C’è un assioma americano antico quanto la nazione secondo cui “nessuno è al di sopra della legge, nemmeno il presidente”. Ma Trump, che si è dichiarato non colpevole di tutte le accuse, questa settimana, chiederà a una corte d’appello di Washington – e subito dopo, probabilmente, anche alla Corte Suprema – di non essere accusato di alcun crimine sostenendo in aggiunta alla sua dichiarazione di non colpevolezza che un ex presidente è immune da procedimenti giudiziari per “azioni ufficiali” intraprese mentre era alla Casa Bianca. Per cosa è stato incriminato l’inossidabile tycoon oramai è cosa nota. Quattro i reati che a seguito di un’indagine di un consulente speciale dovrebbero impedirgli il ritorno alla Casa Bianca. Le accuse? Trump è stato accusato di cospirazione per avere frodato gli Stati Uniti, per avere ostacolato un procedimento ufficiale, di cospirazione contro i diritti e di ostruzione o tentativo di ostacolare un procedimento ufficiale. L’accusa in particolare sostiene che Trump abbia cercato di svalutare i voti legittimi e di avere sovvertito i risultati delle elezioni presidenziali del 2020 ostacolando il processo nazionale di raccolta, conteggio e certificazione dei risultati delle elezioni presidenziali; impedendo il conteggio e la certificazione dei risultati delle elezioni presidenziali del 6 gennaio 2021; e negando il diritto di voto e di far contare quel voto. Insomma accuse pesanti.
“L’attacco al Campidoglio della nostra nazione il 6 gennaio 2021 è stato un assalto senza precedenti alla sede della democrazia americana “, si legge nell’atto di accusa. “Alimentato da menzogne dell’imputato mirate a ostacolare una funzione fondamentale del governo degli Stati Uniti, il processo nazionale di raccolta, il conteggio e certificazione dei risultati delle elezioni presidenziali”. Per mesi, i grandi giurati federali hanno ascoltato le testimonianze di dozzine di testimoni, tra i tanti, l’ex avvocato di Trump Rudolph W. Giuliani e l’ex capo dello staff Mark Meadows. Governatori e funzionari elettorali locali negli stati teatro di battaglia tra cui Arizona, Georgia, Michigan e Wisconsin hanno parlato con gli investigatori come parte dell’indagine.
L’accusa afferma anche che, millantando accuse di frode infondate, Trump abbia spinto i funzionari statali a privare gli elettori dei loro diritti civili, a ignorare il voto popolare e a cancellare gli elettori legittimi al fine di ottenere voti elettorali illegittimi per lui. E non è tutto. L’acusa spinge sull’acceleratore accusando sia lui che i suoi co-cospiratori di avere organizzato false liste elettorali in sette stati chiave – Arizona, Georgia, Michigan, Nevada, New Mexico, Pennsylvania e Wisconsin – per esprimere voti e inviarli al Congresso affinché potessero essere conteggiati il 6 gennaio 2021. L’ex presidente è anche accusato di aver tentato di utilizzare il Dipartimento di Giustizia per condurre false indagini sulle frodi elettorali e per fornire sostegno al suo piano elettorale fraudolento. L’accusa sostiene inoltre che Trump il 3 gennaio 2021 si sia attivato per nominare generale ad interim un suo uomo – denominato “Co-Cospiratore n. 4” nel documento – affinché potesse essere inviata una lettera ad alcuni stati affermando che il Dipartimento di Giustizia li stava incoraggiando a convocare le loro legislature per ribaltare i risultati elettorali.
Inoltre pare che quel giorno, il vice avvocato della Casa Bianca Pat Philbin disse al co-cospiratore senza nome, (che si pensa possa essere l’allora assistente procuratore, il generale Jeffrey Clark), che qualsiasi tentativo da parte di Trump di rimanere al potere dopo il 20 gennaio 2021, avrebbe sortito“rivolte in tutte le principali città”. Fu per queste parole che Trump comprese che quel piano non poteva funzionare. Ma fece un ultimo tentativo. Iniziò a fare pressioni sull’allora vicepresidente Mike Pence perché lui avrebbe potuto interferire sul conteggio dei voti elettorali e la certificazione dei risultati da parte del Congresso l’11 gennaio 2019. Ma Pence, come sappiamo, si oppose a bloccare la vittoria del democratico Joe Biden.
“Il 6 gennaio, l’ex presidente Trump mi chiese di scegliere tra lui e la Costituzione ed io scelto la Costituzione e lo farò sempre”, rivelò successivamente Pence in una nota.
Il Dipartimento di Giustizia da tempo sostiene che un presidente in carica non può essere accusato di un crimine mentre è in carica. L’impeachment è l’unico rimedio per rimuovere un presidente in carica che infrange la legge. Va anche detto però che non esiste alcun precedente chiaro sulla possibilità che un ex presidente possa essere perseguito per ciò che ha fatto mentre era alla Casa Bianca. Ecco perché l’attenzione sul caso è massima, perché l’esito di questo caso potrebbe influenzare tutti i futuri presidenti, sottoponendoli potenzialmente a procedimenti giudiziari da parte dei rivali politici.
II presidente Nixon e l’affare Watergate
Lo scandalo Watergate, o semplicemente il Watergate, fu uno scandalo politico scoppiato negli Stati Uniti nel 1972, innescato dalla scoperta di alcune intercettazioni illegali effettuate nel quartier generale del Comitato nazionale democratico, da parte di uomini legati al Partito Repubblicano e in particolare al “Comitato per la rielezione” del presidente Richard Nixon. Lo scandalo – che portò alla richiesta di impeachment e alle dimissioni di Richard Nixon – prese il nome dal Watergate, un complesso edilizio di Washington che ospita il Watergate Hotel, l’albergo in cui furono effettuate le intercettazioni che diedero inizio allo scandalo. L’inchiesta giornalistica promossa da due reporter, Bob Woodward e Carl Bernstein, suscitò la crescente attenzione nell’opinione pubblica per la vicenda che, iniziata come modesto reato compiuto da personaggi secondari, crebbe fino a coinvolgere gli uomini più vicini al presidente, lo stesso Nixon e tutto il suo sistema di governo incentrato su attività illegali di controllo e spionaggio interno attuate allo scopo di mantenere il potere. Lo scandalo si sviluppò nel contesto della crisi politico-sociale presente da anni negli Stati Uniti a seguito soprattutto delle vicende della guerra del Vietnam. L’affare Watergate si prolungò con una serie di eventi sempre più clamorosi per circa due anni (1972-1974). Uno dei personaggi più importanti dello scandalo fu il giovane consulente legale della Casa Bianca, John Dean, che in un primo tempo svolse con abilità il compito ricevuto da Nixon di controllare la fuga di notizie e di proteggere il presidente dal coinvolgimento nella vicenda, corrompendo con denaro i personaggi minori direttamente implicati nei reati, e poi, dopo il famoso colloquio con Nixon del 21 marzo 1973 in cui parlò della presenza di un “cancro dentro la Casa Bianca”, temendo di divenire il capro espiatorio dello scandalo, decise di testimoniare davanti alla Commissione del Senato e descrisse con molti dettagli tutti gli aspetti della vicenda, coinvolgendo in pieno anche il presidente. Nixon continuò a resistere a due anni di crescenti difficoltà politiche e di aspri contrasti tra i poteri dello Stato, e cercò di minimizzare le sue responsabilità scaricando le colpe su alcuni dei suoi collaboratori più importanti, ma la pubblicazione della registrazione segreta nota come “la pistola fumante” (smoking gun) nell’agosto 1974, da cui si evinceva che il presidente era stato al corrente fin dall’inizio delle attività illegali e aveva sfruttato il suo potere per occultare il coinvolgimento diretto degli uomini della Casa Bianca, portò con sé la prospettiva di un sicuro impeachment. Così Richard Nixon diede le dimissioni pochi giorni dopo, il 9 agosto 1974.
E che dire dell’attuale tribunale, più conservatore?
Nel 2020, la Corte Suprema ha respinto molte delle richieste di Trump di privilegio esecutivo o di “immunità assoluta” da un’indagine penale.
La corte con un voto di 7-2 ha respinto la sua richiesta di immunità nel tentativo di respingere un mandato di comparizione dello stato di New York per i suoi documenti aziendali e fiscali .
Cosa dice la Costituzione americana a tal riguardo?
Senatori e rappresentanti godono di un’immunità limitata per le azioni intraprese in relazione al loro lavoro legislativo. E i presidenti della nazione? La Costituzione afferma che un presidente “va rimosso dall’incarico in caso di impeachment e condanna per tradimento, corruzione o altri gravi crimini e misfatti”. Si prosegue affermando che dopo un impeachment, “la parte condannata sarà comunque responsabile e soggetta ad accusa, processo, giudizio e punizione, secondo la legge”.
Questo risolve la questione?
Non del tutto. Il procuratore speciale Jack Smith sostiene e conferma quello che la maggior parte delle autorità costituzionali hanno sempre ipotizzato: ossia che un ex presidente può essere perseguito solo dopo aver lasciato l’incarico. Gli avvocati di Trump sostengono che la stessa clausola gioca a loro favore. Poiché due terzi del Senato non hanno condannato Trump nel processo di impeachment per incitamento all’insurrezione, egli non è “la parte condannata” e non può essere perseguito ora per la stessa condotta.
Se Trump fosse stato messo sotto accusa per le sue azioni, quali sarebbero le conseguenze?
La libertà di Trump non è mai stata messa in gioco perché non sarebbe mai andato in prigione. Avrebbesolo perso la carica.
Però non è vero che non ci sono precedenti….
Già. Il caso Nixon.
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