Al midterm mercoledì scorso i repubblicani hanno conquistato la maggioranza alla Camera degli Stati Uniti, raggiungendo la soglia dei 218 seggi, dopo la vittoria nel 27° distretto della California del repubblicano Mike Garcia, che era in testa al conteggio di punti percentuali a due cifre. I pronostici politici avevano predetto che un’ondata rossa avrebbe inondato la Camera con dozzine di nuovi legislatori repubblicani, ma poi l’ondata non c’è stata e ora solo una manciata di gare eccezionali potrebbe fare guadagnare qualche posto in più ai repubblicani. Un piccolo vantaggio che non renderebbe loro la vita più facile visto che dovrebbero contare su una maggioranza piuttosto risicata.
Ora c’è chi fa spallucce e pensa al presente ossia al fatto che la vittoria di Garcia abbia dato ai repubblicani il martelletto e il pieno controllo del programma della Camera, ponendo fine al controllo democratico del governo e bloccando l’agenda del presidente Biden. Il presidente Biden ha rilasciato una dichiarazione subito dopo che i repubblicani hanno superato la soglia della maggioranza. Si è impegnato a lavorare con i repubblicani e ha segnalato che la decisione degli elettori di mettere un altro partito alla guida della Camera ha inviato un messaggio che non ignorerà. “In queste elezioni, gli elettori hanno espresso chiaramente le loro preoccupazioni: la necessità di ridurre i costi, proteggere il diritto di scegliere e preservare la nostra democrazia”, ha detto Biden, citando le questioni democratiche chiave con le ultime due preoccupazioni. “Il futuro è troppo promettente per essere intrappolato in una guerra politica. Il popolo americano vuole che facciamo le cose per loro. Vogliono che ci concentriamo sui problemi che contano per loro e sul miglioramento delle loro vite. E lavorerò con chiunque, repubblicano o democratico, sia disposto a lavorare con me per ottenere risultati per loro “, ha aggiunto. Oltre a controllare l’aula, i repubblicani controlleranno anche i comitati della Camera, mettendoli in grado di intensificare le indagini sull’amministrazione Biden e sui rapporti commerciali della famiglia Biden, cosa che si sono impegnati a lungo a fare. I repubblicani alla Camera hanno controllato la maggioranza dal 1995 al 2007, perdendo dozzine di seggi a favore dei democratici nelle seconde elezioni di medio termine sotto il presidente George W. Bush. I repubblicani hanno ripreso il martelletto nell’ondata di tea party del 2010, quando gli elettori hanno respinto l’agenda democratica sotto il presidente Obama. I democratici sono tornati al potere nel 2018, questa volta a causa dell’insoddisfazione degli elettori per i primi due anni in carica del presidente Trump. Ora i democratici consegneranno ancora una volta il martelletto ai repubblicani, e ciò, come si è appreso in queste ore, ha determinato la decisione della presidente della Camera Nancy Pelosi, 82 anni, di dare le dimissioni. Formalmente per motivi di età, e per la sua decisione di dare il posto ai giovani, visto che è in carica dal 2003, di fatto perché la Pelosi ha voluto dire addio prima di subire l’onta di essere messa alla porta dai tanto combattuti repubblicani. Il suo posto ora dovrebbe essere occupato da Kevin McCarthy, 57 anni, che ha vinto la nomination questa settimana, ma più di 30 repubblicani hanno votato contro di lui. Dopodiché, il compito dei repubblicani sarà anche quello di fare da freno all’attività legislativa dei democratici al Senato. Tenuto conto che anche per loro la strada sarà in salita perché qualsiasi grande legge politica approvata dai repubblicani è destinata a morire al Senato, dove i democratici hanno mantenuto la loro maggioranza. Ora la prossima partita sarà quella delle elezioni. Solo se vinceranno la gara per conquistare il comando del Campidoglio potranno sperare di riconquistare il Senato e la Casa Bianca.
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