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STAI CHIEDENDO UN MUTUO? ECCO QUALI SONO I CALCOLI PER OTTENERLO


Hai deciso di comprare una casa, ma non sai entro quale fascia di reddito puoi cercare il nido dei tuoi sogni? Beh fare i conti non è così difficile. Di prassi banche, finanziarie quando devono farci i conti in tasca per decidere se concederci o meno un mutuo per acquistare una casa oltre a mettere sotto la lente di ingrandimento la nostra storia creditizia, fanno un semplice calcolo del rapporto debito/reddito (DTI). Di che cosa si tratta? Di un’operazione semplice che si fa prendendo il nostro reddito, i pagamenti correnti e quindi anche eventuali prestiti che stiamo estinguendo a rate. Questo se il passo si fa da soli o in due, ma senza figli al seguito. Invece se chi si appresta ad acquistare una casa è una coppia con figli, i figli se non portano un guadagno ma solo spese, di fatto si trasformano in pesi economici.

 Di prassi i finanziatori si basano sul DTI per calcolare quanto reddito è necessario per pagare un mutuo. Ovviamente chi ha la possibilità di pagare una rata più alta, parte con una marcia in più. 

Mai puntare troppo in alto

La regola base è che la rata del mutuo non superi il 35-40% dello stipendio. Quindi se si ha uno stipendio di 2.000 euro la rata del mutuo non dovrà essere superiore ai 650 – 750 euro mensili. Se ci si approccia a chiedere un mutuo e si ha intenzione anche di cambiare l’auto, meglio posticipare la decisione dell’acquisto della vettura. Perché anche il finanziamento chiesto per l’auto potrebbe pesare negativamente sulla decisione dell’approvazione del mutuo. Inoltre quando si vuole ottenere un mutuo più alto per agevolare l’approvazione del prestito occorre dimostrare di avere delle nuove entrate fisse mediamente da almeno 3 mesi. Quali potrebbero essere? Per esempio l’affitto di una casa messa a reddito.

La raccomandazione resta quella di non chiedere un mutuo troppo alto perché se poi a conti fatti più della metà del reddito viene destinata al pagamento del mutuo, ciò significa difficoltà a risparmiare e ad affrontare spese impreviste, e per questo motivo i creditori potrebbero limitare le opzioni di prestito.

  • prestatori generalmente cercano rapporti (DTI) non superiori al 36%.
  • Un rapporto DTI basso indica un reddito sufficiente rispetto al servizio del debito e rende un mutuatario più attraente

Il rapporto debito/reddito

Il rapporto debito/reddito (DTI) è l’importo del debito che si ha in relazione alla quantità di denaro che si guadagna. Ad esempio, se il reddito mensile lordo di una persona è di 3.000 e attualmente ha obblighi di debito per un totale di 1.000 euro, il calcolo si fa in questo modo:

 1.000 / 3.000  euro = 0,33

Quindi il suo DTI è del 33 %, il che significa che se chiede un mutuo, avendo un DTI inferiore al 36% considerata la soglia di allarme, avrà buone possibilità di ottenerlo.

Secondo le analisi condotte da Kìron Partner SpA su base dati interna, a livello nazionale la durata media del mutuo passa da 24,7 anni del 2021 a 26 anni del 2022. Segmentando per fasce di durata, emerge che il 78,8% dei mutui ha una durata compresa tra 21 e 30 anni (72% nel 2021) e il 21,2% si colloca nella fascia 10-20 anni (27,9% nel 2021), mentre i prestiti ipotecari di durata inferiore a 10 restano residuali.

Nel primo semestre 2022 l’importo medio di mutuo erogato sul territorio nazionale si attesta a 120.100 Euro, in aumento rispetto al 2021 (+5%).

 L’età media di chi ha sottoscritto un mutuo nella prima parte del 2022 è di 38,9 anni (40 anni nel 2021) con una concentrazione nella fascia 18-34 del 38,3% rispetto al 35,6% del 2021, e nella fascia da 35-44 anni del 34,7% rispetto al 34,8% dello scorso anno.

“Confrontando i dati dei primi nove mesi del 2022 con l’analogo periodo 2021″, afferma Renato Landoni, Presidente Kìron Partner SpA,  “si può notare come le misure a vantaggio degli under 36 in Italia abbiano funzionato. Hanno impattato sull’età media del mutuatario che è scesa in virtù dell’incremento nella fascia d’età più giovane, 18-34 anni. Allo scopo di mitigare l’aumento dei tassi di interesse si sono scelte durate più lunghe che di conseguenza hanno così premesso di ricevere finanziamenti più alti. L’acquisto della prima casa, rimane la motivazione principale per la quale si sottoscrive un mutuo”, conclude Landoni, “e rappresenta il 94,4% del totale delle richieste (nel 2021 era del 87,6%), la seconda casa resta al 2,1% come nel 2021, e sostituzione o surroga scendono all’1,8%. Coloro che scelgono un finanziamento per costruzione o ristrutturazione rappresentano lo 0,9% e le restanti finalità di consolidamento o liquidità rappresentano solo l’1,2% del totale”.



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