Sugli interventi per combattere la divulgazione delle intercettazioni si sta molto discutendo in Italia in questi giorni. Di regola l’intercettazione è autorizzata dal giudice per le indagini preliminari con decreto motivato, su richiesta del pubblico ministero. Nei casi di urgenza, quando c’è fondato motivo di ritenere che dal ritardo possa derivare grave pregiudizio ai fini della prosecuzione delle indagini, è lo stesso pubblico ministero a disporre l’intercettazione con decreto motivato, salvo la necessità della convalida dell’atto entro 48 ore dal giudice per le indagini preliminari (la convalida è necessaria perché così statuisce la Costituzione prevedendo una riserva di giurisdizione). Senza la convalida però l’intercettazione non può essere proseguita ed i risultati acquisiti non possono essere utilizzati.
“Quello che stanno agitando in questi giorni le opposizioni è un falso problema” ha detto ai microfoni di iNews24, Pietro Pittalis, vicepresidente della Commissione Giustizia alla Camera per Forza Italia. “Nessuno contesta o mette in discussione le intercettazioni telefoniche in riferimento ai reati di mafia e terrorismo. Bisogna innanzitutto sgombrare il campo dalle ricostruzioni falsate da parte delle opposizioni e di settori della magistratura. Il ministro Nordio, tutte le forze di maggioranza e anche di opposizione come Italia Viva, hanno ribadito, anche nel corso del dibattito in Camera e Senato, che non ci saranno riforme che toccheranno le intercettazioni su mafia e terrorismo. Il problema è un altro”.
Pittalis ha poi ha posto l’accento sulla diffusione delle intercettazioni telefoniche, ma anche sui costi delle indagini e sull’uso “contra legem” che secondo lui si fa di questo strumento: “Il problema è l’uso indiscriminato e strumentale che si è fatto delle intercettazioni attraverso la divulgazione di conversazioni – talvolta anche prive di rilievo penale o di attinenza alle indagini – che hanno distrutto vite e carriere. Un altro problema riguarda il numero delle utenze intercettate, quindi ai costi relativi, che sono davvero alti se si tiene conto anche del numero di condanne passate in giudicato all’esito di processi nei quali ci si è avvalsi di questo strumento come metodo di ricerca della prova. Inoltre abbiamo potuto verificare anche l’uso delle intercettazioni contra legem: cioè non di ricerca della prova, ma del reato. Tutti questi sono aspetti che il ministro Nordio e anche Forza Italia vogliono mettere in evidenza per intervenire sull’uso distorto che se n’è fatto, anche in merito a persone non indagate”. Andrea Delmastro, parlamentare di Fratelli d’Italia e Sottosegretario di Stato per la Giustizia, ad Agorà su Rai Tre, sugli interventi per combattere la divulgazione delle intercettazioni ha detto che occorre attivare una stretta sui giornali. “Sono allo studio proprio perché ci rendiamo conto che bisogna agire con la massima prudenza rispetto ad un diritto che è il diritto di cronaca”.
“Le intercettazioni sono un elemento di indagine e devono essere circoscritte ad essa anche per il buon funzionamento delle indagini stesse. Per i reati di mafia e terrorismo sono fondamentali. Il governo ha approvato un dl Rave che conteneva il ripristino dell’ergastolo ostativo quindi un primo colpo alla mafia lo ha inferto questo esecutivo. Fdi non ha votato la riforma Cartabia e la modifica approvata ieri in Cdm colma dei buchi”, ha affermato Tommaso Foti, capogruppo di Fdi alla Camera a Coffee break su La7.
“Il dibattito sulla regolamentazione delle intercettazioni rischia di essere “di fatto già superato dalla criminalità organizzata che parla in maniera esplicita di traffici di droga e armi su nuove e sofisticate piattaforma informatiche. Il rischio da contrastare è che voli più veloce delle leggi”, queste le parole del procuratore della Repubblica di Perugia Raffaele Cantone, già a lungo presidente dell’Anac.
“Sono contro il blackout informativo, ma la divulgazione di conversazioni private e penalmente irrilevanti, o di frasi decontestualizzate, è un’altra cosa”, ha sottolineato Giulia Bongiorno, la presidente leghista della Commissione giustizia del Senato.
Il nodo da sciogliere sulle intercettazioni, secondo Erika Stefani, è “l’uso scorretto o l’abuso dell’uso che se ne fa, non da parte dei magistrati, ma dal punto di vista della pubblicazione delle intercettazioni sui media, che crea interpretazioni errate o decontestualizzazioni. Si continua a intervenire, anche nelle ultime legislature, a livello normativo per ben regolamentarle”.
Dal punto di vista normativo, per la capogruppo della Lega in Commissione Giustizia al Senato, si dovrebbe intervenire “anche perché c’è un progresso di tipo tecnologico che la legge deve disciplinare. Penso a Trojan. È uno strumento eccezionale e fondamentale nella lotta alla mafia e al terrorismo, che a volte ha funzionato proprio perché particolarmente invasivo”.
L’ex ministra ha aggiunto che per normare le intercettazioni non si debba cominciare dalla distinzione tra reati più e meno gravi: “Sarebbe semplicistico parlare di intercettazioni per reati più e meno gravi. La questione è una modalità di utilizzo delle medesime. Le audizioni fatte nella scorsa legislatura, anche in Commissione Giustizia, avevano evidenziato un certo tipo di problematiche tecniche, come le trascrizioni, i file o le traduzioni. È un meccanismo complesso, quindi non una questione da reato a reato. Attualmente tutto ciò che è comunicato all’indagato diventa pubblicabile. Invece dovrebbe esserci la distinzione tra notizia rilevante e quella irrilevante. Oggi la norma vuole che notizie irrilevanti vengano distrutte, invece accade che vengano rese pubbliche. Poi – questo lo dico io, non la norma – nel diventare pubblica è anche lesiva del diritto della difesa e dell’accusa, perché viene decontestualizzata, creando un processo fuori dal processo. Quindi il tema è come garantire la possibilità dell’imputato di difendersi e qual è la garanzia anche per fare il processo accusatorio”. Stefani ha spiegato che la Commissione Giustizia al Senato ha avviato una fase di indagine “conoscitiva che servirà alla politica per raccogliere i dati, ascoltare gli esperti, trovare falle. Ce n’è bisogno per avere un panorama completo. Spero che la Commissione non abbia fretta a chiuderla perché è importante avere una visione di insieme per non concentrarsi solo sul tema Trojan, ma anche sulle indagini preliminari, sentendo magistrati, avvocati ed esperti informatici”.
La legge 8 febbraio 2020, n. 7 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 161, recante modifiche urgenti alla disciplina delle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni) per regolamentare le Intercettazioni è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 50 del 28 febbraio 2020. Approvata con 246 voti favorevoli e 169 voti contrari, era entrata in vigore nel maggio 2020. Cosa prevede il provvedimento? Una stretta sulla diffusione delle telefonate, mediante l’introduzione del divieto di pubblicazione per le intercettazioni irrilevanti coperte da segreto e non pubblicabili, al contrario di quelle rilevanti che, una volta inserite nel fascicolo, possono essere rese pubbliche e diffuse. Stabilire la rilevanza delle intercettazioni spetta al Pubblico Ministero e poi al Giudice per le indagini preliminari. Tocca poi alla pubblica accusa selezionare il materiale per stabilire quando una intercettazione è rilevante per le indagini e quando no. Mentre la vigilanza resta un compito del Pubblico Ministero che deve controllare che nella trascrizione delle intercettazioni non siano riportate espressioni “sensibili”. Tale disposizione vale anche per le intercettazioni rilevanti. I pubblici ministeri devono anche controllare che all’interno dei verbali non vengano inserite espressioni lesive della reputazione dei singoli. I verbali devono essere depositati assieme alle registrazioni entro 5 giorni e ai difensori da quel momento è concesso estrarre copia delle intercettazioni rilevanti. Anche l’utilizzo dei Trojan ossia dei captatori informatici ha subito una stretta. Perché con questa legge è stato introdotto l’obbligo di giustificarne l’utilizzo. I Trojan si possono utilizzare non solo per i reati contro la pubblica amministrazione commessi da pubblici ufficiali, ma anche per quelli commessi da incaricati di un pubblico servizio, sempre che si tratti di reati punibili con la pena della reclusione oltre i 5 anni. L’intercettazione mediante utilizzo di Trojan può avvenire anche entro le mura di casa, ma in questi casi, occorre previamente indicare le ragioni che ne giustifichino l’utilizzo.
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