ph. A. Shepperd
Ieri Hartwig Fischer, direttore de Il British Museum ha deciso di rassegnare le dimissioni per non avere prestato il dovuto controllo alle opere d’arte e a tutto ciò che di prezioso è esposto di questo prestigioso spazio che dopo la loro scomparsa sono finiti in vendita su Ebay. Un vero e proprio affronto. “È evidente che il British Museum non ha risposto in modo così esauriente come avrebbe dovuto agli avvertimenti del 2021 e al problema che ora è completamente emerso”, ha affermato Fischer in una nota. “La responsabilità di questo fallimento spetta in ultima analisi al regista”. Ossia a lui. Circa una settimana fa il museo ha licenziato un membro dello staff rendendo pubblico che sarebbe stata intrapresa un’azione legale contro quella persona. La polizia metropolitana di Londra ora sta indagando e il museo ha ordinato un controllo indipendente della sicurezza e un “programma vigoroso per recuperare gli oggetti mancanti”. “La maggior parte degli oggetti erano piccoli e conservati in un magazzino”, ha detto il museo. Il British Museum è celebre non solo perché è il più grande e antico del mondo, ma per le sue collezioni comprendono i tesori più belli del pianeta dalla preistoria ad oggi, attraverso reperti e manufatti che vanno dai resti del Partenone alla stele di Rosetta, dalle statue dell’isola di Pasqua alla prima icona di Cristo. La sua collezione attualmente conta 8 milioni di oggetti, comprende la Stele di Rosetta che svelò la lingua dell’antico Egitto, rotoli contenenti poesie cinesi del XII secolo e maschere create dagli indigeni del Canada. Di questi però solo 80mila sono esposti al pubblico, perché molti sono stati prestati ad altri musei per eventi e mostre temporanee e altri sono oggetto di studi o restauri. Il museo ha suscitato polemiche in varie occasioni in passato perché ha resistito alle richieste delle comunità di tutto il mondo di restituire oggetti di significato storico acquisiti durante l’era dell’Impero britannico. Le più famose di queste controversie includono le sculture in marmo del Partenone in Grecia e i bronzi del Benin dell’Africa occidentale.
Ma come è emerso tutto questo pasticcio? Tutto merito dello storico dell’arte e mercante britannico-danese Ittai Grade che intervistato dall’Associated Press ha raccontato la cronistoria dei fatti. Tutto è iniziato quando ha acquistato su eBay, uno dei tre oggetti che precedentemente aveva visto in vendita nel catalogo del British Museum. In realtà in un primo momento non ne era certo. Sembrano tutti oggetti molto simili. Poi Gradel facendo alcune ricerche è risalito alle origini del pezzo acquistato al museo scoprendo che era di proprietà di un uomo che cedette la sua intera collezione al museo nel 1814. Così ha poi allargato le ricerche agli altri due oggetti che non aveva comprato, scoprendo l’identità del venditore tramite PayPal, un dipendente del museo che poi è stato licenziato. Gradel ha poi aggiunto che altri 69 oggetti acquistati dalla stessa persona erano stati rubati aggiungendo che anche il vicedirettore del British Museum, Jonathan Williams, dovrebbe dimettersi”, perché di fatto mi ha detto “di andarmene e di farmi gli affari miei”. Insomma per Gradel la sua colpa sarebbe quella di avere fatto emergere fatti inquietanti ai quali il museo non avrebbe dato la giusta importanza e peso. “Non riesco a capire come qualsiasi persona responsabile del museo possa vedere queste prove senza che tutti i campanelli d’allarme suonino immediatamente”. ha esclamato. “In barba alla mia disponibilità a dare assistenza”. Mercoledì, Fischer aveva rilasciato una dichiarazione in cui affermava che il museo aveva preso sul serio le accuse nel 2021. Ma ha detto che le preoccupazioni erano state sollevate solo su un piccolo numero di oggetti di cui Gradel era divenuto proprietario. Gradel infuriato per l’accaduto ha replicato parlando di mancanza di celerità da parte del museo nonostante lui avesse offerto tutta l’assistenza necessaria ai responsabili nell’immediato. “Purtroppo non sono mai stato contattato”, ha concluso.
George Osborne, presidente degli amministratori del museo, ha accettato le dimissioni di Fischer sottolineando che ha agito “con onore nell’affrontare gli errori che sono stati commessi”. Aggiungendo: “Sono chiaro su questo: sistemeremo ciò che è andato storto. Il museo ha una missione che dura attraverso le generazioni. Impareremo, ridaremo fiducia e meriteremo di essere ammirati ancora una volta”.
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