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CINA, MICROCHIPS, L’OBIETTIVO ORA È ABBANDONARE L’IMPORT E PUNTARE SEMPRE PIÙ SULLA PRODUZIONE DOMESTICA


Alcune settimane dopo che  Huawei Technologies  ha lanciato i nuovi smartphone 5G alimentati da un processore avanzato “rivoluzionario” di fabbricazione cinese , un alto dirigente della società inclusa nella lista nera degli Stati Uniti, ha chiesto una maggiore adozione di chip sviluppati internamente per contribuire a portare avanti i progressi nell’industria nazionale  dei semiconduttori. Nella notizia segnalata da SCMP viene riportata anche un’importante dichiarazione del vicepresidente di Huawei Eric Xu Zhijun che parla di un gap tecnologico ancora molto marcato e che andrà corretto.

“C’è ancora un divario tra chip, server e personal computer fabbricati in Cina e sviluppati all’estero, ma se non utilizziamo [prodotti coltivati ​​in casa] quel divario non si colmerà mai”, ha affermato il vicepresidente Xu Zhijun. Con sacrosanta ragione tenuto conto che ad oggi è Taiwan è il primo produttore mondiale di semiconduttori. E’ lì che si concentra il 60% del mercato, e al secondo posto, con il 19%, di piazza la Corea del Sud. Quali sono le aziende più importanti, quasi monopoliste? Tsmc e Samsung che superano anche il colosso americano Intel che ora ha preso accordi con l’Italia per un grande investimento destinato alla produzione di chip. L’obiettivo è «preparare competenze in aree specifiche, a partire da punti di forza che esistono», ha spiegato alcune settimane fa all’Ansa Alessandro Aresu, capo del segreteria tecnica del ministero per l’Università e la Ricerca, riferendosi ai provvedimenti approvati lo scorso 7 agosto, con i 30 milioni stanziati dal Consiglio dei ministri, più il credito d’imposta e gli investimenti per oltre 600 milioni previsti nel decreto omnibus. A” queste cifre si aggiungono i 50 milioni stanziati per ricerca e sviluppo dei semiconduttori a livello nazionale dal Piano nazionale di ripresa e resilienza”, ha detto Vittorio Privitera, direttore dell’Istituto per la microelettronica e microsistemi del Consiglio Nazionale delle Ricerche. Ci sono poi anche i 40 milioni del progetto Beyond Nano, che riguardano soltanto l’ecosistema della ricerca di Catania, stanziati da Regione Sicilia, Cnr e Mur, più i 10 che, sempre a Catania, provengono dall’iniziativa europeo Ipcei 2, relativa ai più importanti progetti di interesse europeo.

Ancora il decreto omnibus prevede l’istituzione di un Comitato tecnico per la microelettronica. Sono finanziamenti grazie ai quali la ricerca e la tecnologia italiane relative ai semiconduttori si preparano al Chips Act, il provvedimento europeo il cui iter sta procedendo velocemente, ha detto Aresu, «con la possibile approvazione a breve, in alcune settimane». La ricerca italiana si prepara a partecipare ai futuri bandi in questo campo, i cui temi potranno spaziare dal trasferimento tecnologico ai chip quantistici. Auto elettriche e dispositivi al servizio della transizione ecologica sono fra i principali ambiti di applicazione dei chip allo studio in Italia, dove si lavora anche a semiconduttori basati su materiali compositi, come carburo di silicio e nitruro di gallio. «Si tratta – ha aggiunto Aresu – di mettere a punto competenze in aree specifiche, a partire da punti di forza che esistono». Fra questi c’è l’ecosistema della ricerca di Catania voluto dal Pnrr e nato grazie alla collaborazione di Cnr, università e aziende private, come STMicroeletronics e Lpe-Asm. È un hub della ricerca che fa da ponte verso lo sviluppo industriale, puntando allo sviluppo di nuove tecnologie e delle relative infrastrutture. Fra queste una delle rare camere pulite presenti in Italia.

In Cina però non tutti sono d’accordo sul fai-da-te

Secondo Xu, i severi controlli sulle esportazioni statunitensi, dovrebbero fornire alle aziende cinesi lo slancio per sviluppare chip basati su tecnologie sviluppate internamente e prive di restrizioni. Tuttavia, Huawei ritiene che la tecnologia cinese di produzione di semiconduttori continuerà a recuperare terreno per molto tempo, ha affermato Xu. In tali circostanze, Honor , ex marchio di smartphone economici di Huawei, non  ha intenzione di sviluppare i propri circuiti integrati avanzati o di allontanarsi dal suo impegno nei confronti dei fornitori di lunga data. “Non abbiamo un piano per lo sviluppo [system-on-a-chip]”, ha  detto giovedì l’amministratore delegato di Honor, George Zhao Ming . “La collaborazione di Honor con MediaTek e Qualcomm ci ha permesso di accedere alle migliori soluzioni di chip”.

Ora Honor concentrerà i suoi sforzi sullo sviluppo  di chip non core come C1 , il dispositivo di comunicazione a radiofrequenza autosviluppato dall’azienda progettato per rafforzare i segnali 5G . Sebbene ci fossero state alcune speculazioni sul fatto che Honor avrebbe portato avanti le attività di progettazione di chip presso una nuova filiale , la Shanghai Honor Intelligent Technology Development Co, giovedì Honor per spazzare via qualsiasi tentativo di speculazione su ciò che aveva affermato, ha chiarito che la società in questione, altro non è che una delle cinque società di ricerca e sviluppo della Honor.



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