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PROSEGUE IL BRACCIO DI FERRO TRA HAMAS, PALESTINESI E ISRAELE


La “distruzione totale di Hamas e delle sue forze militari”: questo, secondo Benjamin Netanyahu, è l’obiettivo dell’operazione “Spade di ferro”, nome dato dall’esercito israeliano alla nuova guerra a Gaza. Operazione in cui notte dopo notte si susseguono incursioni terrestri e attacchi aerei preparatori, in particolare nel nord dell’enclave dove, secondo lo stato maggiore, sono stati distrutti quasi 150 obiettivi militari sotterranei. Al prezzo di oltre 8.000 morti secondo Hamas, 2.000 dispersi tra le rovine e quasi 20.000 palestinesi feriti in ventitré giorni, per la maggior parte civili.

Il motivo per cui il conflitto israelo-palestinese infiamma il mondo? Non solo per le migliaia di morti civili, ma perché solleva una questione morale universale: quella della parità di diritti. Quella del sogno di avere due popoli due stati. Il fatto che la legittimità internazionale di Israele sia accompagnata dalla negazione dei diritti dei palestinesi ha continuato a creare un divario sempre più ampio. Nel quale si è insinuato Hamas di cui sono note le azioni efferate di questi giorni. Oggi le forze di terra israeliane si sono spinte più in profondità all’interno di Gaza , avanzando con carri armati e altri veicoli blindati. L’esercito, scrive AP, ha detto che una donna soldato, il Pvt. Ori Megidish, catturata durante la brutale incursione di Hamas del 7 ottobre è stata salvata a Gaza: il primo salvataggio dall’inizio della guerra durata settimane. Attualmente si ritiene che Hamas e altri gruppi militanti detengano circa 240 prigionieri, tra cui uomini, donne e bambini. Hamas, che ha rilasciato quattro ostaggi , ha detto che lascerà andare gli altri in cambio di migliaia di prigionieri palestinesi detenuti da Israele, tra cui molti implicati in attacchi mortali contro israeliani. Israele però ha già respinto l’offerta e Netanyahu ha affermato che l’invasione di terra “creerà la possibilità” di liberare più ostaggi mettendo sotto pressione Hamas”.

Il successo ottenuto non sembra tuttavia poter compensare lo shock per il video dei tre ostaggi, di cui le tv israeliane hanno dato notizia senza tuttavia trasmetterlo. A far sapere l’identità delle tre donne è stato lo stesso premier: Yelena Tropanov (del kibbutz Nir Oz), Danielle Alloni e Rimon Kirscht (del kibbutz di Nirim), che hanno visto i loro cari uccisi o rapiti nell’assalto di tre settimane fa. “Scontiamo il tuo fallimento politico, di sicurezza e militare. Non c’era l’esercito – ha gridato Alloni – non c’era nessuno, nessuno ci ha protetto. Ora siamo prigioniere qui… a condizione che non ci sia nessuna condizione. Ci uccidete. Volete forse ucciderci tutti? Volete che l’esercito ci uccida? Non basta che cittadini israeliani siano stati uccisi? Liberate ora i loro cittadini e prigionieri. Liberateci: adesso, adesso, adesso!”, ha incalzato la donna chiedendo di fatto di accettare lo scambio di prigionieri proposto da Hamas.

Un atto d’accusa a cui il premier non ha ovviamente replicato, chiarendo tuttavia in una conferenza stampa a Tel Aviv che non ci sarà nessuno scambio e nessun passo indietro. “C’è un tempo per la pace e un tempo per la guerra. Ora è tempo di guerra. Non l’abbiamo voluta noi ma la porteremo a termine fino alla vittoria”, ha tuonato Netanyahu, respingendo qualsiasi ipotesi di dimissioni. “L’unica che voglio si dimetta – ha risposto a una domanda dei giornalisti – è Hamas, li costringeremo a dimettersi, a rinunciare ai loro obiettivi, è una mia responsabilità e continuerò a guidare il mio Paese” in guerra.
I familiari dei tre ostaggi hanno invece reagito al video lanciando un appello ai leader occidentali. “Chiedo al presidente Biden – ha detto uno di loro – di fare il possibile per riportarli a casa. Il tempo sta passando ma non è tardi per farli tornare”.

Sul terreno la strategia militare, ha spiegato il portavoce dell’esercito, resta quella delle “azioni combinate terra-mare-aria”. Con gli attacchi che in questi ultimi giorni sono aumentati in modo esponenziale, arrivando a colpire oltre 650 obiettivi a Gaza: depositi di armi, postazioni di lancio di missili anti tank (anche vicino l’università di Al-Azhar), nascondigli sotterranei e basi di addestramento di Hamas. La polizia ha invece annunciato di aver identificato i corpi di 1.135 israeliani uccisi: 823 civili e 312 soldati. Tra loro anche l’israeliana con passaporto tedesco Shani Louk, 22 anni, rapita nel rave di Reim e massacrata come dimostrano alcuni video.
Nella Striscia la situazione è al collasso e di certo gli aiuti umanitari che riescono a filtrare con il contagocce non bastano. Oggi sono entrati 40 camion dal valico di Rafah ma la Casa Bianca in serata ha annunciato che l’obiettivo è farne transitare almeno cento al giorno. I morti (le autorità di Hamas non distinguono tra civili e combattenti) sono arrivati a 8.306, di cui 3.457 “minori”. I feriti sono oltre 21.000. 

Nel pomeriggio, nella Cisgiordania occupata, Israele ha effettuato attacchi aerei contro i militanti che si scontravano con le sue forze nel campo profughi di Jenin. Hamas ha detto che quattro dei suoi combattenti sono stati uccisi lì. A partire da domenica, le forze e i coloni israeliani hanno ucciso 123 palestinesi, inclusi 33 minori, in Cisgiordania, metà dei quali durante operazioni di ricerca e arresto, ha detto l’ONU.

Operazioni di terra più ampie sono state lanciate sia a nord che a est di Gaza City. Sebbene Israele abbia ordinato ai palestinesi di fuggire dal nord, dove si trova Gaza City, e di spostarsi a sud,  Secondo i dati delle Nazioni Unite, circa 117.000 sfollati si trovano negli ospedali nel nord di Gaza, insieme a migliaia di pazienti e personale sanitario. L’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi, nota come UNRWA, afferma che quasi 672.000 palestinesi si stanno rifugiando nelle scuole e in altre strutture in tutta Gaza, che hanno raggiunto quattro volte la loro capacità. Il capo dell’UNRWA Philippe Lazzarini ha accusato Israele di “punizione collettiva” dei palestinesi e di aver forzato il loro spostamento dal nord di Gaza al sud, dove non sono ancora al sicuro. Sul versante israeliano sono morte oltre 1.400 persone, soprattutto civili uccisi durante l’attacco iniziale di Hamas, anche questo un dato senza precedenti.

“Gaza è l’inferno in terra, salvare l’umanità dall’inferno oggi significa per l’Onu salvare i palestinesi a Gaza. Virtualmente tutta la nostra gente nella Striscia è senza casa, sfollata, e non sono sicuri in nessun posto”, queste le parole dell’ambasciatore palestinese all’Onu, Riyad Mansour pronunciate durante il suo discorso alla riunione di emergenza del Consiglio di Sicurezza dell’ONU. “Quanti altri giorni aspetterete per dire basta?”, ha concluso.

“Le vite di tutti civili, israeliani e palestinesi devono essere protette”, ha detto l’ambasciatrice americana all’Onu Linda Thomas-Greenfield in Consiglio di Sicurezza.”A tre settimane dagli attacchi di Hamas, in questo momento di sofferenza, dobbiamo unirci per chiedere il rilascio immediato degli ostaggi e la consegna degli aiuti a Gaza. Israele ha tutto il diritto di difendersi, ma le leggi internazionali devono essere rispettate, questo significa che Hamas non deve usare i civili come scudi umani e Israele deve fare il possibile per proteggere i civili”.



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