“Una crisi idrica come non si vedeva da 70 anni” queste le parole della Cia-Agricoltori italiani su il gamberorosso.it che assieme a Coldiretti segnala che più di un quarto del territorio nazionale è a rischio desertificazione. A preoccupare è lo stato del fiume Po, il bacino più importante d’Italia, 600 milioni di metri cubi nel 2021, arrivato anche a quota -8,08. Tra l’altro la forte diminuzione della portata del fiume sta cambiando le caratteristiche della falda, a causa dell’intrusione di acque saline dal mare, inutilizzabili per l’irrigazione, che determinano un imponente impatto sul territorio. Ma l’emergenza riguarda tutta Italia: non piove da settimane e non sono previste precipitazioni nei prossimi giorni, le temperature sono anche 4 gradi sopra la media e il vento caldo contribuisce a peggiorare la situazione, aumentando il livello di evaporazione che in alcune zone equivale a una perdita di acqua anche di 8 litri per ogni metro quadro.
“Se la situazione non migliora”, spiega Coldiretti, “le possibili conseguenze sul Made in Italy agroalimentare saranno quelle di veder crescere la dipendenza dall’estero da cui arriva il 64% del grano tenero, il 47% del mais per l’alimentazione animale, il 44% del grano duro per la pasta e il 27% dell’orzo”. Non va meglio in Piemonte dove Confagricoltura denuncia gravi conseguenze a tutte le coltivazioni, situazione critica per orzo e grano (con una riduzione della produzione stimata del 30%), la semina di mais è stata ridotta a favore di sorgo e girasole, meno esigenti dal punto di vista idrico, e lo stesso segnala anche Coldiretti (non solo in Piemonte) riguardo il riso a favore della soia, con un impatto economico, occupazionale ma anche ambientale, scrive gamberorosso.it.
Non si ferma la discesa anche del lago Maggiore, un lago prealpino di origine fluvioglaciale della regione geografica italiana, le cui rive sono condivise tra Svizzera e Italia.
In zona rossa i Comuni Baveno, San Bernardino Verbano, Cambiasca, Vignone e Brovello Carpugnino nel Verbano, Pieve Vergonte e Piedimulera nell’Ossola. In altri 6-7 Comuni gli interventi di contrasto all’emergenza idrica prevedono interventi con autobotti e sono state emesse ordinanze per limitare gli sprechi e razionare l’acqua in fasce orarie, generalmente di notte.
È probabile che ordinanze regionali verranno emanate per razionare l’acqua al Nord, e scatterà il divieto di riempimento delle piscine per privilegiare l’uso dell’acqua per i fabbisogni primari. Questa è una delle ipotesi sul tavolo della Commissione delle politiche agricole della Conferenza. L’intenzione dei governatori, sempre secondo quanto si apprende, sarebbe di chiedere in maniera compatta al Governo lo stato di emergenza al Nord. In alcuni territori, inoltre, ci sarebbero già accordi con le aziende energetiche per l’aumento della percentuale di uso di acque lacustri a scopi umani o agricoli.
Le Regioni chiederanno al Governo la dichiarazione dello Stato di emergenza per la siccità, allo scopo di dare priorità all’uso umano e agricolo della risorsa idrica, e di mettere a disposizione risorse, anche del Pnrr, per creare nuovi invasi. Lo ha riferito all’ANSA l’assessore veneto all’Agricoltura, Federico Caner, coordinatore della commissione politiche agricole della Conferenza delle Regioni. Questi punti sono stati inseriti all’Ordine del Giorno della Conferenza delle Regioni, previste per dopodomani, mercoledì 22 giugno.
“Viviamo già gli effetti dei cambiamenti climatici e dovremmo iniziare a gestire la risorsa idrica in maniera differente e sostenibile”, ha detto ai microfoni di iNews24, Stefano Mariani, ricercatore dell’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale”, sull’allarme siccità che in queste ultime settimane sta affrontando il Nord Italia. “Se non attuiamo politiche per ridurre il gas serra ci ritroveremo ad affrontare sempre più eventi di siccità. Da uno studio di Ispra è emerso che negli ultimi trent’anni (1991-2020) la disponibilità della risorsa idrica si è ridotta di circa il 19% rispetto al trentennio storico (1921-1950)”.
Secondo Mariani, quindi “sono necessarie politiche sia per ridurre il gas serra sia per gestire la risorsa idrica in un’ottica di adattamento e sostenibilità. Costruire nuovi invasi come suggeriscono alcune associazioni, creerebbe un impatto sull’impermeabilizzazione del suolo. Da una parte stoccheremmo l’acqua, dall’altra ridurremmo la ricarica delle falde, che sono un’altra fonte di approvvigionamento. La soluzione va pensata non solo per risolvere l’emergenza, ma anche in un più ampio contesto”.
Il ricercatore ha affermato che l’emergenza idrica va prevenuta: “Servono investimenti e politiche nazionali, oltre che una visione a medio e lungo termine. L’obiettivo non deve essere risolvere l’emergenza, ma porre le basi per prevenirla. Dopo l’emergenza del 2017, cominciata al Nord ma che poi si estesa al resto d’Italia, si investì nelle infrastrutture. Adesso, grazie a quegli investimenti la situazione, in alcuni territori, è stata più gestibile. Quindi è chiaro che servono investimenti nel settore della gestione della risorsa idrica”.
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