L’arrivo del Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, a New York per la 78ma Assemblea Generale delle Nazioni Unite
È dovere di tutte le Nazioni che hanno a cuore la dignità della persona umana dichiarare una guerra globale e senza sconti ai trafficanti di esseri umani: questo è il messaggio che ho voluto mandare durante il mio intervento all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, ha scritto Giorgia Meloni su Twitter. Un intervento molto atteso il suo durante il quale ha parlato della guerra, stigmatizzando anche in questa occasione, l’invasione russa dell’Ucraina che ha fatto a tutti riavvolgere il nastro della memoria al tempo delle guerre di dominio e di stampo neo-imperialista “del quale pensavamo di esserci liberati nel secolo scorso la Ragione può ancora avere la meglio, e che l’amore di Patria, il valore della Nazione, può ancora essere difeso oltre l’inimmaginabile” ha detto aggiungendo che: “Sta a noi, a ciascuno di noi, decidere da quale parte della storia stare, in coscienza. Ma non dobbiamo prenderci in giro, perché questa è la posta in gioco. La scelta tra la Nazione e il caos, e tra la Ragione e la prevaricazione”. “L’Italia ha scelto chiaramente da che parte stare. Lo ha fatto per senso di giustizia. Lo ha fatto perché è consapevole di quanto sarebbe difficile governare un mondo nel quale ha avuto la meglio chi bombarda le infrastrutture civili sperando di piegare un popolo con il freddo e il buio, chi utilizza come arma l’energia e ricatta le Nazioni in via di sviluppo impedendo di esportare il grano, la materia prima indispensabile per sfamare milioni di persone”, ha aggiunto. Anche perché le conseguenze del conflitto in Ucraina hanno travolto tutti come in un domino, impattano soprattutto sulle Nazioni del sud del mondo. La Meloni ha assicurato che l’attenzione dell’Italia è rivolta particolarmente verso l’Africa, “dove nazioni già provate dai lunghi periodi di siccità e dalle conseguenze dei cambiamenti climatici si trovano oggi di fronte a una situazione difficilissima anche in termini di sicurezza alimentare, che le espone ancora di più all’instabilità, e le rende facili prede del terrorismo e del fondamentalismo”. Facile poi la liaison con i trafficanti di esseri umani che organizzano la tratta dell’immigrazione illegale di massa. “Illudono che affidandosi a loro chi vuole migrare troverà una vita migliore, si fanno pagare migliaia di dollari per viaggi verso l’Europa che vendono con le brochure come fossero normali agenzie di viaggio, ma su quelle brochure non scrivono che quei viaggi troppo spesso conducono alla morte, a una tomba sul fondo del mar Mediterraneo. Perché a loro non importa se la barca sia adatta o meno ad affrontare quel viaggio, l’importante per loro è solo il margine di guadagno. Noi vogliamo combattere la mafia in tutte le sue forme, e combatteremo anche questa. Il punto è che combattere le organizzazioni criminali dovrebbe essere un obiettivo che ci unisce tutti, e che investe anche le Nazioni Unite, che investe anche questo luogo”.
Con il Processo di Roma, avviato a luglio con la Conferenza su Migrazioni e Sviluppo, la Meloni ha coinvolto le nazioni mediterranee e diverse nazioni africane su un processo che si snoda lungo due direttrici fondamentali: sconfiggere gli schiavisti del terzo millennio da un lato, e affrontare le cause alla base della migrazione dall’altro, con l’obiettivo di garantire il primo dei diritti, che è il diritto a non dover emigrare, a non essere costretti a lasciare la propria casa, la propria famiglia, a recidere le proprie radici, potendo trovare nella propria terra le condizioni necessarie a costruire la propria realizzazione. “Anche qui bisogna avere il coraggio di dire le cose come stanno”, ha precisato la Meloni. “L’Africa non è un continente povero. È al contrario un continente ricco di risorse strategiche. Detiene la metà di quelle minerarie del mondo, tra cui abbondanti terre rare, e il 60% delle terre coltivabili, spesso inutilizzate. Purtroppo è stato spesso, ed è, un continente sfruttato. Troppo spesso gli interventi delle Nazioni straniere nel continente non sono stati rispettosi delle realtà locali. Spesso l’approccio è stato predatorio, e ciononostante perfino paternalistico. Occorre invertire la rotta”. Ora l’obiettivo della premier è quello di contribuire a creare un modello di cooperazione, capace di collaborare con le Nazioni africane affinché possano crescere e prosperare grazie alle risorse che possiedono. Una cooperazione da pari a pari, perché l’Africa “non ha bisogno di carità, ma di essere messa in condizioni di competere ad armi pari” ha detto la Meloni, parlando di “investimenti strategici e progetti reciprocamente vantaggiosi”. Perché di fatto questa è l’unica alternativa al fenomeno della migrazione di massa, “un’alternativa fatta di lavoro, formazione, opportunità nelle nazioni di provenienza, e percorsi di migrazione legale e concordata e dunque anche integrabile”. La premier poi ha sottolineato che il nostro Paese sarà il primo a dare il buon esempio con il “Piano Mattei per l’Africa”, un piano di cooperazione allo sviluppo che prende il nome di Enrico Mattei, un grande italiano che sapeva conciliare l’interesse nazionale italiano con il diritto degli Stati partner a conoscere una stagione di sviluppo e progresso. “Pensiamo all’intelligenza artificiale”, ha concluso la Meloni. “Le applicazioni di questa nuova tecnologia rappresentano sicuramente una grande opportunità in molti campi, ma non possiamo fingere di non comprendere anche gli enormi rischi che porta con sé. Oggi ci confrontiamo con un progresso che rischia di sostituire le capacità umane. E se in passato questa sostituzione si concentrava sul lavoro fisico, così che gli uomini potessero concentrarsi sui lavori di concetto e di organizzazione, oggi è l’intelletto che rischia di essere soppiantato, con conseguenze che potrebbero essere devastanti, particolarmente nel mercato del lavoro. Lo scorso giugno nel corso del Consiglio Affari Interni dell’Unione europea era stato trovato l’accordo tra i Ventisette per approvare due pacchetti legislativi sulle procedure di gestione delle frontiere e dei richiedenti asilo. Dodici le ore di discussione impiegate per definire i dettagli. E alla fine è stato confermato il meccanismo della solidarietà obbligatoria 20 mila euro di indennizzo per ciascun richiedente asilo non ricollocato, in caso di boom di arrivi.
Cosa prevede l’accordo sui migranti raggiunto dai governi europei
Si tratta di due normative che andranno a comporre il complesso mosaico di cui si compone il Patto sulla migrazione. La cui approvazione definitiva, secondo l’iter di approvazione comunitario, prevede che si trovi ora una posizione comune con il Parlamento europeo. Al centro della questione c’è soprattutto la definizione del perimetro di Paesi terzi verso i quali è possibile rinviare i migranti che non ottengono asilo in Europa. Un nodo non semplice, poiché si tratta di definire quegli Stati che possono essere considerati “sicuri”. Il governo della Germania ha accolto il raggiungimento dell’intesa con particolare soddisfazione, parlando di “successo storico” per l’Unione europea. Ora l’Ue si doterà di una capacità di gestione prefissata, che aumenterà nell’arco dei prossimi tre anni. La ripartizione dei migranti è prevista tra i Ventisette sulla base di due parametri: il Prodotto interno lordo e la popolazione. Sarà poi la Commissione a stabilire se un Paese abbia o meno bisogno di solidarietà in caso di crisi (boom di arrivi). In tal caso sarà esentato dalla procedura di frontiera Ue, potrà ottenere il ricollocamento di migliaia di persone o un indennizzo per ogni migrante non trasferito, che è stato quantificato in 20mila euro per le spese di gestione.
La Germania però in queste ore si è spostata sul fronte del no perentorio. Il ministero dell’interno guidato da Nancy Faeser (SPD), infatti, ha ribadito la propria posizione: la Germania non accoglierà altri migranti provenienti dall’Italia, almeno per il momento. Il meccanismo di solidarietà volontaria dell’Unione Europea per l’accoglienza dei rifugiati, quindi, rimane in sospeso, ma i colloqui potrebbero essere “ripresi in qualsiasi momento”. “L’Italia non sta rispettando le riammissioni del sistema di Dublino. E finché non lo farà, nemmeno noi accoglieremo altri rifugiati” dall’Italia con il meccanismo di solidarietà”. Una levata di scudi sulla migrazione che potrebbe essere “una forza dissolvente per l’Unione Europea” a causa delle profonde differenze culturali tra i paesi europei e della loro incapacità a lungo termine di raggiungere una politica comune. A lanciare l’allarme, in un’intervista al Guardian, è l’Alto Rappresentante Ue per la Politica Estera Josep Borrell. “Alcuni membri dell’Ue hanno uno stile ‘giapponese’: non vogliamo mescolarci. Non vogliamo migranti. Non vogliamo accettare persone dall’esterno. Vogliamo la nostra purezza”, ha sottolineato Borrell osservando come, invece, l’Europa “necessiti ” dei migranti contro il calo demografico.
Berlino finanzia Sos Humanity, ‘grande stupore’ di Palazzo Chigi
“Il 18 settembre il ministero degli Esteri federale tedesco ha stanziato i fondi destinati al salvataggio in mare previsti dalla Commissione di bilancio e ha approvato una richiesta che prevede di sostenere finanziariamente Sos Humanity”, ha precisato il portavoce, Lukas Kaldenhoff. “Avremmo preferito che tutti i due milioni di euro all’anno stanziati nel bilancio federale per il soccorso in mare nel Mediterraneo fossero stati destinati al soccorso civile (…) attraverso l’alleanza United4Rescue, come inizialmente previsto”, ha aggiunto Kaldenhoff, coordinatore della comunicazione terra-mare della Ong. “L’indipendenza politica del nostro lavoro non è messa in discussione da finanziamenti pubblici o privati”, ha sottolineato il portavoce aggiungendo che “il sostegno finanziario a singole organizzazioni di soccorso in mare non esime il governo tedesco dall’obbligo di attuare gli obiettivi formulati nell’accordo di coalizione del 2021”: tra questi, ha citato Kaldenhoff, c’è “un soccorso in mare nel Mediterraneo coordinato dallo Stato e sostenuto dall’Europa”. “SOS Humanity continuerà a battersi per questo obiettivo”, ha concluso. “Il ministero degli Affari Esteri federale sta attuando un programma di sostegno finanziario istituito dal Bundestag”, il parlamento tedesco, ha ricordato il portavoce, aggiungendo che “l’obiettivo è quello di sostenere sia il soccorso civile in mare che i progetti a terra per le persone soccorse in mare. Abbiamo ricevuto diverse richieste di finanziamento. In due casi l’esame delle domande è già stato completato. L’erogazione dei fondi, in questi due casi, è imminente”. “Si tratta di un progetto per l’assistenza a terra in Italia di persone soccorse in mare e di un progetto di un’organizzazione non-governativa sulle misure di salvataggio in mare”, ha aggiunto ancora senza indicare nomi. Anche se il portavoce non l’ha ricordato, Hans-Dieter Lucas – l’ambasciatore tedesco a Roma – appena martedì scorso aveva scritto su X che “Sant’Egidio svolge un lavoro eccellente qui in Italia e nel mondo. La Germania continuerà a sostenerlo. Sono lieto di aver firmato oggi un nuovo progetto sulla migrazione con (il segretario generale della Comunità) Cesare Zucconi. Perché l’Europa può risolvere il tema dei rifugiati solo insieme”. “La portata del finanziamento del progetto in ciascun caso è compresa tra 400.000 e 800.000 euro”, ha invece rivelato il portavoce ricordando che quello “da parte del ministero degli Esteri nel 2023 è limitato a un totale di 2 milioni di euro per tutti i progetti” da finanziare. A giugno il settimanale Der Spiegel aveva scritto che il dicastero stava rimandando il finanziamento all’organizzazione tedesca ‘United 4 Rescue’ che finanzia navi di ong impegnate nel Mediterraneo nel soccorso a migranti Sea Watch, Sos Humanity e Sea Eye forse per favorire il rapporto con il governo italiano.
Fonti di Palazzo Chigi hanno espresso “grande stupore per la notizia riportata dall’ANSA secondo la quale un portavoce del ministero degli Esteri della repubblica federale di Germania avrebbe annunciato un imminente finanziamento a delle ONG per un progetto di assistenza di migranti sul territorio italiano e un progetto di “salvataggi” in mare”. E la replica è stata questa: “Il governo italiano prenderà immediatamente contatto con le autorità tedesche per un chiarimento. Si confida che la notizia sia priva di ogni fondamento perché il finanziamento da parte della Germania di attività di ONG sul territorio italiano sarebbe una grave anomalia. Il sostegno al trasferimento di immigrati irregolari in Italia, “rappresenterebbe una gravissima anomalia nelle dinamiche che regolano i rapporti tra Stati a livello europeo e internazionali. Tale notizia è in ogni caso l’occasione per ribadire la necessità di fare chiarezza sulle attività delle ONG nel mediterraneo e l’esigenza di stabilire che i migranti trasportati da organizzazioni finanziate da Stati esteri debbano essere accolti da questi ultimi”, concludono le stesse fonti.
Borrell: ‘Il dossier migranti rischia di dissolvere l’Ue’
La migrazione potrebbe essere “una forza dissolvente per l’Unione Europea” a causa delle profonde differenze culturali tra i paesi europei e della loro incapacità a lungo termine di raggiungere una politica comune. A lanciare l’allarme, in un’intervista al Guardian, è l’Alto Rappresentante Ue per la Politica Estera Josep Borrell. “Alcuni membri dell’Ue hanno uno stile ‘giapponese’: non vogliamo mescolarci. Non vogliamo migranti. Non vogliamo accettare persone dall’esterno. Vogliamo la nostra purezza”, sottolinea Borrell osservando come, invece, l’Europa “necessiti ” dei migranti contro il calo demografico. Borrell, al quotidiano britannico, ha affermato che il nazionalismo è in aumento in Europa, ma ha detto che questo è dovuto più alla migrazione che all’euroscetticismo. “Si temeva che la Brexit fosse un’epidemia. E non lo è stata. E’ stato un vaccino. Nessuno vuole seguire l’uscita dei britannici dall’Unione Europea”, ha osservato. Tuttavia, “la migrazione è una frattura più grande per l’Unione Europea. E potrebbe essere una forza dissolvente per l’Unione Europea”. Nonostante l’istituzione di una frontiera esterna comune, “non siamo stati in grado finora di concordare una politica migratoria comune”, ha sottolineato l’Alto Rappresentante ribadendo un concetto: “Se vogliamo sopravvivere dal punto di vista produttivo abbiamo bisogno dei migranti”.
L’Unione europea stanzia 127 milioni per la Tunisia
A sostegno dell’attuazione del memorandum d’intesa con le autorità tunisine la Commissione europea annuncia oggi 60 milioni di sostegno al bilancio per la Tunisia e un pacchetto di assistenza operativa sulla migrazione per circa 67 milioni di euro, che saranno esborsati nei prossimi giorni, contrattualizzati e consegnati in tempi brevi. Questo primo pacchetto si basa sulla stretta cooperazione con Tunisi per quanto riguarda la repressione delle reti di trafficanti illegali. Lo ha annunciato la portavoce dell’esecutivo comunitario Ana Pisonero. La Commissione “sta accelerando sia i programmi in corso che le azioni nell’ambito dell’assistenza” collegata al memorandum, ha spiegato. “Ci aiuteranno ad affrontare la situazione urgente che vediamo oggi a Lampedusa, in linea anche con il piano in 10 punti” annunciato. “Il pacchetto che annunciamo oggi combina sia l’assistenza in corso e nuova assistenza nell’ambito del pacchetto di sostegno”. “I sostegni per quasi 67 milioni per le azioni migratorie saranno aggiudicati e consegnati rapidamente”, ha aggiunto. Siamo “impegnati a portare avanti l’attuazione del memorandum dando priorità, nel campo della cooperazione in materia di migrazione, alla repressione delle reti di trafficanti e intensificando l’assistenza dell’Ue per lo sviluppo delle capacità delle autorità di contrasto tunisine, nonché il sostegno ai rimpatri dei volontari e al reinserimento dei migranti migranti nei loro paesi di origine nel pieno rispetto”.
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