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YULIA NAVALNAYA NAVALNY HA DECISO. CONTINUERÀ LE LOTTE DEL SUO ALEXEI


Dopo la morte di Alexei Navalny ora è la moglie Yulia Navalnaya a prendere la parola. Lei che pur essendo rimasta spesso in disparte, è sempre stata al fianco di suo marito, il noto leader dell’opposizione russa, nella sua battaglia contro quello che considerava un grande nemico, Vladimir Putin. Negli oltre 20 anni di matrimonio lei è stata una presenza impercettibile, ma importantissima. Ma dopo la morte in prigione, la scorsa settimana, di Nalvalny, ha giurato che Putin e i suoi alleati sarebbero stati assicurati alla giustizia per la morte di Alexei.  “Continuerò il lavoro di Alexei Navalny” ha dichiarato la donna. Una dichiarazione ambiziosa da parte di una donna che una volta in un’intervista all’edizione russa di Harper’s Bazaar disse che il suo “compito fondamentale” era prendersi cura dei figli e della casa dove viveva con tutta la sua famiglia. Così ora che Yulia è scesa in campo, guiderà l’opposizione russa per non depauperare il lavoro del marito e riprendere le fila delle sue lotte , delle grandi proteste per le quali lui si è contraddistinto in Russia dal crollo dell’Unione Sovietica e attraverso le successive condanne al carcere.

Un compito arduo perché Putin ha la fama di colui che ha sempre represso la libertà di parola e soffocato il dissenso in Russia, incarcerando oppositori e critici. Quindi anche lei ora potrebbe rientrare nella lista dei nemici per presidente russo. Perché Navalnaya ha esperienza nel tenere testa a Putin, anche se Putin, secondo chi lo conosce bene, sembra non averne grande considerazione.  Ma le donne si sa a volte possono riservare grandi sorprese.  Difatti non ha avuto paura di accusare Putin di aver ucciso suo marito affermazione che il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha respinto come “infondata” e “insolente”. Ora l’enigma è capire come guidare l’organizzazione di suo marito dall’esilio. Perché è ovvio che lei per problemi di sicurezza non possa più mettere piede in Russia.

Yulia poco dopo la notizia della morte di Navalny, ha rivelato di avere incontrato una donna in una situazione simile: la leader dell’opposizione bielorussa Sviatlana Tsikhanouskaya. Tsikhanouskaya ha raccolto il testimone politico da suo marito, il leader dell’opposizione bielorussa Syarhei Tsikhanouski, nel 2020 dopo la sua incarcerazione nel periodo precedente alle elezioni presidenziali bielorusse. Lei ha condotto una campagna di successo, ma è fuggita dalla Bielorussia dopo che il presidente di lunga data Alexander Lukashenko si è dichiarato vincitore di un’elezione ampiamente considerata in Occidente come fraudolenta. “Ci siamo capite senza parole”, ha detto la Tsikhanouskaya, che non ha alcuna idea delle condizioni di suo marito, né se sia vivo o morto, parlando dell’incontro con la Navalnaya. “È così difficile quando provi un dolore così grande, ma devi… rilasciare interviste per incoraggiare il mondo democratico a compiere azioni decisive”, ha detto Tsikhanouskaya in un’intervista all’Associated Press. Operando dall’estero già da quasi quattro anni, Tsikhanouskaya ha affermato che vivere in esilio politico è una sfida. È “molto importante non perdere il legame con le persone all’interno del paese”, ha detto.

E per Yulia ora sarà davvero dura, perché in Russia, dove la maggior parte dei russi riceve ancora le notizie dai media statali controllati dal Cremlino, il suo nome è di fatto bandito.

Da quando Putin ha invaso l’Ucraina, la portata del dissenso in Russia si è ulteriormente ridotta. Le autorità russe hanno inasprito le restrizioni alla libertà di parola e incarcerato i critici, spesso persone comuni, a volte per decenni. Centinaia di persone che hanno deposto fiori in memoria di Navalny sono state arrestate e convincere i russi a prendere una posizione pubblica collettiva contro Putin pare una missione quasi impossibile. E anche se Navalnaya ha dominato i titoli dei giornali dopo la morte del marito, la sua sfida sarà quella di “rimanere rilevante” nell’interesse collettivo altrimenti inevitabilmente svanirà.

In questi giorni è spuntato un video sul web di propaganda di Navalny che risalirebbe al 2007, quando co-fondò il Movimento di Liberazione Nazionale Russo , noto come NAROD (Il Popolo), che poneva la politica di immigrazione come priorità. Cosa diceva nel video l’oppositore? Navalny, già all’epoca accusato di posizioni xenofobe, nel video paragonava i musulmani e gli immigrati a degli “scarafaggi”, spiegando che potrebbero entrare nelle case dei russi in qualunque momenti incitando i russi a difendersi pure con pistole e, in caso di emergenza, non farsi scrupoli a sparare, mimando addirittura il gesto. Ecco le sue esatte parole pronunciate nel video poi diventati virale: “Ciao, oggi parleremo della lotta agli insetti, nessuno di noi è immune dal fatto che uno scarafaggio entrerà in casa nostra o entrerà da una finestra, sappiamo che uno scacciamosche da scarafaggi, una pantofola, è un ottimo aiuto. Bene, cosa fare se lo scarafaggio risulta essere troppo grande e la mosca è moderatamente aggressiva? Beh, in questo caso consiglio una pistola”.

Nel 2013, dopo che si sono verificati disordini etnici in un quartiere di Mosca , innescati da un omicidio commesso da un migrante, Navalny ha simpatizzato con il movimento anti-immigrazione e ha commentato dicendo che le tensioni e i crimini etnici erano inevitabili a causa del fallimento delle politiche di immigrazione da parte dello Stato.  In seguito corresse il tiro dicendo: “La base del mio approccio è che bisogna comunicare con i nazionalisti ed educarli… Penso che sia molto importante spiegare loro che il problema dell’immigrazione clandestina non si può risolvere picchiando i migranti, ma usando altri mezzi democratici”.

Nel 2021, Alexander Verkhovskiy, capo dell’osservatorio sui crimini d’odio SOVA con sede a Mosca , spiegò che le dichiarazioni di Navalny sull’immigrazione risalgono a “molto tempo fa” quando era un “uomo diverso”. 

Anche le sue opinioni sulla politica estera poi si sono evolute nel tempo. In precedenza, Navalny condivideva  l’opinione dell’establishment secondo cui la Russia aveva diritto ad avere voce in capitolo negli affari interni dei suoi vicini post-sovietici e sosteneva l’espansione dell’Unione economica eurasiatica, invitando la Russia a riconoscere e sostenere militarmente l’Abkhazia e l’Ossezia del Sud nel 2008, in seguito alla guerra russo-georgiana (in seguito però si scusò per i suoi commenti sulla Georgia).

Nel 2016 Navalny si è espresso contro l’intervento russo nella guerra civile siriana, ritenendo che ci fossero problemi interni in Russia che dovevano essere affrontati per primi piuttosto che essere coinvolti in guerre straniere. Alexei si espose anche parlando della Siria, sostenendo che la Russia non avrebbe dovuto “cercare di salvare Assad , che rappresentava una giunta militare”, aggiungendo che entrare in guerra dalla stessa parte dell’Iran islamista sciita e di Hezbollah avrebbe alimentato la rabbia tra la comunità musulmana prevalentemente sunnita della Russia. Insomma quello di Nalvalny non è un passato senza macchia ma di tanti chiaroscuri che ora c’è chi vuole vengano a galla.



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