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MANIPUR, GANDHI CONTRO MODI PER LE VIOLENZE SULLE DONNE E IN TUTTO IL PAESE


Nello stato di Manipur, nel nord-est dell’India, le donne continuano a essere vittime di attacchi brutali da quando sono iniziati gli scontri tra la tribù del gruppo Kuki e un gruppo non tribale, appartenente alla maggioranza etnica Meitei. I residenti e i funzionari della sicurezza affermano che anche le donne stanno giocando un ruolo crescente nel conflitto, imbracciando armi, bloccando le truppe e, secondo le denunce della polizia, istigando persino aggressioni sessuali, affermazioni ritenute inaccettabili dal deputato del Congresso Rahul che giorni dopo essere stato reintegrato come deputato di Lok Sabha, ha visitato il suo collegio elettorale parlamentare a Wayanad del Kerala. E qui ha colto l’occasione per lanciare un feroce attacco contro il primo ministro Narendra Modi per gli scontri etnici in corso nel Manipur. Il leader del Congresso ha affermato che nonostante sia in politica da 19 anni, non aveva mai assistito a niente del genere quando è andato a Manipur. “C’è sangue ovunque, ci sono omicidi ovunque, stupri ovunque. Questa è la situazione nel Manipur e il Primo Ministro Modi”, ha sottolineato Gandhi, “che ha parlato per 2 ore e 13 minuti in Parlamento, ridendo, scherzando con i suoi ministri, ha dedicato solo 2 minuti ai problemi di Manipur”, ha sottolineato Rahul Gandhi parlando del suo impegno a riunire il Manipur. “Il BJP pensa di aver distrutto Manipur. Riporteremo Manipur di nuovo insieme. Potremmo impiegare 5 anni ma riporteremo l’amore a Manipur. Questa è la lotta tra il BJP e il Congresso”, ha detto il deputato del Congresso.

Rahul Gandhi ha anche espresso gratitudine al popolo di Wayanad per il loro incrollabile sostegno. “Il BJP e l’RSS non capiscono cosa sia una famiglia. Non capiscono che più cercano di separare te e me, più diventeremo vicini. Pensano che se squalificassimo Rahul Gandhi, la sua relazione con Wayanad finirà. Invece se squalificate Rahul Gandhi, il suo rapporto con Wayanad diventerà ancora più forte”, ha detto il deputato del Congresso come riporta India Today. Insomma in India famosa per essere «la più popolosa democrazia al mondo» secondo sempre più analisti, la democrazia sembra essere diventata un vero miraggio. E ciò che preoccupa maggiormente, è la crescente efficacia con cui il partito di Modi — premier dal 2014 — riesca a eliminare ogni forma di dissidenza. Modi, ministro capo dello Stato indiano del Gujarat fra il 2001 e il 2014, era già stato a suo tempo criticato per le sue posizioni dispotiche e per la limitazioni alla libertà di stampa imposte nella propria regione. Tendenza, questa, ormai trasposta a livello nazionale. Ultimo colpo alla democrazia indiana, nell’ordine di tempo, è stata lo scorso 24 marzo, quando Rahul Gandhi, leader del Partito del Congresso indiano, dal Parlamento è stato condannato a due anni di carcere per un’accusa di diffamazione che Gandhi ha definito fittizia, annunciando di voler ricorrere in appello contro questa condanna emessa, guarda caso, proprio da un tribunale distrettuale del Gujarat, lo Stato natale del premier Narendra Modi.  Due i suoi obiettivi: il primo, ripulire il suo nome da una condanna da lui ritenuta ingiusta, il secondo, ripresentarsi l’anno prossimo alle elezioni generali .

Quali i motivi di questa condanna?

Tutto è nato durante le settimane di scontri tra Gandhi e i membri del Bharatiya Janata Party (BJP) di Modi. In questo periodo, Rahul Gandhi aveva ripetutamente chiesto un’inchiesta sui rapporti tra Modi e Gautam Adani, il miliardario indiano recentemente caduto in disgrazia dopo le accuse di opacità, manipolazione del mercato e irregolarità contabili. Poi in una serie di discorsi tenuti da Gandhi in Gran Bretagna, il leader criticò lo stato della democrazia indiana sollevando aspre critiche da parte del governo indiano che aveva preteso le sue scuse. Un episodio ritenuto imperdonabile è stato quando Gandhi nel corso di un’apparizione pubblica, ha fatto ironicamente notare che un paio di noti latitanti della giustizia indiana si chiamavano Modi. Un commento che ha profondamente ferito Purnesh Modi, un politico indiano non di grande fama e nemmeno imparentato con il premier Narendra Modi, che però lo ha querelato per diffamazione. Ora c’è chi fa notare che pure Gandhi avrebbe potuto fare lo stesso per l’appellativo che il BJP ha coniato per lui, pappu che significa “scemo”, ma lui non ha mai pensato di sollevare alcuna questione.

Le difficoltà legali dell’opposizione

Ma torniamo alla sentenza del 23 marzo. Il tribunale al momento di decidere ha dato ragione a Purnesh Modi condannando Gandhi a ben due anni di carcere per diffamazione. Condanna che Gandhi ha già detto di volere portare in appello perché da lui e tanti analisti economici di molti Paesi stranieri, ritenuta ingiusta. Anche perché oramai è noto che negli ultimi anni il BJP ha dimostrato di saper mettere a tacere ogni opposizione usando il pugno di ferro. Ne sanno qualcosa i leader dell’Aam Aadmi Party (altro partito di opposizione) dietro ai quali sono stati recentemente sguinzagliati i segugi del Directorate of Enforcement del governo, specializzato in reati finanziari. Gandhi però è un osso duro e proseguirà la sua battaglia per difendere se stesso e contro Modi.

Manipur

Manipur è uno stato nord-orientale dell’India che condivide i suoi confini con Nagaland, Mizoram e Assam su tre lati e la regione Sagaing del Myanmar sul restante. La sua posizione strategica gli ha permesso di essere uno snodo di scambi culturali ed economici tra il subcontinente indiano, l’Asia centrale e il sud-est asiatico. Inizialmente uno stato principesco, Manipur divenne parte della democrazia indiana nel 1947 quando il suo monarca firmò uno strumento di fusione con l’India. Imphal è la città più grande dello stato e anche la sua capitale. Adagiato a 790 m sul livello del mare, Manipur vanta un surplus idrico dovuto alla presenza di quattro bacini fluviali e il lago Loktak, che è il più grande lago d’acqua dolce del paese. Oltre ad essere geograficamente ricco e strategicamente importante, Manipur è anche noto per la sua gente che ha continuato a lasciare il segno. Notevoli tra loro sono Irom Sharmila Chanu, un’attivista per i diritti civili conosciuta anche come la signora di ferro del Nordest, MC Mary Kom, sei volte campionessa mondiale di boxe femminile e più recentemente Saikhom Chanu Mirabai, la prima medaglia d’argento indiana nel sollevamento pesi alle Olimpiadi di Tokyo.



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