Nonostante i progressi nel corso delle generazioni, le donne se la passano ancora peggio degli uomini nei mercati del lavoro. Le differenze cumulative nei tassi di occupazione, nella partecipazione al lavoro a tempo parziale, nella retribuzione e nella qualità del lavoro si traducono in sostanziali divari di genere in termini di retribuzione e avanzamento di carriera. Ciò contribuisce a ridurre i guadagni nel corso della vita ea aumentare il rischio di povertà in età avanzata per le donne.
Nel 2021, il divario salariale di genere era in media dell’11,9% in tutta l’OCSE. Ciò significa che nell’OCSE, in media, una donna che lavora a tempo pieno guadagna circa 88 centesimi per ogni euro che un lavoratore a tempo pieno guadagna a livello di reddito medio. Ciò rappresenta solo un miglioramento relativamente piccolo rispetto al 2010, quando il divario salariale di genere si attestava al 14%.
Fonte: Indicatore dati OCSE Divario retributivo di genere .
Una recente analisi dell’OCSE ha rilevato la crescita di due tipi di segregazione. Quella orizzontale e quella verticale. In quella orizzontale le e donne tendono ad essere sovrarappresentate nei settori a salari relativamente bassi. In quella verticale che valuta la concentrazione di uomini e donne in diversi livelli di lavoro, l’evidenza è che gli uomini tendono ad essere sovrarappresentati nei ruoli dirigenziali e di leadership.
Congedo parentale e assistenza all’infanzia
Sebbene molti paesi abbiano migliorato il sostegno familiare negli ultimi anni, permane il rischio di modelli di genere nel congedo parentale e nell’assistenza all’infanzia. Dopo aver avuto figli, le donne tendono a prendere congedi più lunghi rispetto agli uomini ed è più probabile che lavorino part-time . Questi cambiamenti contribuiscono alle differenze nella crescita salariale tra donne e uomini, la cosiddetta “penalità della maternità”. Un modo per colmare questo divario è concentrarsi sugli uomini: se ai padri vengono concessi diritti non trasferibili al congedo parentale , la loro fruizione del congedo può aumentare in modo significativo. In Islanda, dove la quota dei congedi parentali usufruiti dagli uomini era solo del 3% prima dell’introduzione delle quote madre e padre nei primi anni 2000, successivamente, la quota di congedi usufruiti dagli uomini è aumentata a circa un terzo delle giornate totali utilizzate; ed ora ha toccato circa il 45% .
Molti paesi dell’OCSE hanno già fatto passi da gigante nella perequazione del congedo parentale. Alcuni paesi dell’UE hanno introdotto il congedo di paternità retribuito, mentre altri hanno aumentato la durata del congedo di paternità retribuito o introdotto diritti di congedo non trasferibili per i padri. Al di fuori dell’UE, anche molti altri paesi hanno migliorato gli incentivi per il congedo di paternità. Purtroppo però ci sono ancora paesi dove la situazione non è altrettanto rosea e spesso l’alto costo dell’assistenza all’infanzia organizzata in centri funge da grande barriera e complica la vita di molte madri che possono tornare al lavoro a tempo pieno perché non in grado di sostenere questi costi. Quindi oltre a promuovere la parità di genere nel lavoro non retribuito e flessibile e a incentivare un uso paritario del congedo parentale, occorre promuovere maggiormente i servizi di assistenza all’infanzia a prezzi accessibili.
Quanto costa l’assistenza all’infanzia per una famiglia a doppio reddito?
Costi netti per una famiglia con due bambini che usufruiscono di strutture per l’infanzia
Misurare la parità di genere sul lavoro: la trasparenza salariale
Le misure per promuovere la trasparenza salariale stanno guadagnando slancio, con oltre la metà dei paesi OCSE che impongono alle imprese del settore privato di segnalare regolarmente il divario salariale di genere. All’interno di questo gruppo, nove paesi OCSE hanno implementato processi completi di verifica della parità retributiva. Ma questi audit richiedono ulteriori analisi dei dati di genere e in genere propongono strategie di follow-up.
Nel report “Global Gender Gap Index”, che misura in 146 Paesi il divario di genere in termini di partecipazione economica e politica, salute e livello di istruzione, l’Italia risulta 63esima, mantenendo la stessa posizione della classifica 2021.
La classifica mondiale: chi sono i Paesi più virtuosi
Il Global Gender Gap Index è un indice composito, compreso tra 0 (assenza di parità) e 1 (totale parità), che misura i divari di genere in diversi campi: la partecipazione economica e politica, la salute e il livello di istruzione. I Paesi più virtuosi in termini di parità di genere sono l’Islanda, che occupa la prima posizione già da diversi anni, seguita dalla Finlandia e dalla Norvegia.
Nella top ten sono presenti anche altri Paesi europei: Svezia, Irlanda e Germania.
Come si posizione l’Italia
Nella classifica del 2022 l’Italia si colloca al 63esimo posto su 146 Paesi monitorati, registrando un miglioramento di solo 0,001 punti (il punteggio complessivo raggiunge il valore 0,720 da 0,721 dell’anno precedente). L’Italia continua ad occupare la stessa posizione del 2021, dopo Uganda (61esima) e Zambia (62esima). A livello di Europa l’Italia è 25esima su 35 Paesi.
Il confronto con alcuni benchmark europei mette in evidenza il ritardo dell’Italia nella riduzione del gap di genere: infatti, Spagna e Francia risultano rispettivamente 17esima e 15esima, mentre la Germania occupa addirittura la decima posizione a livello mondiale.
Quanto occorre attendere perché si riduca il gap di genere?
A livello mondiale serviranno ancora 132 anni per colmare il gap di genere: anche se si tratta di 4 anni in meno rispetto ai 136 stimati nel ranking 2021, l’obiettivo virtuoso è ancora lontano.
Alcune aree nel mondo, come quella europea e nord americana, presentano una situazione migliore: per l’Europa il gap potrebbe essere colmato fra 60 anni (59 anni per il nord America).
Al contrario, il traguardo della parità di genere è decisamente più lontano per altre zone del mondo, come appare dal grafico a fianco riportato.
Il report completo è disponibile al seguente LINK.
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