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ISTAT, MILANO È LA CITTÀ CON I REDDITI PIÙ ALTI, BOLOGNA QUELLA COL MAGGIOR NUMERO DI DONNE AL LAVORO


Milano

Istat ha presentato un’analisi multitematica sulle Città metropolitane – “enti territoriali di area vasta” che in Italia hanno sostituito le province in 10 aree urbane di regioni a statuto ordinario – che dispongono di propri organi di governo e di territori coincidenti con quelli delle ex province: Roma, Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria. A queste si aggiungono quattro città metropolitane delle regioni a statuto speciale: Palermo, Catania, Messina e Cagliari.

L’analisi è articolata in un set di indicatori chiave che consente di identificare le principali caratteristiche, le diversità o i fattori comuni di questi territori. Sono stati affrontati alcuni aspetti socio demografici ed alcuni elementi di contesto economico fra cui la dinamica della popolazione, l’invecchiamento, la mortalità, le scelte insediative, il mercato del lavoro, il livello di istruzione, il pendolarismo e le caratteristiche del tessuto produttivo, secondo uno studio comparato dei rispettivi territori urbani costituiti dal comune capoluogo (polo urbano) e dalle cinture urbane di primo e secondo livello che consentono di osservare le dinamiche di evoluzione delle città. Inoltre, èstato condotto anche un approfondimento sulla geografia e sulle caratteristiche dei territori che mette in luce alcune fragilità principalmente collegate alla pressione antropica e ai rischi naturali.

In Italia le Città metropolitane sono 14 e comprendono 1.268 comuni (il 16% dei comuni italiani): per oltre la metà si tratta di comuni con meno di 5mila abitanti, un terzo rientra invece nella fascia da cinque a 20mila, l’11% da 20 a 50mila abitanti e il 3,5% ha una dimensione superiore a 50mila abitanti. L’estensione complessiva è di 46.637 chilometri quadrati (il 15,4% della superficie nazionale) in cui risiedono complessivamente 21,3 milioni di abitanti, pari al 36,2% della popolazione italiana.

Tra le città metropolitane Napoli è quella in cui si registra la quota più elevata di comuni ad alta densità di urbanizzazione (54,3%) seguita da Milano; Bari predomina per l’incidenza dei comuni con densità intermedia (87,8%), invece Reggio Calabria ha la più elevata incidenza di zone rurali (74,2%) seguita da Messina (70,4%)). Anche a Torino, come a Reggio Calabria e Messina, si riscontra la minore incidenza del grado di urbanizzazione “alto e intermedio”, poiché le due corone di cinture urbane che circondano il capoluogo torinese hanno una quota molto bassa di comuni (13% sul totale) rispetto a quella più esterna e quindi più lontana da centri urbani.

Torino la più estesa città metropolitana

Circa le dimensioni complessive, in testa alla graduatoria si colloca la città metropolitana di Torino che si estende per 6.827 km2, seguono Roma (5.363 km2) e Palermo (5.009 km2); in coda si trovano Cagliari (1.249 km2) e Napoli (1.179 km2) (Figura 2). Le prime cinture più estese nell’ambito del proprio territorio sono quelle di Cagliari (32,5 % sul totale metropolitano) e Venezia; fra le seconde cinture si evidenzia ancora quella di Cagliari (49,5%) seguita da Catania (44,8%).

I centri capoluogo più grandi in termini di estensione territoriale sono Roma, Venezia e Genova mentre i capoluoghi più piccoli sono Firenze e Cagliari. Si osservano alcune differenze nelle dimensioni metropolitane: Torino, pur avendo un territorio molto esteso è quello in cui il capoluogo incide meno sulla superficie complessiva (quasi 2%) invece Roma, seconda in termini di dimensione territoriale, mostra anche la più elevata incidenza del comune capoluogo (il 24% sul totale).

Tra gli indicatori che descrivono la relazione tra territorio e popolazione, il rapporto tra la popolazione residente e la superficie territoriale (densità abitativa) risulta utile per determinare la pressione antropica sull’ambiente e per verificare il grado di affollamento di un’area.

Napoli, con 2.535 abitanti per km2 è la città metropolitana con la più elevata densità di popolazione, seguita da Milano (2.040 abitanti per km2). Osservando questi territori all’interno, classificati in base alla contiguità territoriale dei comuni che ne fanno parte, si evidenzia la netta concentrazione insediativa della popolazione nei comuni capoluogo; in particolare quelli più densamente abitati sono il comune di Napoli (7.744 per km2), Milano (7.430 abitanti per km2), Torino (6.526 per km2) e Palermo (3.957 per km2) (Figura 4). Il capoluogo meno affollato è Venezia (606 abitanti per km2). Come noto la maggior parte del territorio italiano è connotato da un diffuso rischio idrogeologico connesso alla natura del territorio e alle attività umane che modificando l’aspetto originario ne intaccano la stabilità naturale, incrementando fenomeni erosivi e l’instabilità del suolo.Nel complesso delle città metropolitane l’incidenza più elevata della superficie delle aree a rischio frane rispetto alla superficie totale è pari al 6,8%, valore inferiore alla media nazionale di quasi due punti percentuali. Le città metropolitane con l’incidenza più elevata della superficie a rischio frane sono Genova (il 25%) e Firenze (21% sul totale) e tra i capoluoghi primeggia il comune di Genova (31,2%).

La superficie a rischio idrogeologico rappresenta invece il 10,8% del totale della superficie nel complesso dei territori metropolitani, dato sostanzialmente in linea con la media nazionale. Bologna è la città metropolitana con i territori più esposti a rischio esondazioni, registrando il 50% della sua superficie complessiva a rischio idrogeologico, seguita da Venezia (il 29,2%). Tra i centri capoluogo Bologna (57,7%) e Catania (50,2%) sono i comuni con maggiore rischio idrogeologico.

Futuro demografico nel prossimo decennio: un calo progressivo

Le nuove previsioni della popolazione in base allo scenario “mediano” confermano la persistenza di un quadro critico sul futuro demografico del Paese già presente negli ultimi anni, che delinea per il prossimo decennio una decrescita della popolazione pari al -1,8%. Anche per le città metropolitane è atteso un calo della popolazione residente seppur inferiore, da 21,3 milioni al 31 dicembre 2021 a 21,0 milioni nel 2030, con un tasso di variazione del -1,5%. Elementi che stanno contribuendo su base nazionale allo spopolamento sono legati sia alla diminuzione dei livelli di fecondità tali che le nascite non riescono a compensare i decessi, sia a saldi migratori negativi e dinamiche migratorie con l’estero che, seppur di segno positivo, non controbilanciano il segno negativo della dinamica naturale.

Il calo demografico riguarda quasi tutte le città metropolitane ma con intensità diverse. Una riduzione meno importante si prevede in alcune città metropolitane del Nord e del Centro (più bassa a Roma con -0,1% ma più sostenuta a Genova con -4,3%). Man mano che si scende lungo lo stivale si rafforza la dinamica demografica negativa, passando dal -2,8% di Napoli al -6% di Messina. Sono totalmente divergenti invece le dinamiche di popolazione osservate nelle città metropolitane di Bologna e Milano che rallenteranno il loro accrescimento, ma saranno le uniche a mantenere una crescita demografica benché contenuta (rispettivamente 2,9% e 2,5%); un leggero segnale alla crescita dovrebbe mantenersi anche a Firenze (+0,1%).

Osservando la geografia delle città metropolitane si rileva che nella maggior parte dei territori i capoluoghi e le cinture urbane seguono lo stesso andamento in decrescita del complesso della propria città metropolitana, ma con cali più marcati nei capoluoghi e nei comuni delle prime due cinture. Invece, nel territorio metropolitano di Milano la crescita prevista della popolazione al 2030 è interamente imputabile al capoluogo (pari al 7%) che esercita una capacità attrattiva nei confronti della componente migratoria.

Popolazione più istruita nei capoluoghi e prime cinture urbane

Fra i residenti di età 25-64 anni delle città metropolitane, 43 ogni 100 sono in possesso del diploma di scuola secondaria di II grado e 24 ogni 100 hanno un titolo di studio terziario di I, II oppure III livello (Figura 8). Le città metropolitane di Milano, Bologna e Roma vantano la quota più alta di titoli di studio terziari, che oscilla fra il 29% e il 31% mentre le città metropolitane con l’incidenza minore sono Catania, Palermo e Napoli con valori fra loro molto vicini pari al 18% della popolazione.

Partecipazione al mercato del lavoro più intensa nei comuni capoluogo

Fra le città metropolitane il tasso di attività più alto si osserva a Milano e Bologna con un’incidenza del 57%, seguite da Firenze con il 55%. Sono invece Palermo, Napoli e Reggio Calabria i territori metropolitani in cui si rileva la minore partecipazione attiva al mercato del lavoro, con valori fra il 46% e il 47%. Rispetto al 2011 tutte le città metropolitane mostrano una dinamica positiva, con il primato di Napoli e Genova in cui il dato aumenta di 2,7 punti, seguite da Catania (+2,4).

La quota di popolazione attiva aumenta se si circoscrive l’osservazione alla popolazione adulta, ovvero alla popolazione di età compresa fra i 25 e i 64 anni che, per le 14 città metropolitane, si attesta intorno al 75% (Figura 10). I residenti nei capoluoghi di questa fascia di età partecipano al mercato del lavoro in misura maggiore rispetto alle altre aree sub metropolitane, in media 77 persone ogni 100 contro le 75 su 100 delle prime cinture urbane e di quasi 73 su 100 delle seconde cinture. Con riferimento al complesso dei territori metropolitani, la componente femminile di 15 anni e oltre presenta un tasso di attività del 44%, in crescita rispetto al 2011 di 2,2 punti percentuali ma significativamente inferiore al totale e quindi alla componente maschile. La progressiva riduzione delle disparità di genere a livello di partecipazione attiva al mercato del lavoro è sempre più considerato un fattore di stimolo alla crescita economica, sebbene risulti ancora una sfida da raggiungere nel sistema economico nazionale.

Bologna è la città metropolitana con la maggiore propensione femminile al lavoro, 51 donne ogni 100, seguita da Milano e Firenze. Per contro sono ancora quattro città del Mezzogiorno, Napoli, Palermo, Bari e Catania, con valori fra il 35% e il 37%, ad avere la minore partecipazione delle donne al mercato del lavoro, sebbene con dinamiche incoraggianti rispetto al 2011. A tal proposito Catania è la città metropolitana in cui l’avanzamento della partecipazione femminile risulta essere la più elevata rispetto al 2011. Circoscrivendo l’osservazione alle donne di 25-64 anni il tasso di attività è pari al 65% e anche in questo caso la distribuzione territoriale dell’indicatore è simile a quella osservata per il totale del genere femminile.

L’analisi all’interno del territorio metropolitano evidenzia anche per le donne una maggiore partecipazione al mercato del lavoro nei comuni capoluogo (68,4%), con divari significativi rispetto alle aree meno urbanizzate, soprattutto nelle seconde cinture (60,7%). Fanno eccezione la prima e seconda cintura della città metropolitana di Torino e la prima corona di Bologna, Firenze e Catania che, al contrario, registrano valori del tasso di attività femminili 25-64 anni leggermente superiori o in linea con quelli del comune capoluogo.

Riguardo la capacità del sistema di fornire una risposta all’offerta di lavoro, nel complesso delle 14 città metropolitane si rileva un tasso di occupazione della popolazione adulta (25-64 anni) pari al 65%, valore di due punti al di sotto di quello medio nazionale. Le città metropolitane del Nord si caratterizzano per le quote più alte di popolazione occupata, prima fra tutte la città metropolitana di Bologna (77 occupati ogni 100 persone), seguita da Milano e Firenze (76%). Al contrario le città metropolitane con le incidenze più basse, segno di fragilità e svantaggio del mercato del lavoro, sono collocate al Sud: a Palermo solo il 49% della popolazione è occupata, seguita da Catania e Napoli con valori fra loro molto vicini, pari al 50% della popolazione. Il confronto intra-territoriale conferma, anche rispetto al dato occupazionale, la maggiore capacità del mercato del lavoro dei centri urbani di assorbire e impiegare il capitale umano a disposizione. Infatti, nei comuni capoluogo risulta occupata poco più del 66% della popolazione, mentre man mano che ci si allontana dal centro del territorio metropolitano si manifesta la progressiva riduzione dei tassi di occupazione, che in media sono pari al 65% nella prima cintura e al 62% nella seconda cintura. Presentano un andamento territoriale differente le città metropolitane di Bologna, Firenze, Torino, Milano e Genova, dove i livelli occupazionali nelle prime e/o seconde cinture sono maggiori o in linea con quelli dei rispettivi comuni capoluogo (in alcuni casi superiori di oltre due punti). Differenze rilevanti si osservano anche nella città metropolitana di Catania, dove il tasso di occupazione della prima corona supera di cinque punti quello del comune capoluogo. La stessa distribuzione territoriale si osserva per l’occupazione femminile, sebbene con intensità significativamente inferiori all’occupazione calcolata per entrambi i generi. Le donne occupate per il complesso delle città metropolitane sono 55 ogni 100, contro le 57 osservate a livello nazionale.

Mobilità giornaliera fuori comune più rilevante nelle prime cinture urbane

La popolazione residente che si sposta giornalmente per motivi di studio o lavoro è pari a circa il 51% della popolazione totale delle città metropolitane. Il dato è sostanzialmente in linea con quello nazionale e in crescita di oltre tre punti percentuali rispetto al 2011.

L’analisi territoriale evidenzia differenze significative in gran parte spiegate dai divari occupazionali e dalla diversa distribuzione dei luoghi di lavoro e studio all’interno dei territori. La mobilità giornaliera per motivi di studio o di lavoro raggiunge infatti i valori più elevati nella città metropolitana di Milano (circa il 57% della popolazione), seguita da Bologna e da Firenze. In tutte le città metropolitane del Sud si osservano valori inferiori alla media dell’area, con Palermo, Messina e Reggio Calabria collocate negli ultimi posti della graduatoria (circa 42 persone ogni 100 abitanti) (Figura 11).

Osservando il dettaglio degli spostamenti nel territorio, la mobilità intra-comunale è maggiore di quella fuori comune, rispettivamente il 32,6% contro il 18,2%.

Questa dinamica contraddistingue tutte le città metropolitane, con differenze piuttosto rilevanti a Roma e Genova in cui i flussi di pendolarismo all’interno del comune coinvolgono oltre il 40% della popolazione e in alcune città del Sud dove la mobilità al di fuori del comune è piuttosto contenuta non superando il 12% (Palermo, Reggio Calabria e Messina).

Le città metropolitane caratterizzate da un rapporto prossimo all’unità, ossia da un sostanziale equilibrio tra spostamenti all’interno e al di fuori del comune, sono anche quelle che presentano una mobilità extracomunale superiore alla media dei territori metropolitani di almeno cinque punti: Milano e Torino dove gli spostamenti fuori del comune interessano il 26% della popolazione, seguite da Bologna, Venezia, Firenze e Cagliari.

Dove abitano i più ricchi

Il comune di Milano si distingue per il più alto livello di reddito per abitante, oltre 23mila euro, quasi 10mila euro in più del dato medio nazionale e per la maggiore concentrazione di unità produttive (Figura 14). Valori più alti della media dei due indicatori si riscontrano anche nei comuni di Firenze, Bologna, Cagliari, Torino, Roma, Bologna, Genova e Venezia mentre Palermo, Reggio di Calabria e Messina si posizionano sotto il dato medio nazionale. Catania e Napoli, seppure con diverse intensità, hanno una capacità imprenditoriale allineata al dato medio italiano e presentano un reddito pro capite quasi dimezzato rispetto a quello di Milano. Da segnalare la vicinanza del comune di Bari ai valori medi italiani soprattutto in termini di reddito pro capite (circa 13.500 euro) e il superamento della densità di unità locali di circa cinque punti rispetto al dato Italia.



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