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LADY DIANA, OGGI IL TRISTE ANNIVERSARIO DELLA SUA MORTE AVVENUTA 26 ANNI FA


Sono passati 26 anni dalla morte della principessa Diana, ma il terribile incidente nel quale Lady D perse la vita nelle prime ore di domenica 31 agosto 1997 nella galleria sotto il Ponte de l’Alma a Parigi, è un ricordo ancora vivo nella mente di tutti noi. Assieme a Diana morirono il suo compagno, l’imprenditore egiziano Dodi Al-Fayed e il conducente dell’auto sulla quale viaggiava la coppia, Henri Paul. L’unico sopravvissuto fu Trevor Rees-Jones, la guardia del corpo di Dodi. Sulle cause dell’incidente furono avanzate numerose ipotesi.

Quella sospettata dal miliardario Mohamed Al-Fayed, padre di Dodi, che credeva fermamente che fosse stato ordito un complotto da parte dei servizi segreti britannici per impedire a Diana di sposare suo figlio, non è mai stata presa in considerazione dalla polizia francese. E l’indagine parallela della polizia metropolitana inglese, nota come operazione Paget, che ha analizzato la vicenda verificando se ci fossero state altre possibili infiltrazioni riguardo quanto accaduto, non ha trovato altre trame oscure.  La conclusione di tutte le indagini fu una sola. Ossia che l’incidente venne causato dalla cattiva condotta dell’autista della limousine Mercedes S-280 Henri Paul, il quale era ubriaco ed aveva fatto uso di psicofarmaci. Ma i dubbi sull’accaduto restano tuttora ancora tanti. Nel corso degli anni, c’è chi ha contestato i risultati di queste indagini. Anche perché dal nulla spunta sempre qualcosa di nuovo e talvolta apparentemente rivelativo. Registrazioni, lettere, diari, foto inedite, video, che fanno sperare che una verità diversa venga a galla e possa rendere giustizia alla prematura scomparsa di questa donna che all’epoca aveva solo 36 anni e ha lasciato prematuramente senza la mamma, i suoi adorati figli William che all’epoca aveva soli 15 anni e Harry 12.

Il libro dei tre reporter francesi che ha riaperto le indagini

Sei anni fa  il libro di tre stimati reporter francesi – Pascal Rostain, Bruno Mouron e Jean-Michel Caradec’h – ha riaperto il dossier sugli eventi che hanno preceduto l’incidente automobilistico nel quale ha perso la vita la principessa. E poiché nel processo, la  domanda ricorrente è stata: “Chi ha ucciso Lady Di?” (Qui a tué Lady D?),  i tre autori hanno poi deciso di usare questa domanda come titolo del loro libro pubblicato dall’editore francese Grasset. Per gli autori del libro molte sono le questioni e testimonianze lasciate in sospeso su quanto accaduto. Tra queste ce n’è una che riguarda una Fiat Uno bianca che fu notata sotto il tunnel da testimoni al momento dello schianto. Potrebbe essere stata proprio la presenza di quest’auto all’interno del tunnel dove la Mercedes è arrivata per fuggire ai paparazzi a circa 150 chilometri orari ad avere causato involontariamente l’incidente dalla ricostruzione dei fatti. Quando Henri Paul ha avvistato la Fiat bianca, che procedeva lentamente, ha premuto i freni, facendo così girare l’auto da un lato, manovra che ha causato la perdita di uno specchietto retrovisore, e che poi non solo non gli ha permesso di raddrizzare l’auto, ma nemmeno di riprenderne il controllo. L’autista della Fiat bianca spaventato avendo compreso la gravità dell’accaduto, ha poi deciso di fuggire. La sua testimonianza però ha poi aiutato la polizia ad arrivare alle ovvie conclusioni. Ossia che si è trattato di un semplice fatale incidente stradale.

Il libro poi punta i riflettori anche su un altro aspetto, ossia sulle condizioni dell’auto, scelta all’ultimo momento in tutta fretta e senza alcun controllo di sicurezza dall’autista, Henri Paul, quando Dodi ha chiesto di essere immediatamente accompagnato con Diana nel suo appartamento parigino. L’auto era stata acquistata nuova e rubata al proprietario precedente a Dodi, Eric Bousquet, un dirigente pubblicitario, da un prigioniero evaso che la portò a fare un giro nella campagna vicino a Parigi. Fu trovata semidistrutta, dopo essersi ribaltata più volte, in un campo vicino all’aeroporto di Roissy. E poi venne ricostruita pezzo dopo pezzo da un team di meccanici che lavoravano in un concessionario della Mercedes. Dodi l’acquistò due anni prima del tragico incidente in cui morì assieme a Diana. Durante il processo un ex conducente durante la sua testimonianza asserì che si era lamentato più volte della stabilità di quella vettura, precisando che aveva segnalato che avrebbe potuto essere pericolosa se guidata a una velocità superiore a 60 chilometri orari. L’auto fu rimandata più volte alla Mercedes per essere sottoposta a numerosi interventi, ma i problemi di mancanza di stabilità rimasero persistenti. Diverse settimane prima dell’incidente, quest’auto fu rubata una seconda volta, ritrovata e messa in garage per ulteriori riparazioni. Dopo il tragico incidente, il relitto dell’auto fu poi spedito in Gran Bretagna per analisi forensi all’inizio del Duemila. E l’unico fatto certo fu che Diana su quell’auto non fosse al sicuro. Il destino poi ha fatto tutto il resto.



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