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ITALIA, AFFITTI BREVI, I DATI E COSA CAMBIERÀ?


Il mercato delle locazioni, nella seconda parte del 2022, mette in luce un aumento dei canoni di locazione del 3,9% per i monolocali, del 4,2% per i bilocali e del 4,0% per i trilocali. Continua quindi la ripresa dei valori iniziata nel secondo semestre del 2015, fermata dalla pandemia nel 2020, e ripresa a ritmo serrato a partire dal 2021. La domanda di immobili in affitto cresce in seguito al rientro in presenza dei lavoratori fuori sede e degli studenti e all’aumentata richiesta di chi non riesce ad acquistare a causa dei tassi di interesse più elevati. A questo si unisce un’offerta in diminuzione anche in seguito alla decisione di tanti proprietari di rivolgersi al mercato degli affitti brevi per avere un ritorno economico più importante oltre alla possibilità di rientrare in possesso dell’immobile per esigenze personali. Questo scenario ha determinato anche tempi di locazione brevi: 38 giorni.

Il 63% di chi ha preso casa in affitto, in questa seconda parte del 2022, lo ha fatto per scelta abitativa, a seguire i lavoratori fuori sede con il 25,8%, in aumento del 2,1% rispetto allo stesso periodo del precedente anno e infine l’11,2% di studenti universitari.



Anche in questo semestre si segnalano casi di persone che non riescono ad accedere al mercato del credito, primi fra tutti i giovani e i monoreddito. Trend che potrebbe crescere ancora alla luce dell’aumento dei tassi di interesse. Sono soprattutto giovani tra 18 e 34 anni a scegliere l’affitto, il 47,3%. Quanto allo stato civile il 47,2% degli inquilini è rappresentato da single, la maggioranza sono famiglie. Le tipologie più affittate sono il bilocale con il 38% e il trilocale con il 32,2%. La metropoli dove si è registrata la crescita più elevata dei canoni di locazione è Milano: +6,4% l’aumento dei canoni dei monolocali, +6,8% quello dei bilocali, +6,5% quello dei trilocali. A livello di contratti di locazione si nota un aumento del ricorso ai a contratti a canone transitorio (passati da 27,1% a 28,6%) e a canone concordato (da 28,5% a 29,1%).

Quali chance offre oggi questo mercato?

Secondo i dati raccolti dall’Ufficio studi di Locare su un totale di 6,6 milioni di seconde case disponibili per una gestione alternativa, tipo short rent,  circa 579mila sono offerte in affitto breve, ossia l’8,87% del totale; e di queste 212mila circa, cioè poco più di un terzo del totale, sono gestite tramite agenzie immobiliari o società specializzate. Halldis, storica società italiana attiva negli affitti brevi, stima che il mercato degli immobili destinati ad affitti bevi in Italia sia composto da circa 600mila immobili (elaborazione Halldis su dati Istat e Scenari Immobiliari 2021) ed il valore delle compravendite online del comparto extralberghiero nel nostro Paese, la terza piazza mondiale del mercato degli affitti brevi, preceduta solo da USA e Francia, si aggiri attorno ai 3 miliardi di euro (fonte: Osservatorio Digitale Politecnico Milano, 2021).

Quanto costa un appartamento in affitto breve?

Il prezzo dipende dalla località in cui si trova l’appartamento, la posizione, i servizi che offre, (per esempio la presenza di un box, del wi-fi, il numero dei posti letto, il piano sono elementi che possono fare la differenza. Di prassi monolocali e bilocali sono i preferiti per soggiorni brevi da ragazzi e giovani coppie mentre invece i trilocali, i quadrilocali e soluzioni più grandi sono ricercati da famiglie con figli al seguito e vengono presi in affitto per periodi più lunghi, anche per un mese intero.  

Le regole del settore però stanno cambiando, non solo dal lato fiscale, dove vi sono nuovi obblighi di comunicazione all’Agenzia delle Entrate, quanto dal punto di vista della gestione amministrativa. La nuova direttiva europea sulla cooperazione amministrativa (DAC7) annunciata a novembre 2022 prevede infatti che chi affitta una proprietà su una piattaforma (Airbnb, Booking, ecc.) debba comunicare all’apposito registro nazionale di ciascuno Stato membro il proprio transato (per il 2023 la comunicazione dovrà arrivare entro il 31 gennaio 2024). I dati così raccolti confluiranno in un unico database europeo. Sarà poi compito del legislatore nazionale definire bene le regole attuative della normativa comunitaria.



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