Il consiglio dei ministri ha approvato un decreto legge che introduce nuove regole per la gestione dei bonus edilizi, con l’obiettivo di sbloccare il pagamento alle imprese dei crediti fiscali e delimitare alla sola detrazione fiscale la via per poter beneficiare dell’agevolazione. Con l’entrata in vigore del provvedimento, avvenuta il 17 febbraio 2023, non saranno infatti più consentite la cessione del credito e lo scontro in fattura per i nuovi interventi mentre le due opzioni continueranno a rimanere valide per coloro che invece avranno già avviato i lavori e presentato la Cila nei termini indicati dalla normativa. Per il ministro Giancarlo Giorgetti il decreto “ha il duplice obiettivo di cercare di risolvere il problema che riguarda la categoria delle imprese edili per l’enorme massa di crediti fiscali incagliati e mettere in sicurezza i conti pubblici”. Questa misura, introdotta nel 2020, “ha prodotto sicuramente un beneficio per alcuni cittadini” ma anche un costo di “2 mila euro per ogni italiano, compresi i neonati”, ha sottolineato il titolare di via XX Settembre nel corso della conferenza stampa a Palazzo Chigi. In particolare, si interviene sulla gestione dei bonus edilizi, arrivati ad un ammontare di oltre 100 miliardi di euro, mettendo un freno al fenomeno della monetizzazione dei crediti fiscali che si è venuto a creare con la trasformazione degli incentivi fiscali in una sorta di moneta parallela. Proprio per sbloccare i crediti rimasti incagliati, il provvedimento chiarisce i confini della responsabilità solidale, limitandola al dolo e alla colpa grave del cessionario. Il governo, ha assicurato Giorgetti, “farà tutto il possibile per le imprese edili in difficoltà. È fondamentale che si riattivi la possibilità da parte degli intermediari finanziari dell’acquisto dei crediti, cosa che era bloccata dall’incertezza normativa che con questo decreto risolviamo”. Nel decreto è stato stabilito inoltre il divieto per le pubbliche amministrazioni di acquistare i crediti derivanti dai bonus edilizi che, come evidenziato da Eurostat, avrebbero avuto un impatto diretto sul debito pubblico. Sulle nuove misure il governo ha convocato per lunedì 20 febbraio un incontro a Palazzo Chigi con le associazioni di categoria interessate (Ance, Confindustria, Confedilizia, Confapi, Alleanza delle Cooperative Italiane, Cna e Confartigianato). Le associazioni imprenditoriali, grandi e piccole, nelle ultime ore temevano fallimenti a catena: chi parlava di 25mila aziende a rischio, chi di 40mila. Ma il governo ha replicato: “Si doveva intervenire per arginare una situazione abnorme con 110 miliardi per il Superbonus che gravavano sulle casse dello Stato”, ha spiegato due giorni fa il viceministro all’Economia Maurizio Leo, l’esperto fiscale più vicino alla premier Giorgia Meloni che parla di intervento mirato. “La responsabilità di quello che è accaduto”, ha aggiunto il ministro degli Esteri Antonio Tajani, è del governo Conte, del governo dei 5 stelle, siamo stati costretti”. “Prendiamo atto della decisione del governo italiano sul Superbonus”, ha detto il Commissario europeo all’Economia Paolo Gentiloni su La7. “Tra gli obiettivi della misura ce ne era uno che ci stava molto a cuore, quello di migliorare le classi energetiche delle abitazioni. Riconosco però le preoccupazioni del ministro Giorgetti sulle conseguenze sui conti pubblici”.
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