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L’UE E I COSTI DELLA NON-INTEGRAZIONE


Negli ultimi 70 anni il processo di integrazione europea ha portato benefici importanti ai cittadini in termini di crescita, lavoro, sostenibilità, tutela sociale, libertà, sicurezza e pace. Eppure, davanti alle nuove sfide, l’attuale costruzione europea sta mostrando tutti i suoi limiti e non riesce a dare risposte sufficientemente efficaci.

L’Europa è a un bivio: può ripiegarsi su se stessa e sull’immobilismo, oppure, intraprendere la via di cambiamenti ambiziosi. Il Parlamento europeo è convinto che solo questa seconda opzione possa dare vere risposte e vantaggi ai cittadini europei. Lunedì 8 maggio a Roma verrà presentato uno studio del Parlamento Europeo proprio sui costi al quale presenzierà Antonio Tajani, vice presidente del Consiglio e ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale.

I contenuti dello studio saranno illustrati da Lauro Panella, capo del servizio ricerca del Parlamento europeo e coautore dell’opera. A seguire Paolo Valentino, giornalista del Corriere della Sera, si confronterà con Antonio Tajani sui temi sollevati dalla ricerca e sulle riforme necessarie per rilanciare il progetto comunitario. Il vice presidente del Consiglio risponderà anche alle domande di un gruppo di studenti della facoltà di Giurisprudenza e di Scienze Politiche dell’Università di Roma Tre. E Carlo Corazza, direttore dell’Ufficio del Parlamento europeo in Italia introdurrà l’evento.  

Quali i punti salienti?

Lo studio esamina proprio i potenziali benefici che si potrebbero conseguire in 50 ambiti strategici, tenendo conto dello stato della legislazione UE e delle sue potenzialità non sfruttate evidenziando i costi della non Europa ricalcando le orme del Rapporto Cecchini che servì all’allora Presidente della Commissione europea Jacque Delors nel 1989 per lanciare il progetto di realizzazione del Mercato Unico europeo.

Secondo il Servizio ricerca del Parlamento, non intraprendere cambiamenti ambiziosi porterebbe ad un altissimo “costo della non Europa”. In sintesi, un’ulteriore integrazione dell’UE potrebbe generare oltre 2,8 miliardi di euro l’anno entro il 2032 e, contribuire al conseguimento degli obiettivi dell’UE nei diritti sociali, la difesa, la sicurezza o l’ambiente. I vantaggi derivanti da un’ulteriore integrazione non sostituirebbero né comprometterebbero quelli derivanti da azioni intraprese a livello nazionale, regionale o locale, bensì li integrerebbero e li rafforzerebbero.



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