Secondo lo studio di due medici Dr. Fizza Manzoor e Dr. Donald Redelmeier, dell’Università di Toronto, in Canada, che analizza tutti i decessi segnalati al database dell’OMS COVID-19 tra il 7 marzo 2020 e il marzo 7, 2022, il numero medio di decessi per COVID-19 nel mondo ha toccato il picco più alto nei fine settimana (8.532) rispetto ai giorni feriali durante la pandemia (8.083).
Per la precisione nel corso dei due anni sono stati identificati un totale di 5.983.471 decessi e 444.961.484 nuovi casi. In pratica i week-end hanno avuto una svolta nefasta per molti pazienti. Quale lo stato che detiene il triste primato del maggior numero di morti per Covid-19 nel fine settimana? Gli Stati Uniti (in media 1.483 decessi nel fine settimana contro 1.220 decessi nei giorni feriali, aumento del 22%), seguiti da Brasile (1.061 contro 823, aumento del 29%), Regno Unito (239 contro 215, aumento dell’11%) e Canada (56 decessi contro 48, aumento del 17%). Solo la Germania ha riportato un numero significativamente inferiore di decessi medi nei fine settimana rispetto ai giorni feriali (137 contro 187; vedere i dati nelle note ai redattori). Per lo studio, i ricercatori hanno calcolato il numero medio di decessi nei fine settimana rispetto al numero medio di decessi avvenuti dal lunedì al venerdì precedente (giorni feriali). Hanno quindi ripetuto le analisi per 10 paesi con i casi di COVID-19 più elevati: Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Germania, Italia, Spagna, Russia, India, Brasile e Canada. Le analisi sono state adeguate per le festività nazionali e i ponti. Manzoor però ha anche precisato: “I ritardi burocratici nei soli fine settimana non spiegano perché ci siano meno decessi documentati per COVID-19 il lunedì rispetto al venerdì, e la sola segnalazione dei ritardi non può spiegare perché l’aumento dei decessi nel fine settimana sia stato così sostanziale negli Stati Uniti e non visto in Germania”. E poi ha aggiunto: “Invece, è probabile che l’effetto del fine settimana sia anche dovuto a carenze di personale clinico, capacità ed esperienza”. Aggiungendo una riflessione. “A questo punto però viene spontaneo domandarsi per quale ragione questo problema non si stia risolvendo nonostante il miglioramento delle prestazioni e della consapevolezza del sistema sanitario nel corso della pandemia”. I ricercatori, per non lasciare nulla al caso, hanno anche eseguito una valutazione più dettagliata confrontando i decessi nel fine settimana nella prima metà (da marzo 2020 a marzo 2021) con la seconda metà (da marzo 2021 a marzo 2022) e hanno scoperto che l’aumento dei decessi nel fine settimana sono rimasti significativi nei 2 anni, con una media di 641 decessi aggiuntivi nel fine settimana (7.825 contro 7.184) nel primo anno rispetto a una media di 257 decessi aggiuntivi nel fine settimana (9.239 contro 8.982) nel secondo.
Ulteriori analisi che hanno esaminato il numero medio di decessi per COVID-19 nei singoli giorni della settimana, e hanno rilevato che l’aumento è stato particolarmente ampio se si confronta la domenica con il lunedì (8.850 contro 7.219 decessi) e il venerdì con il lunedì (9.086 contro 7.219). Gli altri giorni feriali non hanno mostrato un andamento del numero medio di decessi in crescente aumento da martedì a giovedì (martedì 6.825; mercoledì 8.070; giovedì 9.230). Quello che è comunque certo è che anche secondo il medico occorrerebbero studi più approfonditi per indagare sui fattori e le cause del rischio di morte nei giorni feriali e nei fine settimana da COVID-19″.
Quando un virus si replica o crea copie di se stesso a volte cambia leggermente. Questi cambiamenti sono chiamati “mutazioni”. Un virus con una o più nuove mutazioni viene indicato come una “variante” del virus originale.
Finora sono state identificate in tutto il mondo centinaia di varianti di questo virus. L’OMS e la sua rete internazionale di esperti monitorano costantemente le modifiche in modo che, se vengono identificate mutazioni significative, l’OMS può segnalare ai Paesi eventuali interventi da mettere in atto per prevenire la diffusione di quella variante.
Ecco in sintesi una breve descrizione di tutte le varianti definite preoccupanti “variants of concern” (Voc) dall’OMS:
- Variante Omicron (Variante B.1.1.529) rilevata per la prima volta in Sud Africa il 24 novembre 2021. Attualmente predominante in Italia ed Europa.
- Variante Delta (Variante VUI-21APR-01, nota anche come B.1.617) rilevata per la prima volta in India.
- Variante Gamma (Variante P.1) con origine in Brasile.
- Variante Beta (Variante 501Y.V2, nota anche come B.1.351) identificata in Sud Africa.
- Variante Alfa (Variante VOC 202012/01, nota anche come B.1.1.7) identificata per la prima volta nel Regno Unito.
E in Italia?
L’epidemia è in miglioramento, con la trasmissibilità in diminuzione e una lieve riduzione dell’incidenza. Si osserva una sostanziale stabilizzazione del tasso di occupazione dei posti letto sia in area medica sia in terapia intensiva. I sanitari raccomandano di continuare a rispettare rigorosamente le misure comportamentali individuali e collettive raccomandate, e in particolare il distanziamento interpersonale, l’uso della mascherina, l’aereazione dei locali, l’igiene delle mani, riducendo le occasioni di contatto e ponendo particolare attenzione alle situazioni di assembramento.
L’elevata copertura vaccinale, in tutte le fasce di età, anche quella 5-11 anni, il completamento dei cicli di vaccinazione e il mantenimento di una elevata risposta immunitaria attraverso la dose di richiamo, con particolare riguardo alle categorie indicate dalle disposizioni ministeriali, sono riuscite a mitigare l’impatto soprattutto clinico dell’epidemia.
Punti chiave:
- Si riporta un’analisi dei dati relativi al periodo 4 aprile – 10 aprile 2022. Per i tempi che intercorrono tra l’esposizione al patogeno e lo sviluppo di sintomi e tra questi e la diagnosi e successiva notifica, verosimilmente molti dei casi notificati in questa settimana hanno contratto l’infezione nella terza decade di marzo 2022.
- Continua la lenta diminuzione dell’incidenza settimanale a livello nazionale: i dati del flusso ISS nel periodo 4/4/2022- 10/4/2022 evidenziano una lieve diminuzione dell’incidenza, pari a 723 per 100.000 abitanti, rispetto alla settimana precedente (770 per 100.000 abitanti nel periodo 28/3/2022 – 3/4/2022). Anche nel periodo più recente, sulla base dei dati aggregati raccolti dal Ministero della Salute, la tendenza è in diminuzione rispetto alla settimana precedente (717 per 100.000 abitanti nel periodo 8-14/04/2022 vs 776 per 100.000 nel periodo 1-7/04/2022)
- La fascia di età che registra il più alto tasso di incidenza settimanale per 100.000 abitanti è la fascia d’età 10-19 anni con un’incidenza pari a 866 per 100.000 abitanti, in diminuzione rispetto alla settimana precedente. Al momento, l’incidenza più bassa, ma sempre molto elevata ed in lieve aumento rispetto alla settimana precedente, si rileva ancora nelle fasce di età 70-79 e 80-89 con un’incidenza di 575 e di 547 casi per 100.000 abitanti.
- Nel periodo 16 – 29 marzo 2022, l’Rt medio calcolato sui casi sintomatici è stato pari a 1 (range 0,94 – 1,09), in diminuzione rispetto alla settimana precedente. L’indice di trasmissibilità basato sui casi con ricovero ospedaliero diminuisce leggermente e si colloca al di sotto della soglia epidemica: Rt=0,92 (0,9-0,94) al 05/04/2022 vs Rt=1,03 (1,00-1,05) al 29/03/2022.
- Stabile il tasso di occupazione dei posti letto in terapia intensiva calcolato ai sensi del DM 30 aprile 2020 che si situa al 4,9% (463/9.422) nel giorno 12/04/2022, rispetto al 5,0% (471/9.434) nel giorno 05/04/2022. Il numero assoluto di persone ricoverate in terapia intensiva diminuisce leggermente, passando da 471 (05/04/2022) a 463 (12/04/2022), con una diminuzione relativa del 1,7%.
- Anche il tasso di occupazione in aree mediche COVID-19 a livello nazionale è stabile: era al 15,7% (10.207/64.881) il giorno 12/04/2022, rispetto al 15,8% (10.246/64.894) il giorno 05/04/2022. Il numero di persone ricoverate in queste aree è diminuito da 10.246 (05/04/2022) a 10.207 (12/04/2022) con una diminuzione relativa dello 0,4%.
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