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INDIA SULLA LINEA DI SORPASSO, ORA GLI INVESTITORI LA PREFERISCONO ALLA CINA


Un cambiamento epocale è in corso nei mercati globali, perché la Cina che fino a due decenni fa era considerato il paese con le più grandi prospettive di crescita al mondo, ora è stata surclassata dall’India, un mercato fortemente sostenuto da Goldman Sachs e Morgan Stanley, sottolineano gli economisti.

L’hedge fund Marshall Wace (valore 62 miliardi di dollari) ha posizionato l’India come la sua più grande scommessa a lungo termine dopo gli Stati Uniti. Un ramo della Vontobel Holding AG con sede a Zurigo ha reso il paese la sua principale partecipazione nei mercati emergenti. E ora anche gli investitori al dettaglio più conservatori stanno seguendo questo trend. Perché l’India, negli ultimi anni ha registrato una crescita rapidissima. Merito del Primo Ministro Narendra Modi che, ampliando le infrastrutture nel tentativo di attirare capitali globali e catene di approvvigionamento nuove, ha dato un grande slancio all’economia del suo Paese.  Contrariamente a ciò che ha fatto la Cina che ora è alle prese con problemi economici cronici.  

“Le persone sono interessate all’India per diverse ragioni, una è semplicemente che non è la Cina”, ha affermato Vikas Pershad, gestore del portafoglio azionario asiatico presso M&G Investments a Singapore. “Qui sì che c’è una vera storia di crescita a lungo termine”.

Insomma l’India è in pole position perché secondo alcuni investitori ora assomiglia alla Cina del passato: un’economia vasta e dinamica che si sta aprendo al denaro globale in modi nuovi. Certo occorre tenere conto del fatto che la popolazione del paese è ancora in gran parte povera, i mercati azionari sono costosi e i mercati obbligazionari sono isolati. Ma la maggior parte sta comunque effettuando il crossover, calcolando che i rischi di scommettere contro l’India sono maggiori. La storia dimostra che la crescita economica dell’India e il valore del suo mercato azionario sono strettamente legati. Se la nazione continua ad espandersi al 7%, ci si può aspettare che le dimensioni del mercato crescano in media almeno a quel tasso. Negli ultimi due decenni, il prodotto interno lordo e la capitalizzazione di mercato sono aumentati in tandem da 500 miliardi di dollari a 3,5 trilioni di dollari. L’India ha sfruttato il cambiamento delle dinamiche di potere con la Cina, una rivale decennale. Se la Cina è vista come una minaccia per l’ordine globale occidentale, l’India è vista come un potenziale contrappeso, un paese sempre più attrezzato per affermarsi come una valida alternativa manifatturiera a Pechino. Nazioni come gli Stati Uniti vedono la necessità di avere forti legami commerciali con l’India, anche se hanno criticato le politiche fiscali del paese. L’India ora rappresenta oltre il 7% della produzione globale di iPhone e sta investendo trilioni di rupie nel potenziamento delle infrastrutture.

Questi sforzi fanno parte del piano di Modi di vendere l’India come il nuovo motore di crescita del mondo. Il governo aumenterà la spesa per le infrastrutture dell’11% portandola a 11,1 trilioni di rupie (134 miliardi di dollari) nel prossimo anno fiscale, ha dichiarato la scorsa settimana il ministro delle Finanze Nirmala Sitharaman nel suo discorso provvisorio sul bilancio. L’India sta inoltre costruendo un vasto ecosistema di tecnologie volte ad attirare molte più persone nel mercato digitale. Google Pay di Alphabet prevede di collaborare con il sistema di pagamenti mobile dell’India per espandere i servizi oltre il paese.

Alcuni ostacoli però persistono. Le azioni indiane sono tra le più costose al mondo. L’indice S&P BSE Sensex è quasi triplicato rispetto al minimo di marzo 2020 e i loro utili non hanno avuto le stesse performance. Poi c’è l’agenda sociale di Modi, che secondo i suoi critici favorisce la maggioranza indù della nazione, minacciando la stabilità di un paese che conta più di 200 milioni di minoranze religiose. “L’India ha ancora molta strada da fare”, ha affermato Charles Robertson, responsabile della strategia macro presso FIM Partners. “Il potenziale picco di crescita è ancora al di sotto dei risultati raggiunti dalla Cina”.



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