Anche la Nuova Zelanda vieterà il social network cinese TikTok sui dispositivi dei membri del Parlamento, allineandosi ad altri paesi occidentali che hanno adottato misure simili. Lo hanno reso noto oggi funzionari neozelandesi. Il divieto riguarderà tutti i dispositivi con accesso alla rete parlamentare, ha affermato Rafael Gonzalez-Montero, un funzionario parlamentare ed entrerà in vigore il 31 marzo. Secondo Gonzalez-Montero, i rischi sono “inaccettabili nell’attuale ambiente parlamentare neozelandese. La decisione è stata presa sulla base delle analisi dei nostri stessi esperti, dopo una discussione con i nostri colleghi di governo e internazionali”, ha aggiunto. La Nuova Zelanda seguirà quindi l’esempio di Canada, Regno Unito e agenzie federali negli Stati Uniti, che hanno già bandito TikTok dai dispositivi governativi per problemi di sicurezza dei dati. La Commissione europea ha anche ordinato di bandire l’applicazione per la condivisione di video dai dispositivi dei propri dipendenti.
L’azione globale contro TikTok è iniziata in India nel 2020. Il social network era in una lista di app vietate dopo scontri mortali al confine con la Cina, con New Delhi che affermava di difendere la propria sovranità. Nello stesso anno, l’ex presidente Donald Trump ha accusato TikTok di essere uno strumento di spionaggio per Pechino. TikTok ha ammesso che i dipendenti della sua società madre ByteDance in Cina hanno avuto accesso alle informazioni sugli account degli americani, ma ha sempre negato di trasmettere questi dati alle autorità.
L’attuale presidente americano Joe Biden ha minacciato di bandire completamente l’applicazione dal territorio Usa, se non si separerà da ByteDance, la società cinese fondata da Zhang Yiming nel 2012 e che il 9 novembre 2017 ha acquisito Musical.ly per una cifra di circa 1 miliardo, unificandola il 2 agosto 2018 all’app TikTok.
A novembre 2018 le applicazioni di ByteDance contavano oltre 800 milioni di utenti attivi al giorno. Come molte altre aziende cinesi, ByteDance ha una commissione interna del Partito Comunista Cinese a cui fanno riferimento gli impiegati che sono membri del partito; il vice presidente Zhang Fuping è il segretario di questa commissione. L’azienda ha suscitato l’attenzione dell’opinione pubblica, con accuse di aver collaborato con il Partito Comunista Cinese per censurare e sorvegliare i contenuti relativi ai campi di rieducazione dello Xinjiang e ad altri argomenti ritenuti controversi circa il Partito. E’ facile quindi intuire quale sia il pericolo da arginare in tempo.
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