Il giovane governatore della Florida Ron DeSantis, (45 anni compiuti lo scorso14 settembre e al secondo mandato in Florida dal 2022) ieri ha annunciato che ha deciso di ritirare la sua candidatura per la corsa alla Casa Bianca e appoggerà come candidato l’ex presidente Donald Trump. Lo ha reso noto con un video pubblicato su X, arriva dopo il deludente risultato, il secondo posto nei caucus repubblicani dell’Iowa della scorsa settimana.
“Se potessi fare qualcosa per produrre un risultato favorevole, più interruzioni della campagna, più interviste, lo farei, ma non posso chiedere ai nostri sostenitori di offrire volontariamente il loro tempo e di donare le loro risorse se non abbiamo una chiara visione del percorso che dobbiamo fare verso la vittoria. Di conseguenza, oggi sospendo la mia campagna”, ha detto DeSantis. Poi ha aggiunto parlando di Trump: “Anche se ho avuto disaccordi con lui, come sulla pandemia di Coronavirus e sulla sua elevazione di Anthony Fauci, Trump è superiore all’attuale presidente in carica Joe Biden. Questo è chiaro”. E ancora: “Ho firmato un impegno per sostenerlo come candidato repubblicano e onorerò tale impegno. Ha il mio appoggio, perché non possiamo tornare alla vecchia guardia repubblicana del passato o alla forma riconfezionata di corporativismo riscaldato che Nikki Haley rappresenta”, ha aggiunto.
Ora l’unica alternativa fra i repubblicani a Trump è rimasta l’ex governatore della Carolina del Sud, Nikki Haley, che però ha raggiunto un consenso molto più risicato rispetto a all’ex presidente. Non una sorpresa visto che è evidente da anni e anni che la candidatura di una donna in generale alla Casa Bianca ha sempre creato molta diffidenza in tutte le componenti dell’elettorato statunitense, anche se Hillary Clinton si è giocata la carta del genere solo nella parte finale della sua campagna elettorale
La decisione di DeSantis è arrivata dopo giorni di conversazioni con i suoi sostenitori. Nel corso del fine settimana è diventato chiaro che non c’erano né le motivazioni né il sostegno finanziario per portare avanti la sua candidatura. Così sostenuto dalla moglie Casey ha pensato di fare un passo indietro. Ma prima dell’annuncio pubblico lo ha comunicato a chi fino a quel momento lo aveva sostenuto finanziariamente spiegando che non c’era motivo di sprecare altro tempo e denaro restando in gara. DeSantis ha detto che non c’era alcuna strada verso la vittoria con Trump in corsa, riferendo che troppe volte aveva sentito dire a tante persone della sua platea: “Se non ci fosse Trump, voterei per te…”. Ma Trump c’è e questa sua determinazione a trovare soluzioni a tutto, anche alla guerra in Ucraina, che è divenuta una spina nel fianco per molti americani che non vogliono più spendere soldi per questo conflitto, piace assai.
Ma quella di DeSantis non è una rinuncia per sempre. Perché lui sa di essere giovane e vuole giocarsi la carta delle presidenziali al prossimo giro ossia nel 2028, quando Trump, nel caso vincesse queste elezioni, per questioni anagrafiche, non sarà più un ostacolo alla sua corsa.
Ora molti suoi sostenitori si sono divisi tra innocentisti e colpevolisti. Chi è dalla sua parte è convinto che come ha detto lui stesso contro Trump la sua si sarebbe trasformata in una missione impossibile, poi c’è chi invece gli punta il dito contro e accusa la promettente stella nascente del GOP, di avere impiegato troppo tempo per attaccare l’ex presidente Donald Trump e di avere sottovalutato la forza dell’ex governatore della Carolina del Sud, Nikki Haley. Alla fine però poi conta il risultato. E come nella regola della proprietà commutativa, cambiando l’ordine degli addenti dell’addizione la somma non cambia. E quello della scorsa settimana in Iowa si è rivelato un colpo particolarmente devastante tenuto conto che durante vari suoi comizi DeSantis aveva promesso con fermezza di vincere in quello stato. Invece la sua corsa lo ha lasciato a quasi 30 punti di distanza dietro a Trump e a malapena oltre la Haley. Così ora Trump può prendersi il merito di aver ribaltato il futuro politico di tre dei politici repubblicani più importanti e promettenti nel suo stato d’origine adottivo: DeSantis, l’ex governatore Jeb Bush e il senatore Marco Rubio (gli ultimi due dei quali ha battuto nelle elezioni repubblicane del 2016).
Cosa non ha funzionato in DeSantis è sotto gli occhi di tutti. In otto mesi come candidato, ha lottato per articolare una logica coerente per la sua candidatura, concentrandosi più spesso sui suoi successi passati come governatore che sulle sue idee per il futuro. Ma ci vuole le phisique du role e una buona e convincente retorica per fare breccia nei cuori degli elettori e lui non ha né l’uno né l’altra. Al punto da scatenare persino lo humor dei suoi nemici politici che si sono divertiti ad esaltare le sue interazioni rigide e imbarazzanti con gli elettori. Tuttavia, DeSantis è rimasto un candidato valido fino all’inizio delle votazioni e dopo la visita di tutte le 99 contee in Iowa, si è guadagnato il sostegno del popolare governatore repubblicano dello stato, Kim Reynolds. Ma era chiaro nei giorni successivi ai caucus dell’Iowa, quando appariva stanco e abbattuto, che la fatica della campagna aveva avuto il suo prezzo. Così ha deciso di uscire dall’arena.
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