Il segretario di Stato americano Antony Blinken è arrivato a Tel Aviv, questa è la sua terza volta in un solo mese, per affrontare una serie di colloqui con il premier israeliano Benjamin Netanyahu. Il segretario visiterà anche la Giordania e poi potrebbe fare ulteriori soste nella regione prima di recarsi in Asia all’inizio della prossima settimana. Biden ha chiesto una pausa umanitaria perché a suo avviso Israele rischia di distruggere un’eventuale possibilità di pace se non prova a migliorare rapidamente le condizioni umanitarie a Gaza per i civili palestinesi mentre intensifica la sua guerra contro Hamas.La richiesta di fatto è quella di sospendere le operazioni militari nel territorio per consentire l’immediata e maggiore fornitura di assistenza. Questo per evitare, secondo anche Blinken che la situazione attuale spinga i palestinesi verso un ulteriore radicalismo mettendo effettivamente fine alle prospettive di un’eventuale ripresa dei colloqui di pace per porre fine al conflitto. “Non ci saranno partner per la pace se saranno consumati dalla catastrofe umanitaria e alienati da qualsiasi percepita indifferenza verso la loro situazione”, ha detto Blinken, anche se l’appello per una pausa temporanea senza il rilascio degli ostaggi israeliani da parte di Hamas è stato rapidamente respinto da Il primo ministro Benjamin Netanyahu , che ha affermato che Israele “andrà avanti a tutto vapore”.
Il leader del gruppo militante Hezbollah sostenuto dall’Iran continua ad alimentare i timori che la guerra possa allargarsi promettendo ulteriori attacchi lungo il confine con il Libano. Blinken ha anche affermato che è imperativo che Israele, i paesi della regione, gli Stati Uniti e altri inizino a considerare come sarà il futuro di Gaza se e quando Hamas sarà distrutto. “Non può e non deve esserci un ritorno allo status quo precedente al 7 ottobre”, ha affermato.
Nel suo primo discorso pubblico dall’inizio della guerra, il leader di Hezbollah Hassan Nasrallah ha detto che il suo gruppo è pienamente impegnato nella guerra e che Hamas dovrà restare responsabile del governo di Gaza, contrariamente ai voleri di Israele che denuncia in questo un pericolo costante e ora più che mai da eliminare per sempre. Quindi l’idea che Israele prenda in considerazione una pausa e scenda a un compromesso “con un cessate il fuoco”, è assolutamente inverosimile. Israele chiede il rilascio degli ostaggi riferendosi alle circa 240 persone rapite da Hamas durante il suo attacco immediato.
Per aiutare Israele a localizzare quegli ostaggi, gli Stati Uniti stanno facendo volare droni MQ-9 su Gaza, segnalati per la prima volta da Reuters, per raccogliere informazioni e aiutare a localizzare dove sono tenute quelle persone. Dall’attacco di Hamas del 7 ottobre al sud di Israele, la ritorsione dell’esercito israeliano ha ucciso oltre 9.000 palestinesi e ferito altre migliaia, dice il Ministero della Sanità nella Gaza gestita da Hamas. Tra loro ci sono 31 giornalisti e operatori dei media, secondo il Committee to Protect Journalists, un organismo di controllo con sede a New York. Il Ministero della Sanità ha riferito che tra le vittime ci sono anche oltre 112 medici e infermieri. I militanti di Hamas hanno ucciso più di 1.400 persone in Israele il 7 ottobre, la maggior parte delle quali civili.
Ha fatto il gito del mondo un video che mostrava il corrispondente della televisione palestinese Salman Al-Bashir, mentre si toglieva il giubbotto antiproiettile e l’elmetto in diretta durante un suo servizio dall’ospedale Nasser, nel sud della Striscia di Gaza, giovedì 2 novembre. L’esplosione di dolore in onda di al-Bashir sembrava incanalare lo stato d’animo di tutta Gaza. Dalle sale affollate dell’ospedale Nasser, al-Bashir riferiva del flusso di palestinesi morti e feriti di guerra che arrivavano in seguito al pesante bombardamento israeliano nel sud. Una delle vittime, trasportata all’obitorio dell’ospedale con 10 membri della sua famiglia, era il suo stesso collega, il corrispondente veterano della TV palestinese Mohammed Abu Hatab, 49 anni.
Solo un’ora prima, Abu Hatab aveva consegnato un servizio in diretta sulla guerra tra Israele e Hamas. vittime proprio da quella sede per Palestine TV, una rete di proprietà dell’Autorità Palestinese con sede in Cisgiordania, rivale politico di Hamas.“Non ce la facciamo più, siamo esausti”, ha detto al-Bashir mentre la conduttrice di Ramallah in studio ha iniziato a piangere. “Stiamo per essere uccisi. Uno per uno.”
Questa settimana, funzionari palestinesi hanno riferito che su Gaza sono state sganciate 18.000 tonnellate di bombe. La maggior parte di queste bombe appartengono alla famiglia Mk80 che viene fabbricata dagli Stati Uniti, sin dalla guerra del Vietnam. Originariamente progettate come armi convenzionali a caduta libera, sono state costantemente modernizzate con sofisticati dispositivi di puntamento che le hanno convertite in “bombe intelligenti”. Queste bombe sono realizzate in varie dimensioni, classificate in base al peso totale dell’arma: 120 kg, 250 kg, 500 kg e 1.000 kg.
L’aeronautica israeliana utilizza tre tipi principali di velivoli ad ala fissa, tutti di fabbricazione statunitense riferisce Al Jazeera. Il ruolo principale degli aerei da caccia F-15 è quello di garantire la superiorità aerea, sebbene alcuni possano essere utilizzati anche come bombardieri. Israele ha ordinato 75 degli ultimi cacciabombardieri F-35 e finora ne ha ricevuti circa 40. Probabilmente questi jet non vengono utilizzati per bombardare Gaza, ma pattugliano i cieli contro qualsiasi minaccia. Questa settimana è stato pubblicato un video di un F-35 che abbatte un missile da crociera Houthi lanciato su Israele dallo Yemen.
Il cavallo di battaglia della campagna di bombardamenti di Gaza è l’F-16, un vecchio e collaudato aereo. Israele ha costruito una versione modificata dell’aereo da caccia per adattarlo alle sue tattiche con un secondo membro dell’equipaggio il cui compito principale è controllare le armi di precisione. Circa 100 sono in servizio. Sebbene ciascuno possa trasportare 7 tonnellate, per scopi pratici si può presumere che ogni F-16 decolli con quattro bombe. Se tutte e quattro le bombe fossero versioni da 1.000 kg, sarebbero necessari 4.500 voli per consegnare 18.000 tonnellate di bombe. Ma non tutte le bombe utilizzate sono del tipo più pesante, quindi il numero dei voli di bombardamento su Gaza potrebbe avvicinarsi a 6.000.
L’aeronautica militare dispone di circa 170 F-16 di tutte le versioni. In qualsiasi aeronautica militare, circa il 20% degli aerei è in qualsiasi momento fuori servizio per manutenzione regolare, aggiornamenti o riparazioni. Israele è noto per il supporto professionale e rapido, quindi circa 150 F-16 probabilmente sono utilizzabili in qualsiasi momento. Man mano che la campagna continua, questo numero inizierà a diminuire poiché l’uso continuo richiederà ulteriore manutenzione e sostituzione delle parti usurate. Ma ciò avverrà gradualmente e Israele sarà in grado di mantenere più di 100 F-16 in condizioni di volo in qualsiasi momento. Pertanto, a quanto pare, gli F-16 effettuano in media 1,5 missioni di combattimento al giorno. Date le specificità del campo di battaglia con non meno di sette basi aeree israeliane entro un raggio compreso tra 50 e 100 km (da 31 a 62 miglia) da Gaza, i tempi di volo sono brevi, quindi i piloti possono continuare a volare alla velocità attuale senza preoccuparsi delle conseguenze a lungo termine. Sebbene i numeri esatti siano sempre uno dei segreti più custoditi, pare certo che l’aeronautica israeliana abbia un numero sufficiente di piloti e riservisti attivi con addestramento aggiornato per mantenere rotazioni regolari. Finora Israele ha speso all’incirca 2 miliardi di dollari per bombardare Gaza, e la cifra potrebbe essere anche più alta. Ciò senza il costo di mobilitare e tenere sotto le armi 360.000 riservisti e di intraprendere la guerra di terra iniziata da Israele la settimana scorsa.
Il punto di vista palestinese
Di pace si parla quando ci sono accordi giusti. A dirlo è una ragazza palestinese via Social, Falastin Dawoud. “Questo è il pensiero di molti palestinesi che di fatto arriverebbero anche a stipulare la pace, ma non prima di vedere realizzate quattro cose”, spiega con decisione. “La prima, riguarda il rispetto dellla risoluzione 194 dell’Onu ossia il diritto al ritorno. Nel 1948, 700mila palestinesi sono stati costretti a fuggire dalle proprie case per favorire la nascita dello stato di Israele. Israele tutt’oggi vieta loro di tornare nelle loro terre in Palestina. La seconda, prevede invece la liberazione di 310 prigionieri palestinesi sotto detenzione amministrativa, che è una restrizione della libertà individuale perché le persone vengono catturate e detenute senza alcun processo giudiziale. La terza, secondo i palestinesi gli israeliani devono smettere di costruire colonie sui terreni palestinesi continuando a violare risoluzioni, leggi e accordi. Perché i palestinesi vogliono uno stato indipendente. La Cisgiordania si dice che sia un territorio palestinese sotto l’autorità palestinese in realtà è sotto il controllo degli israeliani. Entriamo nel dettaglio per comprenderne le motivazioni. Esiste solo una piccola zona (18%) controllata solo dai palestinesi. Poi c’è una seconda zona (22%), sotto il controllo militare israeliano e civile palestinese e poi una terza zona, (60%) sotto il totale controllo israeliano. La quarta cosa, e non per ordine di importanza, i palestinesi vogliono la restituzione dei loro posti sacri. La Palestina è terra santa e lì si trovano i posti sacri sia dei cristiani sia dei musulmani. Due posti sacri si trovano a Gerusalemme: uno si chiama Al Nasjed Al Aqsa o la moschea Al-Aqsa che è uno dei posti più importanti per i musulmani e l’altro è la chiesa del Santo Sepolcro. Il terzo posto sacro è Masjid Al Ibrahimi nel Khalil a Hebron e il quarto, è la basilica della natività a Betlemme”.
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