L’aumento dei costi energetici, balzato fino “al +500%” a luglio, “pesa come un macigno sui bilanci delle imprese del terziario mettendo a serio rischio la prosecuzione dell’attività di tante aziende.
Noi stimiamo a rischio chiusura, in un orizzonte temporale che arriva al primo semestre 2023, 120mila imprese del terziario, con un rischio occupazione di circa 360mila posti di lavoro”.
Lo ha detto il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, ospite di Rtl 102.5, sottolineando che “l’autunno sarà decisivo”.
Nella distribuzione alimentare nel primo semestre dell’anno, ha evidenziato, “registravamo un aumento dei costi energetici del 100%, che da luglio balza al +500%. Le bollette di alberghi, bar e ristoranti sono triplicate rispetto ad un anno fa. Chi ha fatto investimenti su veicoli a gas metano nell’autotrasporto oggi è costretto a fermarli perché l’aumento dei costi è diventato insostenibile. Senza dimenticare l’impatto dell’aumento dei carburanti che, nonostante la riduzione delle accise, continua ad essere molto elevato con incrementi di circa il 30% per la benzina e del 35% per il gasolio dall’inizio della pandemia ad oggi”.
Il caro energia oggi è “la vera emergenza”, ha detto ancora Sangalli, sostenendo che sono necessarie “risposte immediate a livello europeo puntando alla fissazione di un tetto al prezzo del gas e alla revisione del prezzo dell’elettricità”. Tra gli altri “interventi urgenti”, secondo il presidente di Confcommercio, bisogna “rendere più inclusivi i crediti di imposta fruibili anche da parte dei cosiddetti non energivori e non gasivori e ampliare l’orizzonte temporale per la rateizzazione delle bollette, almeno per tutto l’anno in corso. Ancora, sul fronte carburante vanno poi prorogate la riduzione delle accise e l’Iva al 5% sul metano per autotrazione e vanno rafforzate le misure contro il caro carburanti per il trasporto pesante”.
Il 10 agosto È stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto Legge 9 agosto 2022, n. 115 recante “Misure urgenti in materia di energia, emergenza idrica, politiche sociali e industriali”. In linea di continuità con il Decreto Aiuti (D.L. 17 maggio 2022, n. 50, convertito con modificazioni in L. 15 luglio 2022, n. 91), il c.d. Decreto Aiuti bis implementa una serie di misure in materia di energia, politiche sociali e industriali per contrastare di effetti economici della crisi internazionale. Ora il Decreto aiuti messo a punto dal Governo pari a 13,6 miliardi che punta a mettere insieme con l’extragettito fiscale di agosto (6,2 miliardi), con la ricontabilizzazione degli extra profitti delle società energetiche e ulteriori recuperi tra le pieghe del bilancio, andando a ripescare eventuali fondi non utilizzati, di fatto un bel gruzzoletto, la prossima settimana in Parlamento dovrà ottenere, a maggioranza assoluta, affinché ci sia il via libera all’utilizzo di queste risorse. Con l’obiettivo primario di alleggerire l’impatto dell’incremento dei prezzi dei prodotti energetici, nonché di prolungare la sterilizzazione del caro carburanti (garantita, con l’ultimo decreto Mite-Mef, fino al prossimo 5 ottobre). Non prima di aver chiuso, però, la partita sulla conversione del decreto aiuti bis, il cui percorso, stretto tra i paletti dell’economia, che non vuole allentare cordoni della borsa, e il pressing dei partiti intenzionati, al contrario, ad allargare le maglie del provvedimento, appare al momento accidentato.
L’obiettivo, tra il Governo e l’Europa, è lo stesso: alleggerire l’impatto delle bollette garantendo una boccata d’ossigeno alle famiglie e alle imprese strozzate dai prezzi dell’elettricità e del gas. La cui impennata, iniziata molto prima della guerra, è stata però amplificata dal prolungarsi del conflitto tra Russia e Ucraina e dalla strategia a singhiozzo sul gas messa in campo da Vladimir Putin attraverso il colosso statale russo Gazprom. Ma quali sono le soluzioni allo studio, tra Roma e Bruxelles, per calmierare gli effetti del caro energia? Il premier Mario Draghi è convinto che l’unica soluzione in grado di abbassare la curva del prezzo del gas sia l’individuazione di un tetto europeo (il cosiddetto price cap, che identificherebbe il livello massimo sul prezzo), non limitato al solo metano assicurato da Mosca. Ma su questo punto, nonostante gli ultimi passi avanti registrati, venerdì scorso, al tavolo del Consiglio straordinario dei ministri Ue dell’Energia, dove per l’Italia era presente il ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, manca ancora una quadratura del cerchio. In attesa di una svolta a livello europeo, il governo italiano sta comunque lavorando su un nuovo decreto aiuti per ridurre l’impatto dei costi dell’energia che restano assai elevati e i cui contenuti si andrebbero ad aggiungere alle misure già varate dall’esecutivo nei mesi scorsi. Il focus del nuovo provvedimento dovrebbe essere rappresentato dalle imprese, ma allo studio ci sarebbero anche ulteriori risposte per ridurre l’impatto delle prossime fatture sulle famiglie. Una di queste è il possibile innalzamento del tetto Isee (l’indicatore della situazione economica equivalente, la lente che misura la condizione economica di ciascuno) per l’accesso al bonus sociale, lo sconto previsto in bolletta per le famiglie in condizioni di disagio economico e fisico. Attualmente, come stabilito dal decreto Ucraina, l’asticella è fissata a 12mila euro per tutto il 2022. L’ipotesi su cui si starebbe ragionando è quella di portare quel livello a 15mila euro ampliando la platea dei destinatari del beneficio. L’altra ipotesi sarebbe quella di offrire l’opportunità di rateizzare delle bollette. Già previsto nei mesi scorsi dal governo con dei piani di pagamento in 10 mesi e la facoltà per i clienti domestici in difficoltà con i pagamenti di rateizzare l’esborso per le bollette fino al 30 giugno, lo strumento potrebbe essere ora replicato ed esteso anche alle microimprese, ma non è ancora chiaro per quanto tempo (si parla di 4-7 mesi).
Per fornire un sostegno concreto alle imprese, potrebbe invece arrivare una proroga dei crediti d’imposta già garantiti fino al terzo trimestre per energivori e gasivori, nonché per le aziende dotate di contatori di energia elettrica di potenza disponibile pari o superiore a 16,5 kW (e con un incremento del costo relativo al KWh fra il 1° trimestre 2019 e il 1° trimestre 2022 superiore al 30%) e per le non gasivore purché, anche in questo caso, abbiano subito un aumento del costo del gas superiore al 30% rispetto allo stesso periodo di confronto considerato per le altre aziende. Tra le misure allo studio del governo anche una nuova dose dell’ammortizzatore per i settori più colpiti dal caro energia e scarsità di materie prime. La cig scontata, senza cioè pagare le addizionali, era stata già prevista dal decreto Energia di marzo, ed è andata ai cinque settori più in difficoltà (siderurgia, legno, ceramica, automotive, agroindustria). Questo ammortizzare è scaduto lo scorso 31 maggio. I contorni dell’intervento non sono ancora stati messi a punto. Il punto di caduta finale dipenderà dalle risorse a disposizione, ma una prima stima, parla di 3-400 milioni. Venerdì scorso, la riunione straordinaria dei ministri Ue dell’energia ha definito alcune linee d’intervento per un pacchetto di nuove misure contro il caro energia: coordinamento per una riduzione intelligente dei consumi elettrici, supporto alla liquidità del settore, tetto ai ricavi dei produttori di infra-marginali (vale a dire degli operatori che producono energia elettrica usando fonti più economiche del gas, dalle rinnovabili al carbone) e contributo di solidarietà da parte delle imprese energetiche che operano nelle fonti fossili. Su questi punti la Commissione europea dovrà formulare delle proposte legislative che andranno al vaglio, martedì prossimo, della riunione settimanale dei commissari, alla vigilia della sessione plenaria del Parlamento europeo in agenda per il giorno dopo, mercoledì prossimo, durante la quale la presidente Ursula Von der Leyen pronuncerà il suo discorso sullo stato dell’Unione.
Più complicato, invece, appare il percorso per un tetto europeo al prezzo del gas. Anche se venerdì scorso, il ministro Cingolani al termine della riunione straordinaria con i suoi colleghi europei ha detto che sono stati registrati importanti passi avanti. La proposta italiana di un price cap allargato che valga cioè non solo per il gas russo ma per tutto il metano che viaggia attraverso i gasdotti ha di fatto incontrato il parere favorevole di molti stati. Ma non di tutti. Alcuni Paesi solo per citarne alcuni, l’Ungheria, la Repubblica Ceca, l’Olanda e anche la Germania pare siano poco propensi ad appoggiare totalmente la soluzione prospettata dal governo Draghi, e ciò potrebbe portare a un nulla di fatto nei prossimi giorni. Rimandando la discussione nel campo del Consiglio europeo dei capi di Stato e di governo che si riunirà a Praga il 6-7 ottobre.
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