Il Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Guardia di Finanza di Venezia, sotto la direzione della Procura della Repubblica di Pordenone, ha denunciato 54 soggetti di nazionalità ucraina, serba, ceca, ungherese, russa ed israeliana (nessun italiano al momento risulta indagato) che, attraverso 14 società site in Scozia, Ucraina, Isole Marshall, Serbia, Estonia, Inghilterra, St. Vincent e Grenadine, Svizzera, Germania, Repubblica Ceca, Israele e Ungheria, perpetravano truffe seriali a danno di cittadini italiani.
In ordine ai reati contestati (associazione per delinquere transnazionale finalizzata ai reati di truffa aggravata, abusiva raccolta del risparmio, abusiva attività di prestazione di servizi di pagamento e riciclaggio) è stato, altresì, richiesto il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca, di quasi cinque milioni e mezzo di euro, frutto dei raggiri. Nell’ambito di un ampio ed articolato contesto investigativo condotto dalla Guardia di Finanza di Venezia, incentrato sull’analisi dei flussi finanziari evidenziati dalle segnalazioni di operazioni sospette e indirizzati a schermi societari internazionali che utilizzavano sistemi di pagamento e piattaforme informatiche create ad hoc, è emerso un vasto sodalizio criminale di carattere internazionale dedito a truffe seriali online, definite “boiler room” – il cosiddetto locale caldaia (perché mettono sotto pressione l’investitore) –, nel settore del Foreign Exchange cd. “FOREX”, il mercato valutario internazionale non regolamentato, nonché del mercato azionario internazionale. In particolare, le piattaforme utilizzate dall’organizzazione criminale ed individuate nel corso delle indagini sono le seguenti: www.toptrade.fm, www.alphacapital.fm, www.globalfxm.com, www.novuscm.com, www.grandfxpro.com, www.dax-300.com.
Il sistema criminale era costituito da una complessa e articolata struttura multi-societaria, a “geometria variabile”, fluida e multitasking, costituita da più livelli operativi, ognuno dei quali servente e deputato prevalentemente ad uno specifico compito. Tale struttura prevedeva la periodica, sistematica apertura e chiusura di società e conti correnti per evitare i controlli delle Autorità competenti e comunque al primo segno di pericolo. Il primo livello, costituito da call center situati nell’Europa centrale, era funzionale a contattare i potenziali investitori italiani e a convincerli a inviare denaro ai codici IBAN di società dell’Europa centro-orientale per investimenti forieri di “miracolosi” guadagni, con l’unico scopo di carpirne i risparmi. Il secondo livello, a cui giungeva il denaro, formato da tali aziende, provvedeva alla raccolta abusiva del risparmio degli ignari truffati, senza avere le previste autorizzazioni governative, disponendone poi i vari fittizi investimenti. Allettati dai primi guadagni, i truffati finivano per impiegare nell’investimento telefonico tutti i risparmi di una vita, bruciandoli letteralmente e scivolando progressivamente in uno stato di prostrazione psicologica che li legava ancora di più ai truffatori, nella speranza di riprendersi dalle inevitabili perdite. In realtà, il denaro veniva utilizzato, mediante servizi di pagamento non autorizzati, anche per il saldo di fatture emesse da imprese comunitarie nei confronti di aziende ucraine e russe e dell’Europa orientale. Nel contempo, i proventi illeciti venivano diluiti, reinvestendoli, cancellandone le tracce e travasandoli in ulteriori conti societari, fino a farli scomparire, per mezzo di professionisti titolari di società svizzere e dei Caraibi. Queste ultime società, definite terzo livello, facendo girare ulteriormente il denaro di illecita provenienza, lo indirizzavano poi al terminale criminale costituito dalla cerchia dei responsabili di Israele e dell’Europa orientale.
Un particolare cenno merita il profilo dei 141 truffati allo stato indentificati (in realtà, il numero di quelli caduti nella rete, anche stranieri, è molto superiore), dislocati su praticamente tutto il territorio nazionale (di cui 34 nel Triveneto). Non si tratta, infatti, di persone sprovvedute o con un basso grado di istruzione: molto spesso i truffati sono liberi professionisti, talvolta dell’area economico-legale, facoltosi che hanno avuto la possibilità di investire decine se non centinaia di migliaia di euro, spesso anche con pregressa esperienza di investimenti azionari.
Le indagini, svolte anche su territorio estero per il tramite di rogatorie internazionali (in particolare in Ungheria e Svizzera) promosse dalla Procura della Repubblica di Pordenone nonché a mezzo della cooperazione internazionale di polizia veicolata dal Comando Generale del Corpo, oltre al perseguimento dei responsabili, sono tese al recupero delle somme oggetto delle truffe. Tali attività si profilano tuttavia particolarmente complesse e di esito incerto anche tenuto conto dell’attuale conflitto in Ucraina, ove sono localizzati la maggior parte dei soggetti indagati.
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