo.


Greenpeace Italia, Legambiente e WWF Italia hanno avanzato 10 proposte al governo Draghi per affrontare in modo strutturale la dipendenza dall’estero per l’approvvigionamento del gas. Si tratta di interventi normativi e autorizzativi da mettere in campo da qui ai prossimi mesi e che permetterebbero di ridurre i consumi di gas di 36 miliardi di metri cubi all’anno entro fine 2026, sviluppando l’eolico offshore e a terra, il fotovoltaico sui tetti, anche nei centri storici, e sulle aree compromesse (discariche, cave, etc), il moderno agrovoltaico che garantisce l’integrazione delle produzioni agricole con quella energetica, la produzione del biometano (sviluppata in un chiaro contesto di riduzione del numero complessivo di capi allevati e senza sottrazione di terreno alla produzione di cibo), gli accumuli, i pompaggi e l’ammodernamento delle reti.

In particolare le tre associazioni, chiedono in primis di autorizzare, entro marzo 2023, nuovi impianti a fonti rinnovabili per 90 GW di nuova potenza installata, pari alla metà dei 180 GW in attesa di autorizzazione, da realizzare entro fine 2026; aggiornare entro giugno 2022 il PNIEC (Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima), valutando l’obiettivo di produzione del 100% di energia elettrica da fonti rinnovabili entro il 2035; fissare subito un tetto ai profitti delle aziende che estraggono e trasportano gas fossile o petrolio; attivare entro giugno 2022 il dibattito pubblico sugli impianti a fonti rinnovabili al di sopra dei 10 MW di potenza installata; sviluppare la produzione di biometano da FORSU (Frazione Organica del Rifiuto Solido Urbano), scarti agricoli, reflui zootecnici e fanghi di depurazione. E poi di escludere entro aprile 2022 l’autorizzazione paesaggistica per il fotovoltaico integrato sui tetti degli edifici non vincolati dei centri storici; rivedere entro dicembre 2022 i bonus edilizi, cancellando gli incentivi per la sostituzione delle caldaie a gas. Infine è importante anticipare al 2023 l’eliminazione dell’uso delle caldaie a gas nei nuovi edifici; istituire entro giugno 2022 un fondo di garanzia per la costituzione delle comunità energetiche; attivare entro maggio 2022 una strategia per efficienza e innovazione nei cicli produttivi e sulla mobilità sostenibile.

“Il problema evidente del salasso per famiglie e aziende è urgente da affrontare, ma le soluzioni adottate o prospettate dal Governo”, spiegano Greenpeace Italia, Legambiente e WWF Italia, “sono anacronistiche e in controtendenza con l’urgente lotta alla crisi climatica: si va dall’aumento della produzione nazionale di gas fossile all’approvvigionamento di idrocarburi gassosi non provenienti dalla Russia, dalla possibile ripartenza di gruppi termoelettrici a carbone a quelli a olio combustibile, dal raddoppio di gasdotti operativi alla realizzazione di nuovi rigassificatori, fino ai nuovi finanziamenti alla ricerca del nucleare di quarta generazione. Il governo, per contenere gli aumenti in bolletta, ha pensato bene infine di tagliare gli extracosti relativi solo alla produzione di elettricità da fonti rinnovabili, senza interessare minimamente quelli vertiginosi delle aziende delle fonti fossili o in modo strutturale tutti gli oneri di sistema in bolletta.  Il blackout nazionale del 2003 portò al varo in fretta e furia dell’infausto decreto sblocca centrali del governo Berlusconi che fece realizzare le centrali termoelettriche a gas che allora sostituirono quelle a carbone e olio; oggi la guerra in Ucraina dovrebbe portare l’Esecutivo Draghi a varare subito un ben più necessario e fausto decreto sblocca rinnovabili per sostituire gli impianti a gas con 90 GW di nuovi impianti a fonti rinnovabili da autorizzare entro 12 mesi e da realizzare nei prossimi 5 anni”.

Aggiornare entro giugno 2022 il PNIEC, valutando l’obiettivo della produzione del 100% di energia elettrica da fonti rinnovabili entro il 2035

L’Italia deve aprire immediata consultazione e aggiornare il suo PNIEC alla luce dei nuovi obiettivi europei di riduzione delle emissioni climalteranti entro il 2030, passati dal -40% al -55% rispetto a quelle del 1990, puntando su uno sviluppo delle rinnovabili e dell’efficienza energetica, che garantirebbero un’efficace riduzione dello sproporzionato ruolo del gas nell’attuale versione del PNIEC. E per raggiungere l’obiettivo del 100% di elettricità da fonti rinnovabili al 2035, sul modello di quanto sta studiando il nuovo governo tedesco guidato da Olaf Scholz è necessario valorizzare anche i 7.600 MW di pompaggi esistenti in grado di assicurare il 7% dei consumi elettrici nazionali. Al fine di garantire tale obiettivo sarebbe auspicabile avere una pianificazione pubblica delle localizzazioni degli impianti di produzione energetica a carattere industriale, pianificazione che preventivamente, considerando gli aspetti ambientali e paesaggistici in relazione al dimensionamento ed alla tipologia degli impianti, sia connessa ad una procedura che permetta poi una semplificazione autorizzativa di ogni singola realizzazione.

Fissare entro aprile 2022 un tetto ai profitti delle aziende che estraggono e trasportano gas fossile o petrolio

Per far fronte al rialzo dei prezzi del gas e aiutare famiglie e imprese occorre individuare risorse per ridurre l’impatto sulle bollette. Con questo scopo il governo ha recentemente approvato il taglio degli extracosti relativi alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, escludendo incredibilmente
le imprese impegnate nelle fossili, a partire da chi estrae e vende idrocarburi gassosi o liquidi, o produce elettricità da carbone, gas o derivati del petrolio, che negli ultimi mesi sta facendo extraprofitti davvero incredibili. Entro aprile 2022 il governo deve verificare i contratti di acquisto per il gas e definire un
tetto ai profitti per le aziende energetiche impegnate sul gas fossile e sul petrolio, a partire da Eni.

Autorizzare entro marzo 2023 nuovi impianti a fonti rinnovabili per 90 GW di nuova potenza installata, pari alla metà dei 180 GW in attesa di autorizzazione, da realizzare entro fine 2026

Lo scorso 25 febbraio l’associazione confindustriale Elettricità Futura ha chiesto al Governo e alle Regioni di autorizzare entro giugno 2022 nuovi impianti a fonti rinnovabili per 60 GW di potenza, pari a un terzo delle domande di allaccio già presentate a Terna, da realizzare in 3 anni. Con un ulteriore sforzo straordinario sulla falsariga di quanto proposto da Elettricità Futura, il Governo e le Regioni dovrebbero autorizzare entro marzo 2023 progetti di nuovi impianti a fonti rinnovabili per 90 GW di potenza installata, pari alla metà dei 180 GW in attesa di autorizzazione, da realizzare entro 5 anni, per ottenere
un risparmio di 36 miliardi di metri cubi di gas ogni anno a partire dal 2026. Sarà necessario, inoltre, accompagnare questo sviluppo con quelli degli accumuli e della rete che deve essere potenziata per poter ricevere e scambiare i flussi energetici. Il MITE deve promulgare immediatamente i decreti attuativi della nuova legge rinnovabili (8 novembre 2021), che tengano conto degli obiettivi di cui sopra. Per garantire il raggiungimento di questo obiettivo ambizioso deve essere istituita per i prossimi 12 mesi una task force nazionale di tecnici presso il Mite per supportare in modo straordinario le istruttorie di valutazione dei progetti presso la Commissione Via.

Attivare entro giugno 2022 il dibattito pubblico sugli impianti a fonti rinnovabili al di sopra dei 10 MW di potenza installata

Come fatto dal Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili per le infrastrutture, anche per i progetti per l’energia deve essere garantita l’attivazione del dibattito pubblico in modo da informare e coinvolgere le comunità, rendere trasparente il processo di approvazione delle opere. Per tutti i progetti, compresi quelli della transizione energetica al di sopra dei 10 MW di potenza istallata (eolico a terra e offshore, agrovoltaico, fotovoltaico a terra), attraverso una procedura che permetta di stabilire tempi certi e il diritto dei cittadini ad essere informati, a potersi confrontare sui contenuti dei progetti, ad avere risposta rispetto alle preoccupazioni emerse.

Sviluppare la produzione di biometano da FORSU, scarti agricoli, reflui zootecnici e fanghi di depurazione

La produzione di biometano è una grande opportunità per l’economia circolare e per la lotta alla crisiclimatica nel nostro Paese. È una opportunità che tuttavia deve essere sviluppata in un contesto ben definito di riduzione del numero complessivo di capi allevati e senza entrare in competizione con l’uso di terreni per la produzione di cibo, per evitare ulteriori impatti su clima e biodiversità, e garantire la sicurezza alimentare. Lo sviluppo degli impianti a biometano, in questa cornice, è fondamentale e comporta notevoli vantaggi ambientali su: chiusura del ciclo dei rifiuti organici differenziati (FORSU), degli scarti agricoli, dei sottoprodotti dell’agroalimentare, dei reflui zootecnici e dei fanghi di depurazione; restituzione al suolo del carbonio per fermare i processi di desertificazione; produzione di energia da fonte rinnovabile; estrazione e reimpiego della CO2; contributo alla decarbonizzazione. L’Italia con i suoi 2mila impianti (l’80% dei quali è in ambito agricolo) è il secondo produttore di biogas in Europa e il quarto al mondo ma il potenziale produttivo di biometano, secondo alcune stime, potrebbe essere ancora più elevato.

Escludere entro aprile 2022 l’autorizzazione paesaggistica per il fotovoltaico integrato sui tetti degli edifici non vincolati dei centri storici

Oggi in Italia realizzare un impianto fotovoltaico o solare termico sul tetto in un centro storico è nei fatti impossibile, perché persino per edifici costruiti negli anni ‘60 e impianti integrati e paralleli alle coperture, invisibili dalle strade, occorre passare da un parere vincolante delle Soprintendenze che porta a una sicura bocciatura, nonostante il DPR 31/2017 abbia previsto una autorizzazione semplificata e non quella ordinaria (vale la pena sottolineare come il passaggio dalle forche caudine della Sovrintendenza valga solo per i centri storici, mentre per tutte le altre aree vincolate, anche di particolare pregio paesaggistico, non è più necessaria alcuna autorizzazione). Anche la previsione dei 2,2 miliardi di euro nel PNRR per costituire comunità energetiche nei Comuni al di sotto dei 5mila abitanti rischia di rimanere disattesa, visto che molti di questi borghi rientrano in questa categoria. Con il Decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 2017, n. 31 è stata semplificata la procedura di autorizzazione semplificata e prevista l’esclusione dall’autorizzazione paesaggistica per alcune categorie di interventi chiaramente individuati dalla norma e da un elenco specifico. In particolare, l’esclusione riguarda l’installazione di pannelli solari a servizio di edifici “purché integrati nella configurazione delle coperture, o posti in aderenza ai tetti degli edifici con la stessa inclinazione e lo stesso orientamento della falda degli edifici”. Il problema è che questa semplificazione non vale in centri e nuclei storici, anche qualora gli interventi seguano queste attenzioni rispetto all’integrazione e risultino non visibili da piazze e strade principali, in questo modo bloccando la diffusione delle rinnovabili in una parte non trascurabile del patrimonio edilizio italiano. Per semplificare le procedure, a partire dalla conversione in legge del decreto legge17/2022 per affrontare i rincari in bolletta, occorre eliminare il riferimento alla lettera C dal riferimento delle esclusioni nell’Allegato A del DPR 31/2017, equiparando le condizioni degli immobili ricadenti nei centri storici con quelli di tutte le altre aree vincolate.

Rivedere entro dicembre 2022 i bonus edilizi, cancellando gli incentivi per la sostituzione delle caldaie a gas

Il Governo approvi entro dicembre 2022 una strategia per accelerare gli interventi di riqualificazione del patrimonio edilizio pubblico e privato. Per tutti gli incentivi in vigore (detrazioni fiscali per gli interventi su abitazioni private e conto termico per quelli sul patrimonio pubblico) gli incentivi devono essere legati alla riduzione dei consumi energetici e di gas, premiando la sostituzione con pompe di calore e l’autoproduzione da fonti rinnovabili.
Riguardo al superbonus del 110% serve un cambio di paradigma. Questa misura deve essere percepita come uno strumento di politica ambientale e climatica e non semplicemente come sostegno economico al settore edilizio, rendendo più facili ed economicamente convenienti gli interventi più performanti dal punto di vista dell’efficienza energetica e deve essere corretta negli errori più evidenti: promuove l’uso delle fonti fossili, come nel caso dell’acquisto delle caldaie a gas, ed è ingiusta perché esclude le case prive di impianto termico fisso, e quindi le famiglie più povere, nonché una parte importante del patrimonio edilizio del Sud d’Italia che è fatto di abitazioni che sono riscaldate con impianti meno efficienti e pericolosi, quali stufe a gas ed elettriche e che, proprio per questo, sarebbe più utile e sicuro rendere efficienti, oltre ad escludere dal 2023 le abitazioni indipendenti e dal 2024 i piccoli condomini o immobili con poche unità abitative, scelte che aumentano le disuguaglianze. Infine, occorre rivedere i bonus elettricità e gas di contrasto alla povertà energetica, semplificando l’accesso per le famiglie con figli a basso reddito e per gli anziani, prevedendo risorse per campagne di informazione da realizzare in collaborazione con i Comuni e centri territoriali con protagonismo del Terzo settore per fare da accompagnamento alle fasce socialmente svantaggiate. Per accelerare gli interventi da parte degli Enti Locali occorre rafforzare il supporto per la progettazione e la formazione dei tecnici, attraverso la creazione come negli altri Paesi europei di un Agenzia nazionale per l’efficienza
energetica.

Anticipare al 2023 l’eliminazione dell’uso delle caldaie a gas nei nuovi edifici

La nuova proposta di revisione della Direttiva sul rendimento energetico nell’edilizia EPBD, presentata a fine dicembre dalla Commissione Ue, propone lo stop a incentivi per le caldaie a gas dal 2027 e l’eliminazione dei combustibili fossili nel riscaldamento entro il 2040. Per tagliare le emissioni del 55% in 8 anni, serve accelerare la dismissione dei sistemi fossili, anticipando al 2023 la scadenza per vietare l’installazione di impianti da fonti fossili nei nuovi edifici (scelta semplificata dal fatto che già per Legge devono avere prestazioni NZEB), e stabilire dal 2026 il divieto di installazione in ristrutturazioni che beneficiano di incentivi pubblici.

Istituire entro giugno 2022 un fondo di garanzia per la costituzione delle comunità energetiche

Oltre ad approvare con celerità i decreti attuativi previsti nella RED II anche per non bloccare il processo di sviluppo di queste nuove realtà, entro giugno 2022 si deve istituire un fondo di garanzia per consentire ad un numero maggiore di soggetti di accedere ai finanziamenti per la realizzazione di Comunità energetiche. Le comunità energetiche oggi sono finalmente possibili e convenienti grazie all’autoproduzione e degli incentivi di cui beneficiano. Vale la pena infine considerare un allargamento dei beneficiari dei finanziamenti del PNRR per la costituzione delle comunità energetiche anche ai Comuni al di sopra dei 5mila abitanti, con risorse
aggiuntive, per prevedere questa opzione anche ai Comuni medio grandi.

Attivare entro maggio 2022 una strategia per efficienza e innovazione nei cicli produttivi e sulla mobilità sostenibile

Occorre tagliare le importazioni di gas e aiutare le imprese in crisi in questa congiuntura attraverso interventi di efficientamento energetico e autoproduzione da rinnovabili che riducono i consumi in modo strutturale. Il problema è che le politiche in vigore sono del tutto inefficaci, troppo complicate e slegate da qualsiasi obiettivo di riduzione dei consumi di gas. Il Governo deve presentare entro maggio 2022 una proposta di revisione dei titoli di efficienza energetica per l’industria, per premiare e semplificare tutti gli interventi che riducono i consumi di gas nei processi produttivi e che prediligono autoconsumo con le fonti rinnovabili. Inoltre serve emanare delle linee guida e di finanziamento per attivare la ripianificazione dei distretti produttivi in chiave circolare, in modo che i processi produttivi delle aziende si integrino tra loro aumentando l’efficienza e diminuendo gli sprechi di materia e di energia. Gli incentivi all’acquisto di mezzi di mobilità per i privati (vedi DL 17/2022) e i nuovi bandi pubblici per gli acquisti di mezzi di trasporto (passeggeri, servizio e merci), compresi quelli inclusi nel Piano nazionale mobilità sostenibile, devono riguardare esclusivamente mezzi elettrici e batteria e, limitatamente ai mezzi di lunga percorrenza, a biometano, bio-GNL, a partire dal 1 giugno 2022. L’idrogeno nei trasporti a lunga percorrenza deve essere previsto in via sperimentale essenzialmente nel trasporto merci pesante su strada, navale e in prospettiva aereo. SI deve aggiungere nei titoli di sostegno delle fonti rinnovabili nei trasporti (CIC) anche l’elettricità rinnovabile attualmente inspiegabilmente esclusa dalla legge rinnovabili ed escludere dal DL 17/2022 ulteriori forme di agevolazioni dell’autotrasporto merci e riconoscere invece agevolazioni al trasporto merci ferroviario.



Scopri di più da WHAT U

Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.

Articoli Correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

error: Content is protected !!

Scopri di più da WHAT U

Abbonati ora per continuare a leggere e avere accesso all'archivio completo.

Continua a leggere