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LA SANTA SEDE SULLA GUERRA IN PALESTINA PUNTA IL DITO CONTRO ISRAELE: “IL MASSACRO DI OTTOBRE NON PUÒ GIUSTIFICARE QUESTA CARNEFICINA”


ph. WHO

L’attenzione mondiale è puntata su Rafah, la città palestinese nel sud della striscia di Gaza, che prima della guerra ospitava 1,5 milioni di persone. Ora in questa città ci sono solo tre ospedali parzialmente funzionanti, integrati da tre ospedali da campo, per un totale di appena 450 posti letto. Un numero insufficiente per i reali bisogni delle persone che ogni giorno vengono ferite più o meno gravemente. Gli ospedali sono sopraffatti, gli operatori sanitari sono esausti e le loro famiglie ricevono aggiornamenti sulla loro salute e sicurezza solo da terzi.Le ripetute restrizioni e dinieghi di accesso continuano a ostacolare la consegna degli aiuti umanitari di fondamentale importanza alla popolazione di Gaza. L’OMS e le Nazioni Unite sono pronte a offrire ulteriori aiuti, ma dicono di avere  bisogno di un accesso duraturo e di garanzie di sicurezza. Senza questi presupposti, le operazioni umanitarie potrebbero bloccarsi. Da novembre al 9 gennaio, circa il 40% delle missioni dell’OMS nel nord del Paese sono state agevolate. Il resto è stato negato, impedito o rinviato. Circa il 45% è stato agevolato al Sud. Anche se non si raggiungesse un cessate il fuoco immediato, sono urgentemente necessari corridoi umanitari per continuare a fornire aiuti vitali. I continui attacchi all’assistenza sanitaria stanno aggravando la crisi. Dal 7 ottobre l’OMS ha documentato 378 attacchi nella Striscia di Gaza. Circa 70 operatori sanitari ora sono in prigione. La situazione in evoluzione al Nasser Medical Complex è allarmante. Secondo quanto riferito, l’ospedale è assediato dal 6 febbraio e almeno dieci civili sono stati uccisi. Il cancello nord dell’ospedale è stato demolito e i magazzini di forniture e attrezzature sono stati distrutti a causa delle ostilità. Ai civili rifugiati nell’ospedale è stato chiesto di evacuare. Secondo quanto riferito, all’interno sarebbero presenti circa 402 pazienti. L’accesso all’ospedale rimane ostacolato: non esiste un corridoio sicuro per chi ne ha bisogno. Negli ultimi quattro giorni due missioni dell’OMS sono state negate e l’OMS ha perso i contatti con il personale dell’ospedale. L’ultima visita di rappresentanti dell’OMS a Nasser è avvenuta il 29 gennaio. Nasser è la spina dorsale del sistema sanitario nel sud di Gaza e deve essere protetta. L’accesso umanitario deve essere consentito. Gli ospedali devono essere salvaguardati affinché possano svolgere la loro funzione salvavita. Non devono essere militarizzati o attaccati.

Solo 11 ospedali sono parzialmente funzionanti (5 al nord, 6 al sud), 3 minimamente funzionanti e 22 non funzionanti. In  tutti gli ospedalo continua a crescere la carenza di farmaci. All’ospedale europeo di Gaza una squadra di sanitari dell’OMS  ha incontrato una bambina di 7 anni che soffriva di ustioni su circa il 75% del suo corpo e non poteva ricevere sollievo dal dolore a causa dell’indisponibilità di morfina e analgesici in ospedale. All’ospedale di Al Aqsa il 20-30% dei pazienti non ha potuto essere dimesso perché non aveva un posto sicuro dove andare. Gli operatori sanitari hanno inoltre informato il team dell’OMS che molti pazienti hanno subito amputazioni non necessarie poiché non potevano essere indirizzati a interventi chirurgici specializzati fuori Gaza. Secondo il Ministero della Sanità, dall’inizio della guerra sono state effettuate a Gaza almeno 1.500 amputazioni. Sarebbe quindi necessario un trasferimento ordinato, sicuro e duraturo dei pazienti in Egitto e possibilmente in altre località attraverso l’Egitto. L’OMS stima che più di 8.000 persone necessitano di cure mediche fuori Gaza: 6.000 per ferite di guerra e 2.000 per altri motivi medici. Dall’inizio della guerra, solo 1.243 pazienti sono stati assistiti fuori Gaza (798 feriti e 445 malati), oltre a 1.025 accompagnatori.

                               La guerra in Medioriente giunge al giorno 131

Nel frattempo Israele ha approvato l’uso del sistema di satelliti per la comunicazione Starlink di Elon Musk a Gaza. Lo ha annunciato il premier Netanyahu: “La nostra vittoria include un’azione potente anche a Rafah, dopo aver permesso alla popolazione civile di lasciare le zone di battaglia”. L’ambasciata di Israele commenta le parole del Segretario di Stato Vaticano, il card. Pietro Parolin, che ha parlato di una risposta “sproporzionata” rispetto all’attacco di Hamas. “È una dichiarazione deplorevole”. Ma la Santa Sede ribadisce: “Il diritto di Israele di assicurare alla giustizia i responsabili del massacro di ottobre, non può giustificare questa carneficina”.

Netanyahu: “Hamas rinunci a richieste deliranti”

“Insisto affinché Hamas rinunci alle sue richieste deliranti. Quando rinunceranno a queste richieste, potremo andare avanti”, ha ha detto il premier israeliano Benyamin Netanyahu in un messaggio sui social. “La chiave per il rilascio del resto dei nostri rapiti è anche questa – ha aggiunto dopo aver ricordato l’operazione di liberazione a Rafah – : una forte pressione militare e negoziati molto fermi”.  Il bilancio dei morti a Gaza è “intollerabile”, le operazione israeliane devono “cessare”. Lo ha detto il presidente francese Emmanuel Macron al premier israeliano Benyamin Netanyahu in una telefonata, secondo quanto riferito dall’Eliseo. Macron ha anche ha espresso la sua ferma opposizione a una possibile offensiva militare israeliana a Rafah perché “potrebbe solo portare a una catastrofe umanitaria di nuova portata e allo sfollamento forzato delle popolazioni, il che costituirebbe una violazione dei diritti umani internazionali e comporterebbe un ulteriore rischio di escalation regionale”. Le famiglie degli ostaggi israeliani hanno definito la decisione attribuita al premier Benyamin Netanyahu di non inviare domani una delegazione al Cairo “una sentenza di morte” per i rapiti. Il Forum delle famiglie ha attaccato la decisione dicendosi “sorpreso” aggiungendo che “sembra che qualcuno dei membri del Gabinetto abbia deciso di sacrificare gli ostaggi”. Il premier Benyamin Netanyahu “avrebbe detto che solo un cambio della posizione di Hamas potrà consentire di progredire nei negoziati”. Lo hanno riferito due funzionari israeliani citati da Axios confermando la decisione del premier di non inviare domani una delegazione al Cairo. Secondo le stesse fonti, il premier ritiene che solo una posizione di Israele “molto dura” potrebbe portare ad un accordo.



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