Passa la fiducia al premier Draghi in Senato, ma con soli 95 voti favorevoli: il risultato più basso che il governo ha ottenuto in questa legislatura.
Un numero esiguo per proseguire il cammino del governo. Oggi il presidente del Consiglio annuncerà nell’aula della Camera, all’inizio della discussione generale, la propria intenzione di andare a dimettersi al Quirinale. La seduta è convocata per le ore 9:00. Mario Draghi con 95 voti favorevoli (133 erano i votanti e per avere la maggioranza assoluta auspicata da Draghi mancano 38) ha deciso di fare un passo indietro.
Una giornata difficile quella di ieri che è scivolata verso la crisi alle cinque del pomeriggio, quando il premier – che al Senato ha reso ‘comunicazioni fiduciarie’ chiedendo alle forze politiche di ricostruire il patto di unità nazionale alla base del suo mandato – ha posto la fiducia su una risoluzione di Pier Ferdinando Casini dal testo stringato: “Il senato, udite le comunicazioni del presidente del Consiglio dei ministri, le approva”.
Sul fronte del no non solo del Movimento 5 Stelle e Fratelli d’Italia, ma anche il “centrodestra di governo”, come hanno continuato a definirsi fino all’ultimo Lega e Forza Italia, che certifica la fine delle larghissime intese. Non c’è più quella unità nazionale che, nelle parole del premier in Aula, che garantiva “legittimità democratica ed efficacia” all’esecutivo. La fiducia, tecnicamente, Draghi la incassa comunque da parte di Pd, Leu Ipf, il centro di Toti. Non sono bastati, quindi, i 5 giorni di decantazione che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella aveva imposto al premier prima di rendere definitive le dimissioni, annunciate perché era venuto meno quel “patto di fiducia” che Draghi ha riproposto al Parlamento. I 5 Stelle, hanno detto: “Noi ci siamo” ma “con una nuova maggioranza e un nuovo governo”. Una posizione dura, su cui Lega e Fi arrivano unite in Aula, anche se gli smottamenti iniziano subito dopo, con l’addio, che fa rumore, di Mariastella Gelmini al suo partito asserendo che “il suo partito ha voltato le spalle al popolo italiano”.
La risoluzione di Casini
Basta ambiguità, è la richiesta del premier nei 36 minuti del suo intervento. Si rivolge, senza citarli direttamente, soprattutto a Lega e M5s che non a caso non si uniscono all’applauso che segue la fine del discorso in Aula. La Lega non applaude mai, notano con una certa soddisfazione gli alleati di Fdi. Draghi nel suo discorso ritorna su argomenti chiave che stanno a cuore a molti italiani, la riforma delle pensioni, il reddito di cittadinanza, il mantenimento degli obiettivi di transizione ecologica, le criticità del Superbonus. E respinge l’accusa di diversi senatori di avere di fatto chiesto “i pieni poteri”: “La democrazia – quasi sibila – è parlamentare ed è la democrazia che rispetto e riconosco”. Per tentare fino all’ultimo di salvare il salvabile i partiti della oramai ex maggioranza chiedono ancora un’ora e mezza di tempo. “Abbiamo fatto il possibile” per evitare l’epilogo peggiore di una giornata “drammatica”, dice a caldo il Pd, che più di tutti si è speso per scongiurare il voto anticipato. Una “pagina nera per l’Italia”, la politica “ha fallito”, aggiunge Di Maio. E ora, prevede Enrico Letta, “si andrà a elezioni rapidamente”. Ma a decidere i tempi sarà il Quirinale dove Draghi dovrebbe appunto salire, dopo il passaggio, probabilmente rapido, a Montecitorio per annunciare che si dimetterà. «Il vero responsabile della crisi di Governo è Draghi. Non come raccontano i giornali Conte. Il vero irresponsabile è Draghi» così l’ex ministro e senatore M5S Danilo Toninelli in un video pubblicato sui social ieri.
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