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LA CORTE INTERNAZIONALE DI GIUSTIZIA DELL’AIA CONDANNA ISRAELE, MA NON PUÒ FERMARLO


Il 26 gennaio a Corte internazionale di giustizia dell’Aia ha chiesto a Israele di prevenire atti di genocidio a Gaza e di consentire l’accesso agli aiuti umanitari. I giudici sono stati chiari: 25.700 palestinesi morti, 1,7 milioni di sfollati, il 93% della popolazione alla fame. La devastazione è innegabile. Finché Israele non ottempererà alle richieste, il rischio di genocidio è ogni minuto più grave. La storica sentenza è stata accolta con favore dal Sudafrica, che è stato il Paese che ha sottoposto la questione al giudizio della corte e ha potuto denunciare Israele perché entrambi i paesi hanno ratificato la Convenzione sul genocidio, firmata nel 1948 sulla scia dell’Olocausto. “La corte ha stabilito che le azioni d’Israele nella Striscia di Gaza sono plausibilmente genocidarie”, ha affermato il ministero degli esteri sudafricano. “Israele deve fare tutto ciò che è in suo potere per impedire atti che rientrino nel campo d’applicazione della Convenzione sul genocidio e per prevenire e punire l’istigazione diretta e pubblica a commettere un genocidio e deve anche adottare misure urgenti per garantire la consegna degli aiuti umanitari agli abitanti della Striscia di Gaza”, ha affermato la Corte internazionale di giustizia, senza però chiedere a Israele di mettere fine alla sua offensiva. E questo ha suscitato grande sdegno. Seppure dietro questa decisione ci fosse un motivo ben chiaro. In questa fase i giudici della Corte non erano chiamati a stabilire se Israele stesse effettivamente commettendo un genocidio nella Striscia di Gaza, anche perché  arrivare a un giudizio giuridico definitivo potrebbe richiedere anni, ma era stato chiesto loro solo di pronunciarsi sul ricorso d’urgenza. E questo lo hanno fatto. Il grosso problema però è che nonostante queste le sentenze siano definitive e giuridicamente vincolanti, la corte non ha i mezzi per farle rispettare. Un esempio? Nella primavera scorsa la corte ha ordinato alla Russia di sospendere l’invasione dell’Ucraina. E ciò non ha sortito alcun effetto. Il fatto però che il più alto tribunale al mondo abbia affermato inequivocabilmente che ci sono tutti i segnali di allarme di rischio genocidio nessuno ora lo può ignorare. Israele blocca l’accesso di cibo e medicine, civili innocenti vengono uccisi a sangue freddo. L’85% della popolazione a Gaza è rimasta senza casa. I giudici hanno ordinato misure di emergenza per prevenire atti di genocidio, come altre uccisioni di palestinesi, ma l’esecuzione della sentenza non è in mano loro. Sono gli Stati Uniti e le Nazioni Unite con i suoi Paesi membri che devono costringere Israele ad applicarle.

“È il mondo alla rovescia”, aveva commentato il primo ministro Benjamin Netanyahu durante le udienze del tribunale dell’Aia. “Se ci sono atti che possono essere definiti genocidari, sono stati compiuti contro Israele”, ha dichiarato Tal Becker, avvocato israeliano alla Corte di giustizia. Netanyahu aveva fatto sapere che non si sarebbe sentito vincolato a rispettare un’eventuale sentenza sfavorevole. “Nessuno ci fermerà, né l’Aja, né l’asse del male, né nessun altro”.

Il presidente della Repubblica italiano Sergio Mattarella celebrando i giorni scorsi al Palazzo del Quirinale il “Giorno della Memoria” ha detto: «Coloro che hanno sofferto il turpe tentativo di cancellare il proprio popolo dalla terra sanno che non si può negare a un altro popolo il diritto a uno stato». Un messaggio chiaro che suona come un monito lanciato a Israele. E considerando gli eventi storici che hanno portato alla nascita d’Israele, non bisogna trascurare anche l’enorme impatto simbolico di una sentenza di questo genere contro l’operato di Israele sulla base della Convenzione sul genocidio. Ora c’è chi sostiene che  il presidente Biden (perché gli Stati Uniti sono il più grande alleato di Israele) e altri governi chiave potrebbero costringere lo stato ebraico a seguire le direttive della corte. Ma queste sono al momento solo supposizioni. L’unica cosa certa è che Gaza è stata trascinata alle porte dell’inferno.



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