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PER LA CORTE SUPREMA TRUMP PUÒ ESSERE PROCESSATO PER LE SUE PRESSIONI PER RIBALTARE IL RISULTATO DELLE ELEZIONI 2020


photo of buildings during daytime
Photo by KEVIN MACH on Pexels.com

Una commissione federale d’appello ieri martedì 6 febbraio ha stabilito che Donald Trump potrà essere processato con l’accusa di avere fatto pressioni per ribaltare risultato delle elezioni 2020, respingendo nettamente quello che lui  ha sempre sostenuto ossia di essere immune da procedimenti giudiziari, perché di fatto per i giudici della Corte Suprema è un cittadino comune come tutti gli altri. Trump si sa, sta lottando per evitare accuse che gli impediscano di  proseguire la sua nuova corsa elettorale per diventare di nuovo presidente degli Stati Uniti ed è disposto  a tutto pur di averla vinta. Ecco perché ora ricorrerà in appello,  ”al fine di salvaguardare la Presidenza e la Costituzione”,  un’opportunità  che potrebbe ribaltare il giudizio di primo grado, ma anche un limite che lo costringerebbe ad attendere la fine di un procedimento che potrebbe durare settimane o mesi se la Corte Suprema accettasse di occuparsene. Vero è che i giudici potrebbero fissare scadenze molto più rapide per raggiungere una decisione finale. Ma ad oggi si possono fare solo ipotesi. La commissione d’appello, che comprendeva due nominati dal presidente Joe Biden e un giudice nominato dai repubblicani, ha concesso a Trump una settimana per chiedere l’intervento della Corte Suprema.

L’eventuale data del processo comporta enormi implicazioni politiche. Se Trump dovesse sconfiggere Biden, potrebbe presumibilmente provare a usare la sua posizione di capo del ramo esecutivo per ordinare a un nuovo procuratore generale di archiviare i casi federali in cui è coinvolto chiedendo la grazia per se stesso.

Questa è la seconda volta che i giudici  ritengono che Trump possa essere perseguito per azioni intraprese mentre era alla Casa Bianca e nel periodo precedente al 6 gennaio 2021, quando una folla di suoi sostenitori  ha preso d’assalto il Campidoglio degli Stati Uniti. Il giudizio è stato implacabile nel ripudiare la nuova tesi di Trump secondo cui “gli ex presidenti godono di assoluta immunità per azioni che rientrano nelle loro funzioni lavorative ufficiali”. “Ai fini di questo procedimento penale, l’ex presidente Trump è diventato cittadino Trump, con tutte le difese di qualsiasi altro imputato criminale”, ha scritto la corte. “Ma qualsiasi immunità esecutiva che avrebbe potuto proteggerlo mentre era presidente non lo protegge più da questo procedimento giudiziario”, respingendo l’affermazione secondo cui un presidente ha “autorità illimitata per commettere crimini” che impedirebbero il riconoscimento dei risultati elettorali o violerebbero i diritti dei cittadini alla libertà d’azione. Non possiamo accettare che l’ufficio della Presidenza ponga i suoi ex occupanti al di sopra della legge per tutto il tempo successivo”, hanno scritto i giudici.

In un post su Truth Social dopo sentenza, Trump ha insistito sul fatto che un presidente “deve avere la piena immunità per poter funzionare correttamente e fare ciò che deve essere fatto per il bene del Paese”.

Ad oggi Donald Trump si trova ad affrontare quattro accuse penali e una causa civile. La Corte Suprema in passato aveva dichiarato che i presidenti sono immuni dalla responsabilità civile per gli atti ufficiali e gli avvocati di Trump sostengono da mesi che questa protezione dovrebbe essere estesa anche ai procedimenti penali,  facendo riferimento alle accuse mosse a Trump di volere restare al potere dopo aver perso le elezioni del 2020 e di avere fatto pressioni sul  suo vicepresidente affinché si rifiutasse di certificare i risultati delle elezioni. La squadra del procuratore speciale Jack Smith però è stata categorica nell’affermare che questa immunità non esiste nella Costituzione degli Stati Uniti e che, in ogni caso, le azioni di Trump non rientravano nei suoi doveri ufficiali. Gli avvocati di Trump si sono rivolti alla corte d’appello di Washington, ma Smith ha chiesto alla Corte Suprema di intervenire per prima, nella speranza di ottenere una sentenza rapida e definitiva preservando la data del processo del 4 marzo. L’alta corte però ha respinto la richiesta, lasciando la questione alla corte d’appello. E il caso è stato discusso davanti ai giudici Florence Pan e J. Michelle Childs, nominati da Biden, un democratico, e Karen LeCraft Henderson, nominata alla panchina dal presidente George HW Bush, un repubblicano.

Cosa è accaduto in precedenza

L’accusa dell’ex presidente Donald Trump di ritenere il consigliere speciale Jack Smith in difetto per aver presentato documenti giudiziari sul caso di interferenza elettorale che lo riguardava mentre il caso è in pausa, è stata boccata da un giudice federale. L’ordine di sospendere il caso in attesa dell’appello di Trump contro una sentenza sfavorevole “non vietava chiaramente e inequivocabilmente” le azioni di Smith, ha scritto il giudice Tanya Chutkan in un’ordinanza del tribunale federale di Washington, DC. “Rispettare la scadenza per la presentazione della domanda non è la stessa cosa che vietarla affermativamente”, ha scritto. La Chutkan però ha accolto la richiesta di Trump secondo cui Smith e gli altri partiti dovevano ottenere il suo permesso prima di presentare ulteriori istanze preliminari precisando di non aver riscontrato alcuna azione compiuta in malafede.

Il caso di Washington è uno dei quattro procedimenti giudiziari che Trump ha dovuto affrontare. In Florida per esempio, è stato accusato di aver conservato illegalmente documenti riservati nella sua tenuta di Mar-a-Lago, un caso per il quale sarà processato a maggio. In ogni caso, per tutti i casi, Trump ha negato qualsiasi addebito.



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