Il caldo estremo in Europa e in altri paesi del Mediterraneo sta preoccupando gli scienziati che segnalano eccezionali aumenti della temperatura che vanno da 3 gradi Celsius (5,4 Fahrenheit) a 5 gradi Celsius (9 Fahrenheit) al di sopra della norma per questo periodo dell’anno. La temperatura dell’acqua ha regolarmente superato i 30 C (86 F) in alcuni giorni a causa delle correnti oceaniche che creano aree di acqua calda.
La situazione è “molto preoccupante”, ha spiegato Joaquim Garrabou, ricercatore dell’Istituto di scienze marine di Barcellona ad AP. “Stiamo spingendo il sistema troppo oltre. Dobbiamo agire il prima possibile sulle questioni climatiche”.
Garrabou fa parte di un team che ha recentemente pubblicato il rapporto sulle ondate di calore nel Mar Mediterraneo tra il 2015 e il 2019. Il rapporto afferma che questi fenomeni hanno portato a una “massiccia mortalità” delle specie marine. Circa 50 specie, tra cui coralli, spugne e alghe, sono state colpite lungo migliaia di chilometri di coste del Mediterraneo, secondo lo studio, pubblicato sulla rivista Global Change Biology. E nel Mediterraneo orientale la situazione è particolarmente grave.
Le acque al largo di Israele, Cipro, Libano e Siria sono “di sicuro il punto caldo più caldo del Mediterraneo”, ha Gil Rilov, biologo marino presso l’Istituto di ricerca oceanografica e limnologica di Israele e uno dei coautori dell’articolo. Le temperature medie del mare in estate ora sono costantemente superiori a 31 °C (88 °F). E questo non ci può fare stare tranquilli più così a lungo perché il riscaldamento dei mari sta portando molte specie autoctone sull’orlo del baratro, perché ogni estate viene superata la loro temperatura ottimale, provocando un costante e irreversibile impoverimento della biodiversità che nei prossimi anni si concentrerà più a ovest del Mediterraneo verso Grecia, Italia e Spagna.
E questo stato malsano e disfunzionale secondo Garrabou creerà parecchi problemi. Perché i mari hanno sempre servito il pianeta assorbendo il 90% del calore in eccesso della terra e il 30% dell’anidride carbonica emessa nell’atmosfera dalla produzione di carbone, petrolio e gas. E questo effetto di dissipazione del carbonio ha protetto il pianeta da effetti climatici ancora più rigidi. “Ma ora non è più così”, dice l’esperto, “semplicemente perché oceani e mari non sono più in buone condizioni”.
Quindi ora non solo resta fondamentale ridurre le emissioni di gas serra della terra se si vuole ridurre il riscaldamento del mare, ma è necessario anche attivarsi per garantire che il 30% delle aree marine sia protetto dalle attività umane come la pesca, che darebbe alle specie una possibilità per recuperare e prosperare. Le ondate di calore terrestre sono diventate sempre più frequenti in molti paesi del Mediterraneo e si verificano quando il clima è particolarmente caldo, non piove e non c’è vento. Lo abbiamo testato tutti a giugno, a luglio e in agosto fino a pochi giorni fa. Il danno di queste temperature fuori controllo non causa solo siccità e incendi, ma scatena ondate di calore che si ripercuotono sul mare provocando danni irreversibili a flora e fauna. Di fatto le ondate di calore terrestri e marine si alimentano a vicenda. E questo ciclo vizioso potrebbe avere gravi conseguenze per i paesi che si affacciano sul Mediterraneo e per gli oltre 500 milioni di persone che ci vivono, se non verranno affrontate al più presto delle azioni di recupero, affermano gli scienziati. Quello che è certo secondo Garrabou è che se continuiamo ad andare in questa direzione, la biodiversità bene o male troverà il modo di sopravvivere sul pianeta, mentre gli esseri umani, non avranno più un posto dove vivere.
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