Dopo la Camera, anche il Senato ha dato il via libera alla nuova relazione del Def sullo scostamento di bilancio varata dal Consiglio dei ministri nella serata del 27 aprile. I voti a favore sono stati 112, i contrari 57, nessun astenuto. Anche la risoluzione della maggioranza è stata votata da 112 senatori, mentre i contrari sono stati 56 e nessun astenuto. Insomma dopo la prima votazione non a favore e che di fatto ha poi obbligato il Governo a fare una corsa contro il tempo per rivotare, la maggioranza dei voti è stata raggiunta.
45 i voti mancanti nella precedente riunione. Nel dettaglio, risultava che non avevano partecipato al voto 14 deputati di FdI, di cui 9 in missione (su 117 hanno votato in 103); 14 i deputati tra le file di Forza Italia che non risultavano presenti al voto, di cui 5 in missione (su 44 deputati hanno votato in 30); 15 invece i non partecipanti al voto nella Lega, di cui 4 in missione l’assenza di Umberto Bossi per malattia (su 65 hanno votato in 50). Infine, su 10 deputati di Noi moderati hanno votato in 8 su 10. Dunque, tirando le somme, 5 gli assenti ingiustificati in FdI, 9 in Forza Italia e 11 nella Lega.
“Il problema è che i deputati non sanno o non si rendono conto”, ha commentato il ministro Giorgetti, secondo cui comunque “non c’è un problema politico”.
“Delle due l’una: o siamo di fronte a un episodio di imperdonabile sciatteria o alla prova conclamata delle divisioni della maggioranza. In entrambi i casi si dimostra la totale inadeguatezza di questo governo e di questa maggioranza, che dovranno risponderne davanti al Paese o siamo al dilettantismo, il problema è che lo pagano l’Italia e la sua credibilità”, ha commentato la segretaria del Pd Elly Schlein.
E ora?
Ora si prova a mettere una pezza sulla prolungata fase di inflazione e il rialzo dei tassi di interesse, in un contesto internazionale che rimane complesso e caratterizzato da forte incertezza, che continua a incidere in misura maggiore sui redditi delle famiglie e sui margini delle imprese italiane. Per ottenere l’autorizzazione all’indebitamento. Misure urgenti per le quali la Meloni è dovuta ricorrere alla procedura prevista dall’articolo 6 della legge 243 del 2012 che prevede che, in circostanze eccezionali e sentita la Commissione Europea, il Governo sottoponga all’approvazione parlamentare una relazione, da approvare a maggioranza assoluta, con cui richiedere l’autorizzazione al ricorso all’indebitamento.
Perché sebbene nel corso del 2022 l’economia italiana ha continuato il recupero, per il secondo anno consecutivo, rispetto al calo registrato nel 2020, la crescita conseguita, pari al 3,7 per cento, è stata confortante, ma il dato di contrazione dei consumi privati rilevato nel quarto trimestre dello scorso anno ha evidenziato che il potere d’acquisto delle famiglie è stato eroso dalla fiammata inflazionistica dell’anno scorso. I conti dei settori istituzionali recentemente diffusi dall’Istat hanno infatti rivelato che i redditi reali si sono ridotti nel corso dell’anno, laddove risulta un aumento dei redditi disponibili nominali di 6,3 per cento da confrontarsi ad un tasso medio d’inflazione dell’8,7 per cento secondo l’indice IPCA. Le famiglie hanno compensato questa riduzione erodendo in parte i risparmi precedentemente accumulati. Nel corso dell’anno la propensione al risparmio si è progressivamente ridotta, collocandosi nell’ultimo quarto d’anno al 5,3 per cento, un valore inferiore rispetto alla media del decennio 2010-2019 (8,2 per cento) e gli italiani hanno dovuto anche fare i conti con il calo di potere di acquisto causato dall’inflazione si è concentrato sulla fascia di lavoratori a reddito fisso allargando il gap tra poveri e ricchi. Il profilo programmatico degli obiettivi di finanza pubblica definito con la Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza 2022 – Versione rivista e integrata (NADEF 2022) del 4 novembre scorso, prevedeva una progressiva riduzione dell’indebitamento netto dal 5,6 per cento del PIL nel 2022 al -4,5 per cento nel 2023, al -3,7 per cento nel 2024 e al -3,0 per cento nel 2025. In termini strutturali, il saldo era stato previsto in -6,1 per cento del PIL nel 2022, -4,8 per cento nel 2023, -4,2 per cento nel 2024 e -3,6 per cento nel 2025. Con il Documento di economia e finanza 2023 sono stati confermati gli obiettivi programmatici di indebitamento netto già autorizzati con la Relazione al Parlamento di novembre 2022 e la NADEF 2022, a fronte di un andamento tendenziale dei conti pubblici più favorevole negli anni 2023 e 2024.
In termini strutturali, il saldo risulta pari al -4,9 per cento nel 2023, -4,1 per cento nel 2024, -3,7 per cento nel 2025 e a -3,2 per cento nel 2026. Le risorse che si rendono disponibili saranno utilizzate con un provvedimento normativo di prossima adozione per sostenere il reddito disponibile e il potere d’acquisto dei lavoratori dipendenti nel 2023 nonché per sostenere le famiglie con figli e saranno destinate, nel 2024, a interventi di riduzione della pressione fiscale. All’attuazione di questi interventi, sono destinati gli spazi finanziari per i quali si chiede l’autorizzazione al ricorso all’indebitamento, comprensivi della spesa per interessi passivi conseguente il maggior disavanzo autorizzato, che ammontano a 3,4 miliardi di euro nel 2023 e 4,5 miliardi di euro nel 2024. Dal 2025, l’autorizzazione all’indebitamento è destinata alla sola spesa per interessi passivi per un importo fino a 314 milioni di euro nel 2025, 335 milioni di euro nel 2026, 370 milioni di euro nel 2027, 390 milioni di euro nel 2028, 415 milioni di euro nel 2029, 440 milioni di euro nel 2030, 460 milioni di euro nel 2031, 485 milioni di euro nel 2032 e 520 milioni di euro dal 2033.
Quali i provvedimenti da prendere con urgenza? Il Governo ribadisce il fatto che occorre sostenere lo slancio nel mercato del lavoro, i cui progressi nel corso degli ultimi anni vanno preservati, allo scopo di generare maggiore occupazione e, per questa strada, maggiori redditi. In quest’ottica, un taglio dei contributi sociali a carico dei lavoratori dipendenti con redditi medio-bassi può contribuire al duplice scopo di incrementare i redditi reali delle famiglie e al contempo limitare la rincorsa salari-prezzi, che renderebbe la vampata inflazionistica causata dai prezzi energetici e alimentari più sostenuta nel tempo, trasformandola in strutturale. Un effetto benefico della conseguente moderazione salariale e del rallentamento dell’inflazione corrente sarebbe anche quello di contenere le aspettative di inflazione degli operatori economici e dei mercati finanziari. Il rallentamento della crescita dei prezzi, che passa necessariamente per il contenimento delle aspettative di inflazione degli operatori economici e dei mercati finanziari, contribuirebbe anche a un complessivo miglioramento dei dati per l’Italia e per l’area dell’euro, i riducendo la probabilità di ulteriori forti rialzi dei tassi guida della Banca Centrale Europea.
Il Presidente del Consiglio dei Ministri, Giorgia Meloni, che il 27 e 28 aprile è stata in visita ufficiale a Londra, incontrando a Downing Street il Primo Ministro Rishi Sunak dove ha firmato il Memorandum d’Intesa sulla Cooperazione Bilaterale, domenica 30 aprile, a partire dalle ore 19.00 a Palazzo Chigi, incontrerà le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale, in merito ai provvedimenti in materia di fisco, lavoro e politiche sociali che saranno esaminati nella riunione del Consiglio dei Ministri di lunedì 1° maggio. Agli incontri parteciperanno, per il Governo, i Ministri dell’economia e delle finanze, Giancarlo Giorgetti, e del lavoro e delle politiche sociali, Marina Calderone e i Sottosegretari alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano e Giovanbattista Fazzolari.
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