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GOVERNO, AL LAVORO PER BLOCCARE IL FLUSSO DI MIGRANTI IRREGOLARI


Il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, con il Presidente della Commissione dell’Unione Africana, Moussa Faki Mahamat (Addis Abeba)

Da ieri venerdì 14 aprile, la premier italiana Giorgia Meloni è ad Addis Abeba, in Etiopia. Dopo la prima giornata di incontri con il Presidente della Commissione dell’Unione Africana, Moussa Faki Mahamat, con il Primo Ministro Repubblica Federale Democratica di Etiopia, Abiy Ahmed Ali, e con il Presidente della Repubblica Federale di Somalia, Hassan Sheikh Mohamud, oggi la Meloni dopo aver visitato la Scuola italiana ha tenuto un punto stampa. Nel frattempo al Senato è in corso la conversione del decreto-legge n. 20 del 10 marzo 2023, G.U. n. 59 del 10 marzo 2023 , scadenza il 09 maggio, recante disposizioni urgenti in materia di flussi di ingresso legale dei lavoratori stranieri e di prevenzione e contrasto all’immigrazione irregolare.

L’Europa deve distinguere tra profughi e migranti irregolari. Questo è ciò che la premier Giorgia Meloni continua a sottolineare e lo ha anche messo per iscritto inviando lo scorso marzo una lettera indirizzata ai vertici dell’Ue, per la precisione al presidente del Consiglio europeo Charles Michel, a quella della Commissione Ursula von der Leyen e a Ulf Kristersson, premier della Svezia, Paese con la presidenza di turno dell’Ue. “È fondamentale, in primo luogo, distinguere l’accoglienza di profughi e rifugiati dalle politiche migratorie connesse a chi, comprensibilmente, chiede di venire in Europa per ragioni economiche. Confondere i due piani, come si è spesso fatto fin ora, va a discapito proprio dei più fragili e bisognosi di aiuto. E non è giusto”. C’è ovviamente chi ha fatto notare alla premier anche via Social che l’Unione europea ha già tracciato una linea divisoria tra  tra i richiedenti asilo e i migranti economici, purtroppo però moltissimi irregolari che vengono intercettati sulle nostre coste o nei confini terrestri fanno domanda di asilo anche se provenienti da Paesi non ritenuti “a rischio” e ciò rappresenta una pericolosa e dannosa deriva, proprio perché non c’è la possibilità di fare controlli celeri.

La maggioranza di centrodestra è coesa nel raggiungere l’obiettivo di cancellare la cosiddetta “protezione speciale”, ossia di cancellare il permesso di soggiorno per protezione speciale, introdotto dal precedente governo, per la precisione idal ministro Lamorgese e dalla sinistra nel 2020, della durata di 2 anni rinnovabile, che viene rilasciato al richiedente asilo che non possa ottenere o non abbia ancora ottenuto la protezione internazionale, uniformando la disciplina al resto d’Europa. Scopo dell’emendamento depositato al decreto legge Cutro è infatti quello di restringere le maglie del permesso temporaneo il cui utilizzo per varie ragioni si è allargato a dismisura, creando una salvaguardia indiscriminata degli irregolari. La stretta prevede un giro di vite anche sui motivi di salute che bloccavano molte espulsioni. Alle parole ‘gravi condizioni psicofisiche o derivanti da gravi patologie’ -attualmente in vigore nel decreto legislativo del 1998- si sostituiscono infatti le parole ‘condizioni di salute derivanti da patologie di particolare gravità, non adeguatamente curabili nel paese di origine’. Se dunque la patologia di cui è affetto un migrante è curabile dal paese da cui proviene, questo non diventa più un ostacolo all’espulsione. E i migranti che non possono essere espulsi non potranno più beneficiare di permessi di soggiorno convertibili in permessi di soggiorno per motivi di lavoro.

Fonti della maggioranza assicurano che il sub-emendamento tiene conto dei rilievi sollevati dal Quirinale nei giorni caldi del dl Cutro. E che l’abolizione della protezione speciale è portata avanti nel rispetto delle convenzioni internazionali, tanto che, viene fatto notare, è venuta meno la battaglia, caldeggiata dalla Lega, per sopprimere il riferimento all’orientamento sessuale e all’identità di genere tra i motivi di persecuzione per i quali non si può disporre l’espulsione o il respingimento, come previsto in passato dai decreti Salvini. “Il governo vuole togliere la ‘protezione speciale’ per i migranti. L’unico risultato di una scelta che ricalca quelle di Salvini sarà quello di generare nuovi senzatetto, irregolari, nuove vittime di sfruttamento. Per poi, ovviamente, cavalcare la paura. Una vera vergogna”, attacca via Twitter Pierfrancesco Majorino della segreteria Pd. “Qualsiasi nuova politica nell’ambito dello stato di emergenza deve essere conforme agli obblighi dell’Italia in materia di diritti umani”, queste le parole dell’Alto Commissario Onu per i Diritti umani Volker Turk, che ha esortato il governo italiano ad abbandonare la nuova e severa legge adottata all’inizio dell’anno, secondo la quale “il diritto alla vita e il divieto di respingimento non possono essere derogati, nemmeno in tali circostanze”.

Che cos’è la protezione speciale?

Il permesso di soggiorno per protezione speciale, introdotto dal precedente governo, è un permesso di soggiorno della durata di 2 anni rinnovabile che viene rilasciato al richiedente asilo che non possa ottenere o non abbia ancora ottenuto la protezione internazionale. Può ottenere il permesso il migrante che dimostri di essere integrato in Italia (per vincoli familiari, durata del soggiorno o altro) e per il quale in caso di respingimento sussistano determinati rischi (persecuzione per motivi di razza, sesso, lingua, religione, opinioni politiche; rischio di essere rinviato verso uno Stato nel quale non sia protetto; rischio di essere sottoposto a tortura o a trattamenti inumani o degradanti o se il respingimento comporti una violazione del diritto al rispetto della propria vita privata e familiare). A concedere il permesso di protezione speciale è la Commissione territoriale alla quale tutti i richiedenti asilo possono presentare domanda. E in caso di rigetto è possibile presentare ricorso attraverso un avvocato.

Meloni: obiettivo eliminazione protezione speciale

“Io ho come obiettivo l’eliminazione della protezione speciale, perché si tratta di un’ulteriore protezione rispetto a quello che accade al resto di Europa. C’è una proposta della maggioranza nel suo complesso, non è un tema su cui ci sono divergenze. È complessa ed è normale che ci siano diversi emendamenti”. Lo ha detto la premier Giorgia Meloni parlando delle modifiche al Dl migranti nell’ultimo giorno della visita in Etiopia. Nel 2022, secondo i calcoli preliminari  dell’Agenzia Europea Frontex, sono stati rilevati circa 330 000 attraversamenti irregolari alle frontiere esterne dell’UE. Si tratta del  numero più alto registrato dal 2016 e in aumento del 64% rispetto all’anno precedente. Dopo il minimo indotto dalla pandemia nel 2020, il 2022 è stato il secondo anno consecutivo con un forte aumento del numero di ingressi irregolari. La rotta dei Balcani occidentali rappresentava quasi la metà del totale, con 145.600 attraversamenti (+ 136% rispetto al 2021). Siriani, afgani e tunisini insieme hanno rappresentato il 47% dei rilevamenti nel 2022. Il numero di siriani, pari a 94.000 è quasi raddoppiato.

Le donne hanno rappresentato meno di uno su dieci dei rilevamenti, mentre la percentuale di minori segnalati è leggermente diminuita a circa il 9% di tutti i rilevamenti. Il numero non tiene conto dei 13 milioni di attraversamenti compiuti da persone in fuga dall’Ucraina a partire dal 24 febbraio. Considerando le “rotte” migratorie principali, dopo la rotta Balcanica, troviamo la rotta del Mediterraneo centrale verso Italia e Malta con 102.500 attraversamenti (+ 51%). Egiziani, tunisini e bengalesi sono state le prime tre nazionalità in un anno che ha visto il maggior numero di arrivi dalla Libia dal 2017 e il maggior numero dalla Tunisia nella storia recente. Lungo questa rotta, si conta anche il maggior numero di morti e dispersi, La stima minima dei rifugiati e migranti morti e dispersi nel Mediterraneo supera nel 2022, secondo i dati OIM le 1.300 unità. In netta flessione, invece, nel 2022 sia l’itinerario atlantico verso le Canarie, con 15.500 attraversamenti (-31%;) sia  il settore del Mediterraneo occidentale, dove gli attraversamenti “irregolari” sono stati 14.600 (-21%). Poco più di 6.000, invece, gli attraversamenti segnalati sulla militarizzata frontiera di terra orientale, in particolare quella con la Bielorussia; anche qui nel ’22 si è osservato un netto calo, – 25% in rapporto al ’21. Secondo gli ultimi dati di Frontex, nel 2022 sono stati rilevati circa 330mila attraversamenti irregolari delle frontiere esterne dell’Ue: si tratta del numero più alto dal 2016 e un aumento del 64% rispetto al 2021. La rotta più battuta non è però quella del Mediterraneo Centrale, ossia quella che porta in Italia, ma quella dei Balcani occidentali che ha rappresentato quasi la metà del totale. In quest’ultima rotta lo scorso anno sono stati segnalati 145.600 attraversamenti irregolari, addirittura il 136% in più rispetto al 2021. Il numero di rilevamenti nel Mediterraneo centrale è aumentato invece del 51%, una percentuale comunque importante, superando di gran lunga i 100mila sbarchi.

Secondo i dati del rapporto annuale dell’Easo, l’Agenzia Ue per l’asilo, nel 2022, un grande movimento di rifugiati dall’Ucraina – di dimensioni mai viste in Europa dalla seconda guerra mondiale – ha coinciso con più richiedenti asilo provenienti da un’ampia gamma di paesi. Di conseguenza, i paesi UE+ hanno accolto quasi 5 milioni di persone in cerca di una qualche forma di protezione internazionale. Circa 4 milioni di persone in fuga dall’Ucraina dopo l’invasione russa hanno beneficiato di protezione temporanea alla fine del 2022, mentre altre 966 000 persone hanno chiesto asilo durante l’anno. I gruppi più numerosi di richiedenti asilo erano siriani, afgani, turchi, venezuelani e colombiani. Nel contesto dell’Ucraina, il Consiglio dell’UE ha attivato la direttiva sulla protezione temporanea, che era stata concepita per tali situazioni ed è stata rapidamente recepita dalle autorità nazionali. Ha consentito a coloro che fuggivano dall’Ucraina di ottenere protezione temporanea senza dover sottoporsi a una procedura di asilo.  Mentre la protezione temporanea ha evitato un’estrema pressione sull’elaborazione dei casi di asilo, i sistemi di accoglienza dei paesi dell’UE sono stati sottoposti a forti pressioni e le autorità competenti in materia di asilo devono ancora far fronte a un numero crescente di richiedenti. Anche senza tener conto delle registrazioni per la protezione temporanea, le domande di protezione internazionale nell’UE+ sono state elevate rispetto agli anni precedenti. Le domande di asilo nel 2022 hanno superato quelle del 2021 di circa la metà. Dal 2008, livelli più elevati sono stati registrati solo nel 2015 e nel 2016 , quando sostanzialmente più di un milione applicato ogni anno. Circa 885 000 richiedenti nel 2022 erano richiedenti per la prima volta, con un aumento di due terzi rispetto al 2021, quando le domande ripetute nello stesso paese UE+ rappresentavano una quota relativamente elevata. Nel 2022 sono state ricevute circa 80.000 domande ripetute, un decimo in meno rispetto al 2021, ma comunque il secondo per numero almeno dal 2014. Circa 43.000 richiedenti hanno affermato di essere minori non accompagnati, il massimo dal 2015ma comunque pari al 4% di tutti i richiedenti, in linea con gli ultimi anni. 

Registra le domande da una vasta gamma di cittadinanze

Nove dei 10 principali gruppi di richiedenti nel 2022 hanno presentato un numero sostanzialmente maggiore di domande rispetto al 2021. I siriani (circa 132.000) e gli afgani (129.000) sono rimasti di gran lunga i gruppi più numerosi , presentando rispettivamente il 24% e il 29% in più di domande. Entrambi i gruppi hanno presentato la maggior domanda dal 2016 e insieme rappresentano i due terzi (29 000) di tutti i minori non accompagnati autodichiarati. Con un numero più che raddoppiato, i richiedenti turchi (55.000) sono diventati il ​​terzo gruppo più numeroso . Sono stati seguiti da venezuelani (51 000) e colombiani (43 000) che hanno presentato entrambi circa il triplo delle domande rispetto al 2021. Le domande sono aumentate tra il 50 % e il 100 % per pakistani (37 000), bengalesi (34 000) e georgiani (29 000). Infatti, Turchi, venezuelani, colombiani, bengalesi e georgiani hanno presentato la maggior domanda almeno dal 2008. Gli ucraini (28.000) sono stati solo il nono gruppo più numeroso di richiedenti asilo perché gli ucraini si sono registrati quasi esclusivamente per la protezione temporanea. Come decimo gruppo più numeroso, gli iracheni (27 000) hanno presentato un numero leggermente inferiore di domande rispetto al 2021 (-6 %), l’unico calo tra i 30 più grandi gruppi di richiedenti nel 2022.

I massimi storici sono stati registrati anche per molte cittadinanze al di fuori dei 10 principali gruppi di richiedenti. Includevano indiani e burundesi, le cui domande sono aumentate rispettivamente di oltre sei e cinque volte. Questi picchi erano collegati all’ingresso senza visto per indiani e burundesi in Serbia fino a quando il regime dei visti non è cambiato alla fine del 2022. In effetti, i cittadini di tre paesi nordafricani hanno fatto domanda di più: marocchini, tunisini ed egiziani, che hanno presentato congiuntamente quasi 59 000 domande. Richieste record sono pervenute anche da cittadini della Repubblica Democratica del Congo, Perù, Moldavia, Yemen, Bielorussia e Cuba, tra gli altri. Sebbene non a livelli record, c’erano sostanzialmente più richiedenti dai Balcani occidentali, in particolare Albania, Macedonia del Nord, Serbia e Kosovo. Questi paesi, così come Georgia, India, Marocco, Tunisia e Moldavia, sono considerati sicuri da molti paesi UE+. Diminuzioni sostanziali delle domande sono state rare , ma si sono verificate per maliani e senegalesi.

  • Siria  – Nel 2022, i siriani hanno continuato a presentare il maggior numero di domande nell’UE+ (132 000). Ciò ha rappresentato un aumento del 24% rispetto al 2021 e la maggior parte delle domande dalla crisi dei rifugiati del 2015/2016. Nel primo trimestre del 2022 le domande siriane sono state relativamente stabili, ma da maggio sono aumentate per sei mesi consecutivi e hanno raggiunto in ottobre il numero mensile più alto degli ultimi sei anni. Secondo un rapporto di Frontex, i siriani erano una delle prime tre nazionalità in termini di attraversamenti illegali delle frontiere, rilevati principalmente lungo le rotte dei Balcani occidentali, del Mediterraneo centrale e del Mediterraneo orientale. 

In linea con molti nuovi arrivi, il 97% dei siriani richiedenti asilo nell’UE+ nel 2022 erano richiedenti per la prima volta, come era avvenuto durante la crisi dei rifugiati. I siriani hanno continuato a essere coinvolti in movimenti secondari con più di una domanda di asilo su 10 per la prima volta che si è conclusa con una procedura Dublino, un po’ più che nel 202114  . la maggior parte dal 2015). Rappresentavano oltre un quinto di tutti i minori non accompagnati che presentavano domanda nell’UE+ nel 2022.

Entro la fine di dicembre 2022, il carico di lavoro siriano in primo grado ha raggiunto 88 000 casi, in aumento di oltre un quarto rispetto all’anno precedente. I siriani hanno ricevuto 109 000 decisioni di primo grado nel 2022, con un aumento del 24 % rispetto al 2021 e il massimo in cinque anni. Il tasso di riconoscimento è stato del 94%, il più alto dal 2017. Quasi due terzi delle decisioni positive hanno concesso protezione sussidiaria (63%, la percentuale più alta almeno dal 2014) e solo il 37% ha concesso lo status di rifugiato.

  • Afghanistan  – In un contesto di peggioramento della situazione economica, umanitaria e della sicurezza in Afghanistan, gli afgani sono rimasti il ​​secondo gruppo più numeroso di richiedenti asilo nell’UE+, come lo erano stati dal 2018. Nel 2022, il loro numero è aumentato del 29% dal 2021 a circa 129 000 , il massimo dal 2016 e che rappresentano il 13 % di tutti i richiedenti asilo nel 2022. L’afflusso ha subito un’accelerazione intorno a maggio e ha raggiunto il picco di 15 400 domande in ottobre. La stragrande maggioranza degli afgani richiedenti asilo nell’UE+ erano richiedenti per la prima volta (92 %). Circa 19 700 domande afgane (ovvero il 15% del totale) sono state presentate da minori non accompagnati autodichiaratisi. Ciò ha rappresentato un aumento della metà rispetto all’anno precedente e il massimo dal 2015. Come nel 2021, gli afghani rappresentavano quasi la metà di tutti i minori non accompagnati autodichiarati che presentano domanda nell’UE+.

Nel 2022 sono state emesse circa 85 000 decisioni di prima istanza su domande afghane in tutta l’UE+, con un aumento di quasi due terzi rispetto al 2021. Si è registrato anche un aumento del numero di chiusure Dublino (13 000, + 69 %) e dei casi interrotti dopo il ritiro (33 200, + 125 %). Di conseguenza, nel 2022 sono stati chiusi più casi afgani che aperti. Eppure, da ottobre, le domande hanno superato il deflusso, mentre entrambe sono in calo. Complessivamente, il numero di afghani in attesa di una decisione in primo grado alla fine del 2022 (circa 69 000) era sostanzialmente lo stesso dell’anno precedente. Il tasso di riconoscimento UE+ per gli afgani è stato del 54 % nel 2022, in calo rispetto al 66 % del 2021. Il calo è dovuto principalmente a un maggior numero di decisioni di concessione dello status umanitario ai sensi del diritto nazionale, mentre solo lo status di rifugiato e la protezione sussidiaria sono conteggiati ai fini del tasso di riconoscimento UE+.

Decisioni molto in ritardo rispetto alle domande presentate

Nel 2022 le autorità UE+ in materia di asilo hanno emesso circa 632 000 decisioni in primo grado, in più rispetto al 2021, di un quinto. Tuttavia, le domande sono aumentate molto di più rispetto alle decisioni di primo grado e sono arrivate a superarle di circa 333 000 nel 2022 . Questo divario è stato il più grande dal 2015 e più di tre volte il divario nel 2021 (100.000). Mentre la contabilizzazione delle domande ritirate e di altre chiusure di casi oltre alle decisioni ridurrebbe sostanzialmente questo squilibrio, la maggior parte del divario si è tradotta in un aumento dei casi pendenti. 

Nel 2022, la maggior parte delle decisioni è stata emessa nei confronti di siriani (circa 109.000), afghani (85.000) e venezuelani (34.000) . In tutti e tre i casi si trattava di più decisioni emesse rispetto al 2021, soprattutto per afgani (+64%) e venezuelani (+88%). Tra le cittadinanze che hanno ricevuto almeno 5.000 decisioni nel 2022, aumenti simili o addirittura maggiori si sono verificati altrimenti solo per georgiani, maliani, tunisini e indiani. Al contrario, i paesi UE+ hanno emesso un numero sostanzialmente inferiore di decisioni nei confronti di nigeriani, guineani, iraniani e russi rispetto al 2021. I divari maggiori tra domande e decisioni sono emersi per afgani, turchi, siriani e colombiani. 

Il più alto tasso di riconoscimento UE+ in cinque anni 

Il tasso di riconoscimento UE+ è stato del 40% nel 2022 , con un aumento di cinque punti percentuali rispetto al 2021 e il massimo in cinque anni. Per il tasso di riconoscimento UE+, solo le decisioni che hanno concesso lo status di rifugiato e la protezione sussidiaria sono considerate positive, a differenza delle decisioni che concedono protezione umanitaria ai sensi del diritto nazionale che non sono considerate parte del sistema europeo comune di asilo. Mentre le decisioni che concedono lo status di rifugiato sono aumentate di un quarto rispetto allo scorso anno a circa 147.000 nel 2022, l’ aumento del tasso di riconoscimento è stato determinato principalmente da più decisioni che concedono protezione sussidiaria , che sono aumentate di due terzi a circa 106.000. In particolare, la maggior parte delle decisioni positive rilasciato ai richiedenti siriani cui è stata concessa protezione sussidiaria.

Tra le cittadinanze che hanno ricevuto almeno 1 000 decisioni nel 2022, i tassi di riconoscimento sono stati particolarmente alti per siriani (94 %), bielorussi (88 %), ucraini (86 %), eritrei e yemeniti (84 % ciascuno) e maliani (70 % ). Gli afgani hanno avuto un tasso di riconoscimento significativamente inferiore (54%) rispetto al 2021 (vedi focus paese ). I tassi di riconoscimento sono stati particolarmente bassi per i cittadini di India, Moldavia, Macedonia del Nord e Vietnam (1 % ciascuno), Tunisia e Bosnia-Erzegovina (2 % ciascuno), nonché Venezuela, Serbia e Nepal (3 % ciascuno). Tuttavia, molti venezuelani hanno ricevuto protezione umanitaria ai sensi della legge nazionale.

Carico di lavoro crescente per i sistemi nazionali

Sulla base degli ultimi dati disponibili, alla fine di novembre 2022 erano pendenti in tutti i gradi nell’UE+ circa 950 000 cause ,  in più del 14 % rispetto alla fine di dicembre 2021. Cause pendenti in primo grado – quelle che sono ancora in corso trattati dalle autorità competenti in materia di asilo, escluse quelle aperte in appello o riesame (secondo grado e grado superiore) – sono aumentate notevolmente di più: alla fine di dicembre 2022, circa 636 000 casi erano pendenti in primo grado nei paesi UE+  in aumento del 44 % (o 193 000 casi) rispetto a dicembre 2021. Si tratta del numero di casi in primo grado più elevato per i paesi UE+ dal 2017. A causa delle numerose domande presentate nel 2022, i casi pendenti fino a sei mesi (circa 354 000) sono aumentati molto più forte di quelli pendenti da più di sei mesi (270 000). Mentre la maggior parte delle cause pendenti in primo grado ha riguardato siriani e afghani, gli aumenti maggiori hanno riguardato casi contro colombiani, venezuelani e turchi (in termini assoluti) nonché indiani, peruviani e ucraini (in termini relativi). 

Quanti assenti su Eurodac

Lo scorso febbraio ha suscitato clamore il fatto che in Germania, in base a un rapporto dell’Ufficio federale per le migrazioni e i rifugiati (Bamf), su 151.277 migranti giunti nella nazione nel 2022 per presentare domanda d’asilo, 101mila non risultassero registrati su Eurodac, quel database che ha in memoria milioni e milioni di impronte digitali. Quale il motivo? Fondamentalmente due: o sono riuscite a sfuggire ai controlli alle frontiere esterne oppure sono state lasciate andare senza essere registrate. Questo perché, secondo le regole di Dublino, un Paese di secondo approdo ha diritto di rimandarle indietro un migrante irregolare in quello di primo ingresso, come ad esempio l’Italia o la Grecia. Ma se non si sa da dove è entrato, si deve far carico della sua accoglienza.



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