Il destino dell’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump è nelle mani della Corte Suprema degli Stati Uniti dopo che la Corte Suprema del Colorado e la segretaria dello Stato democratico del Maine Shenna Bellows hanno rimosso ieri l’ex presidente Usa dalle primarie presidenziali dello Stato in base alla clausola di insurrezione della Costituzione per il suo coinvolgimento nell’attacco al Campidoglio del 2021. La Bellows ha stabilito che Trump non può più candidarsi per il suo precedente incarico perché il suo ruolo nell’attacco al Campidoglio del 6 gennaio 2021 ha violato la Sezione 3 del Quattordicesimo emendamento, che vieta di ricoprire cariche a coloro che “hanno partecipato a un’insurrezione”. “Nulla di personale” ha precisato “sarà la Corte Suprema degli Stati Uniti che avrà l’ultima parola, ma era importante importante che io facessi il mio dovere ufficiale”.
Insomma un bel bastone fra le ruote per Trump che corre il rischio di restare al pit stop per un tempo indefinito, in attesa deI tempi della decisione della Corte Suprema di Stato che però non sono chiari e di conseguenza nemmeno ipotizzabili. Quello che è certo è che il Partito repubblicano del Colorado ha fatto appello alla decisione dell’Alta Corte del Colorado mercoledì, sollecitando un calendario accelerato, e si prevede che anche Trump presenti un appello entro la settimana. Giovedì i firmatari del caso del Colorado hanno sollecitato la massima corte nazionale ad adottare un calendario ancora più rapido, in modo da potersi pronunciare prima del 5 marzo, ossia quando 16 Stati, tra cui il Colorado e il Maine, saranno chiamati a votare per il processo di nomina presidenziale repubblicana.
La decisione è stata sospesa fino a quando la Corte Suprema degli Stati Uniti non comunicherà la sua decisione. “Non sono giunta a questa conclusione con leggerezza”, ha scritto Bellows in un documento di 34 pagine. “Sono consapevole che nessun segretario di Stato ha mai privato un candidato presidenziale dell’accesso al voto sulla base della Sezione 3 del Quattordicesimo emendamento. Sono anche consapevole, tuttavia, che nessun candidato presidenziale si è mai impegnato in un’insurrezione”.
La corte ha sospeso la sua decisione fino al 4 gennaio, o fino a quando la Corte Suprema degli Stati Uniti non si pronuncerà sul caso. Funzionari del Colorado affermano che la questione deve essere risolta entro il 5 gennaio, termine ultimo entro il quale lo stato deve stampare le schede delle primarie presidenziali.
La portavoce legale di Trump, Alina Habba, riguardo la sentenza emessa dalla Corte Suprema del Colorado ha detto ad AP: “Attacca il cuore stesso della democrazia di questa nazione. Non reggerà e confidiamo che la Corte Suprema annullerà questo ordine incostituzionale”. Trump non ha menzionato la decisione durante un suo comizio martedì scorso a Waterloo, nell’Iowa, ma ha dato il via con una email a una raccolta fondi citando quella che ha definito una “sentenza tirannica”. La presidente del Comitato nazionale repubblicano Ronna McDaniel ha definito la decisione “interferenza elettorale” e ha affermato che il team legale della RNC intende aiutare Trump a combattere la sentenza. Ora il pericolo per l’ex presidente è che più tribunali e funzionari elettorali seguano l’esempio del Colorado e lo escludano dagli stati “must-win” pregiudicando irrevocabilmente la sua corsa (ad ostacoli) verso il ritorno alla Casa Bianca. La sentenza del Maine probabilmente non avrà mai effetto da sola. Il timore però ora riguarda l’influenza che tutto ciò che è accaduto possa influenzare la più alta corte della nazione che dovrà pronunciarsi su un quesito che cambierà inevitabilmente, in positivo e in negativo, il destino del tycoon: “Trump può ancora candidarsi alla presidenza dopo l’attacco del 6 gennaio 2021 al Campidoglio degli Stati Uniti?”.
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