A un mese dal suo giuramento, il Governo ha già avviato un primo tavolo di confronto con tutte le associazioni di categoria. La premier ha difeso la manovra all’Assemblea di Confindustria Veneto e in collegamento video, all’Assemblea dicendo: “Certo, avremmo voluto avere più tempo per confrontarci soprattutto prima della legge di bilancio, ma la nostra è stata ed è una corsa contro il tempo. Abbiamo dovuto definire la manovra di bilancio in tempi molto ristretti, abbiamo dovuto scrivere questa manovra senza rinunciare a delineare, attraverso le nostre prime misure e, soprattutto, attraverso questa che è la misura principe dell’anno di un Governo, una traiettoria che fosse il più possibile nitida, scelte che dessero un’indicazione su quelle che saranno le priorità della nostra azione. Tra quelle priorità c’è certamente la crescita economica, a partire ovviamente dalla messa in sicurezza del tessuto produttivo – in particolare in riferimento alla principale emergenza che abbiamo di fronte, ovvero il caro energia – l’attenzione verso chi produce e il rafforzamento del ceto medio, ma anche il sostegno alle fasce sociali più deboli, alla famiglia, alla difesa del potere d’acquisto dei cittadini, ai redditi più bassi. Sono molte le misure che abbiamo cercato di mettere in campo, nonostante la ristrettezza dei tempi e delle risorse, atteso che i 30 miliardi che avevamo liberato con la nota di aggiornamento al documento di economia e finanza sono andati interamente sul caro bollette per sostenere le famiglie e le imprese. Questo non ci ha impedito, però, di mantenere alcuni impegni presi, di dare alcuni segnali, come quello di incrementare del 50% l’assegno unico per i figli nel primo anno di vita del bambino e nei primi tre anni per le famiglie che hanno 3 o più figli, la riduzione al 5% dell’IVA per i prodotti di prima infanzia, i 500 milioni per combattere il caro carrello per famiglie più deboli. Così come abbiamo deciso di rendere strutturali le misure in sostegno delle persone con disabilità e previsto una indicizzazione delle pensioni che aiutasse soprattutto gli importi più bassi, partendo da una rivalutazione del 120% alle pensioni minime. Abbiamo fatto degli interventi che incarnano una visione sociale, lo dico a voi perché questo Governo condivide con la Confindustria questa visione sociale. E lo dico a voi perché, insieme a queste scelte, la gran parte delle risorse e dei provvedimenti è stata dedicata proprio alle realtà produttive, per ribadire un principio che troppo spesso in passato era stato messo in discussione e su cui invece questo Governo ha le idee ben chiare: non esiste welfare, non c’è Stato sociale se non c’è a monte chi genera ricchezza”. Difatti oltre ai miliardi già stanziati col decreto energia, nella manovra nove miliardi di euro sono stati stanziati per incrementare il credito di imposta da riconoscere alle aziende per fronteggiare il caro energia, il Governo ha poi alzato il credito di imposta dal 40% al 45% per le imprese energivore e dal 30 al 35% per le altre aziende. E’ stato rifinanziato lo sconto fiscale sulle accise, pur scegliendo di ridurre l’entità dell’intervento, è stato prorogata l’Iva al 5% sul gas naturale usato per autotrazione. Un altro passo importante fatto è stato quello di sbloccare i giacimenti di gas naturale, attuando quella gas release che consentiràora alle aziende più esposte al rincaro dei prezzi del gas di ottenere energia a costi ridotti. “Perché l’Italia deve tornare a produrre energia e quello che serve deve essere fatto”, ha sottolineato la premier. Nell’elenco dei tagli c’è anche quello del cuneo fiscale del 2% per i redditi fino a 35.000, aggiungendo un ulteriore 1% di taglio del cuneo per i redditi fino a 20.000. “E l’obiettivo ha proseguito Meloni, “è di arrivare ad una riduzione di almeno 5 punti sul cuneo fiscale sui redditi fino a 35.000 euro, 2/3 lato lavoratore, 1/3 lato azienda. E mi corre l’obbligo di ricordare che è una misura che cuba oltre 4,2 miliardi di euro, ovvero lo stanziamento più significativo dell’intera manovra economica dopo le misure per l’energia”, ha precisato il presidente del Governo. “Abbiamo rinviato l’entrata in vigore della sugar tax e della plastic tax, che avrebbero avuto conseguenze gravi per il nostro sistema industriale. Abbiamo previsto la detassazione dei premi di produttività per lavoratori dipendenti: dal 10% al 5% per un massimo di 3.000 annui, che si aggiunge alla detassazione dei fringe benefit fino a 3000 euro. Abbiamo avviato l’attuazione della proposta che abbiamo sintetizzato nell’espressione “più assumi meno paghi” azzerando la contribuzione per chi assume donne e giovani fino a 36 anni o percettori del reddito di cittadinanza, purché si tratti di maggiore occupazione”. Meloni poi ha fatto sottolineato anche le misure prese per i lavoratori autonomi, sia con un innalzamento della tassa piatta per le partite iva con fatturato fino a 85.000 euro – prima 65.000 – sia introducendo una tassa piatta al 15% sull’incremento del reddito rispetto al massimo livello del triennio precedente.
Il reddito di cittadinanza
Il governo ha deciso di dare un taglio all’assistenzialismo inutile escludendo dai percettori, dalla fine del prossimo anno, chi è in condizione di lavorare, perché uno Stato giusto non mette sullo stesso piano dell’assistenza chi può lavorare e chi non può farlo. Nel 2023, per queste persone, il reddito di cittadinanza non si potrà percepire per più di otto mesi – un periodo ponte che ci serve a mettere in campo le misure necessarie ad aiutare queste persone ad essere inserite nel mercato del lavoro – e in ogni caso il reddito decadrà alla prima offerta di lavoro che viene rifiutata. “Una misura di buon senso che intendiamo difendere da ogni attacco strumentale”, ha concluso Meloni.
Emendamento al decreto legge anti rave
La norma anti rave è stata modificata con un emendamento per “rendere più efficace il contrasto delle condotte illecite che si vuole perseguire”, ha detto il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, annunciando il cambiamento del testo col cambiamento anche del numero dell’articolo, non più il 434 bis, ma il 633 bis.L’emendamento limita il reato a “chiunque organizza e promuove l’invasione arbitraria di terreni o edifici altrui, pubblici e privati, al fine di realizzare un raduno musicale o avente altro scopo di intrattenimento” quando “dall’invasione deriva un concreto pericolo” per la salute o l’incolumità pubblica a causa dell’inosservanza delle norme su droga, sicurezza e igiene. Escludendo perciò quelle degli studenti o le altre manifestazioni pubbliche.Resta la pena massima di 6 anni per chi organizza o promuove l’occupazione di terreni o edifici per lo svolgimento dei rave. Oltre alla reclusione da 3 a 6 anni, è prevista una multa da mille a 10mila euro oltre che ” la confisca delle cose che sono servite o sono state destinate a commettere il reato, nonché delle cose che ne sono il prodotto o il profitto”.
No all’introduzione del salario minimo
Il governo dovrà invece “raggiungere l’obiettivo della tutela dei diritti dei lavoratori attraverso una serie di iniziative, a partire dall’attivazione di percorsi interlocutori tra le parti non coinvolti nella contrattazione collettiva, “per monitorare e comprendere motivi e cause della non applicazione”. Lo prevede la mozione di maggioranza approvata dall’Aula della Camera con 163 voti a favore, 121 no (M5S, Pd e AVS) e 19 astenuti (i deputati del Terzo Polo). Respinti i testi delle opposizioni: i presentatori non hanno accettato le riformulazioni proposte dal governo. Pd, M5s e Alleanza Verdi e Sinistra si sono compattate alla Camera sul voto per le mozioni sul salario minimo. Tutte e tre i gruppi hanno infatti votato in modo incrociato a favore di tutte le mozioni presentate per l’introduzione del salario minimo. Il testo impegna il Governo “a raggiungere l’obiettivo della tutela dei diritti dei lavoratori non con l’introduzione del salario minimo, ma attraverso le seguenti iniziative: a) attivare percorsi interlocutori tra le parti non coinvolte nella contrattazione collettiva, con l’obiettivo di monitorare e comprendere, attraverso l’analisi puntuale dei dati, motivi e cause della non applicazione; b) estendere l’efficacia dei contratti collettivi nazionali comparativamente più rappresentativi, avvalendosi dei dati emersi attraverso le indagini conoscitive preventivamente svolte a livello nazionale, alle categorie di lavoratori non comprese nella contrattazione nazionale; c) avviare un percorso di analisi rispetto alla contrattazione collettiva nazionale, che, soprattutto in certi ambiti, coinvolge un gran numero di lavoratori, alla luce della frequente aggiudicazione di gare che recano in loro seno il concetto della migliore offerta economica”.
Pensioni
Il governo lavora ad una possibile modifica della norma relativa ad Opzione donna, inserita in manovra. Lo si apprende da diverse fonti della maggioranza. Un’eventuale modifica, tuttavia, è legata al problema delle coperture: la norma attuale, che limita l’anticipo pensionistico alle sole lavoratrici svantaggiate, restringe molto la platea e per modificarla servono risorse aggiuntive. La clausola che lega l’uscita anticipata dal lavoro al numero dei figli continua a far discutere e il governo è al lavoro per trovare una soluzione. La partita si giocherà tutta in Parlamento, dove la manovra con i suoi quasi 36 miliardi di risorse e un tesoretto limitato di 400 milioni per le modifiche inizia il suo iter: un percorso ad ostacoli con molti nodi ancora aperti, a partire dal superbonus; ma anche una corsa contro il tempo, con l’approdo in Aula alla Camera già fissato per il 20 novembre. L’ultima versione di Opzione donna, oggetto nei giorni scorsi di varie riscritture da parte del governo, appare molto restrittiva rispetto alla versione originaria, limitando la possibilità di andare in pensione anticipatamente a tre sole categorie di lavoratrici (caregiver, invalide almeno al 75% e licenziate o dipendenti di aziende in crisi); l’età è fissata a 60 anni, soglia che può scendere di un anno per ogni figlio fino ad un massimo di due. A preoccupare è proprio quest’ultima clausola, che rischia di penalizzare le donne che non ne hanno. L’argomento è stato al centro di riunioni informali alla Camera tra la ministra del lavoro Marina Calderone e alcuni esponenti della maggioranza. La strada appare stretta, legata anche al tema delle coperture, ma si sta cercando una mediazione e tra le ipotesi ci sarebbe quella di eliminare il passaggio, rinviando comunque l’intero tema alla riforma complessiva delle pensioni da fare il prossimo anno. Tema quest’ultimo che vede i sindacati già sul piede di guerra: con i tagli alle rivalutazioni si tolgono al sistema 17 miliardi in tre anni, attacca la Cgil, che con la Uil è già pronta alla mobilitazione (più cauta la Cisl). La manovra approderà nell’Aula della Camera il prossimo 20 dicembre alle 10.30 con la discussione generale, secondo quanto ha stabilito la conferenza dei Capigruppo di Montecitorio. Le votazioni avranno inizio dalle 14.
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