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È RIVOLTA CONTRO BORIS JOHNSON, SI STUDIA COME TOGLIERGLI LA FIDUCIA


Il primo ministro britannico Boris Johnson

“Domani presenteremo il più grande taglio fiscale degli ultimi dieci anni, ma stiamo anche investendo somme record in infrastrutture, competenze e tecnologia per aumentare la produttività in tutto il Regno Unito. Questo è il modo responsabile e a lungo termine per affrontare il costo della vita e aprire la strada a ulteriori tagli alle tasse”, ha scritto ieri Boris Johnson su Twitter. Un ultimo tentativo di risalita mentre tutto ha continuato ad andargli storto.  Perché in poche ore ha dovuto digerire  le dimissioni di Rishi Sunak, Cancelliere dello Scacchiere e Sajid Javid, Segretario di Stato per la salute e gli affari social, che si sono dimessi a dieci minuti l’uno dall’altro con una mossa apparentemente coordinata che ha inferto un colpo potenzialmente fatale al presidente del Consiglio. Sunak, ha scritto The Times, ha detto di essersi dimesso “perché vale la pena lottare per standard elevati in politica” e perché “non possiamo continuare così” ha aggiunto di fatto asserendo che non voleva più fare parte di un Governo alla cui guida c’è qualcuno che evidentemente non stima più come un tempo.

Gli oppositori di Johnson hanno detto che avrebbero spinto per un secondo voto sulla fiducia al primo ministro prima della pausa estiva se Johnson non avesse accettato di dimettersi prima. Ma il premier nonostante questo tsunami incombente non sembra dell’idea di dire addio al suo scranno a Downing Street, e dice di essere invece determinato a continuare e a combattere. Le battaglie però non si combattono da soli. I ribelli conservatori si aspettano che Sir Graham Brady, presidente del Comitato dei backbencher, dica a Johnson che non ha più il sostegno della maggioranza e che il suo tempo al numero 10 è finito e sperano anche di poter ottenere la maggioranza sull’esecutivo del comitato alle elezioni della prossima settimana. Per un semplice motivo. Perché ciò consentirebbe loro di modificare le regole della leadership del partito in modo da poter tenere un secondo voto di fiducia su Johnson prima del prossimo maggio. Il primo ministro è sopravvissuto a un voto di fiducia il mese scorso, dopodiché le norme attuali prevedono che non possa essere impugnato per 12 mesi.

Dopo l’addio di Sunak e Javid, altri se ne sono andati, Jonathan Gullis, Saqib Bhatti e Nicola Richards, tutti segretari privati ​​parlamentari che hanno pure loro rassegnato le dimissioni. Anche Bim Afolami, vicepresidente del partito, ha rassegnato le dimissioni, insieme ad Alex Chalk, procuratore generale, e Andrew Murrison, inviato commerciale in Marocco. Gli unici a dare sostegno a Johnson sono rimasti Dominic Raab, il vice primo ministro, Truss e Priti Patel, il ministro degli interni, hanno tutti detto che sarebbero rimasti in carica. Anche stretti alleati del primo ministro si sono radunati, con Jacob Rees-Mogg che ha suggerito che le dimissioni di Sunak potrebbero essere positive per Johnson. “Penso che un governo funzioni meglio quando ha un cancelliere e un primo ministro che lavorano fianco a fianco”, aggiungendo che Johnson potrebbe ancora vincere un futuro voto di fiducia.  “Vedremo cosa succederà. Potrebbe benissimo vincere e costituzionalmente, può andare fino a quando non perde un voto alla Camera dei Comuni”.

Sette britannici su dieci secondo un sondaggio di YouGov, hanno affermano che Johnson dovrebbe dimettersi, registrando un aumento di 11 punti sul numero di persone a favore delle dimissioni del primo ministro dal 9 giugno

Nadhim Zahawi, che prima si occupava di istruzione, passerà al Tesoro con il non invidiabile compito di guidare il Paese attraverso una grave crisi del costo della vita e dovrà trovare un percorso per aiutare le famiglie in difficoltà in un modo appetibile per i conservatori scontenti delle misure adottate finora. È probabile che gli venga anche chiesto di trovare modi per tagliare le tasse visto che  il carico fiscale ora è al suo livello più alto dagli anni ’40.

Johnson due giorni fa nel corso di una riunione di parlamentari ha detto: “So che siete tutti avidamente a favore dei tagli alle tasse e gli eventi di stasera potrebbero rendere facile la realizzazione di questo obiettivo”.

Ma se succedesse che….

Secondo le regole della leadership conservatrice, a meno che non decida di dimettersi, Boris Johnson è teoricamente al sicuro al 10 di Downing Street fino al prossimo maggio. Nella pratica però i parlamentari conservatori potrebbero trovare il modo di cacciarlo.

Come? Per esempio forse potrebbe bastare una visita di Sir Graham Brady, presidente del 1922 Committee, formalmente noto come Comitato dei Membri Privati ​​Conservatori ,  il gruppo parlamentare del Partito Conservatore alla Camera dei Comuni del Regno Unito, composto da tutti i membri conservatori di backbench del Parlamento.  Brady nel 2019 disse a Theresa May che il suo tempo era scaduto, anche se era sopravvissuta a un voto di fiducia solo sei mesi prima. Le comunicò che aveva perso la fiducia della maggioranza dei parlamentari conservatori e che se non si fosse ritirata le regole sarebbero state modificate per consentire un altro voto sulla fiducia per mandarla via, prima della scadenza.

L’altro modo per estromettere Johnson? L’esecutivo del Comitato del 1922 potrebbe decidere di modificare le regole per consentire un altro voto di fiducia prima della nomina del suo successore, ma questa soluzione non sarebbe così semplice. In alternativa, potrebbe aspettare che si svolgano le elezioni, con la nuova riunione del comitato per decidere cosa fare. 

Ad ogni modo, prima che finisca la pausa estiva fino al 21 luglio, si prefigurerebbe un’altra possibilità per attivarsi sul voto di fiducia. Se Johnson vincesse, sarebbe al sicuro, ma se perdesse le  elezioni per la leadership non risulterebbe più idoneo a candidarsi. Ed ecco perché.

Le elezioni per la leadership conservatrice hanno due fasi: una fase per i parlamentari e una fase per l’adesione. Brady è responsabile della prima fase, in cui l’obiettivo è ridurre il numero di candidati agli ultimi due, che poi dovranno essere giudicati dai membri del partito.

I parlamentari ottengono un voto ciascuno e non esiste un sistema preferenziale. È un voto segreto. Il candidato con il minor numero di voti viene eliminato e tutti gli altri procedono ad un’altra votazione, finché ne rimangono solo due e a quel punto inizia la battaglia finale che attraverso lo scrutinio postale deciderà la nomina del nuovo o della nuova premier (nel 2019 Johnson ha battuto Jeremy Hunt dal 66% al 34%, Ndr).



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