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NELLA STRISCIA DI GAZA IN CRESCITA LA MORTE PER FAME


La carestia nella Striscia di Gaza “è un disastro provocato dall’uomo” e “può essere ancora evitata attraverso un’autentica volontà politica di garantire l’accesso e la protezione ad un’assistenza significativa”. Lo aveva scritto ieri su X Philippe Lazzarini, capo dell’UNRWA, l’Agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di assistere i rifugiati palestinesi, precisando che “l’ultima volta che UNRWA è stata in grado di consegnare aiuti alimentari nella zona nord di Gaza era il 23 gennaio. “Da allora i nostri appelli a mandare cibo sono stati respinti. I giorni a venire metteranno alla prova la nostra umanità e i nostri valori”. Un grido di allarme accorato quello del funzionario che via Social grazie anche alle pressioni degli Stati Uniti ha smosso Israele che da oggi si è impegnato a inoltrare aiuti umanitari nel nord della Striscia di Gaza.

Ad oggi sono 101 gli ostaggi ancora vivi a Gaza. Lo si apprende da fonti israeliane. Il 7 ottobre 2023, secondo le stesse fonti, Hamas ha preso in ostaggio 253 persone. Oggi 134 ostaggi sono a Gaza, tra questi: 4 ostaggi tenuti prigionieri da Hamas dal 2014. 130 persone sono state rapite durante l’attacco terroristico di Hamas il 7 ottobre 2023.  Dei 130 ostaggi: 111 sono uomini, 19 sono donne, tra cui: due bambini sotto i 5 anni.10 degli ostaggi hanno più di 75 anni. 119 sono cittadini israeliani o con doppio passaporto, 11 sono cittadini stranieri (8 thailandesi, 1 nepalese, 1 tanzaniano, 1 francese/messicano). I corpi di 33 ostaggi (tra cui Hadar Goldin e Oron Shaul) sono trattenuti da Hamas a Gaza. Un israeliano è scomparso. Le persone rilasciate sono 123: 5 israeliani sono stati rilasciati prima dell’accordo con Hamas. 81 israeliani e 24 cittadini stranieri sono stati rilasciati come parte dello schema con Hamas (24-30.11.23). 8 ostaggi sono stati uccisi da Hamas e i loro corpi sono stati recuperati dalle forze IDF. 3 ostaggi sono stati uccisi per errore dalle forze IDF. Operazione “Golden Hand”: Il 12/2/24, le forze di sicurezza di Rafah hanno salvato Louis Har (71) e Fernando Marman (61) che erano stati rapiti da Hamas il 7 ottobre da Nir Yitzhak. Se si arriverà a un accordo per un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza, le forze di difesa israeliane aumenteranno i loro attacchi dal nord di Israele contro Hezbollah. Lo ha anticipato il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant  spiegando che ”stiamo progettando di aumentare la potenza di fuoco  contro Hezbollah, che non è in grado di trovare sostituti per i  comandanti che stiamo eliminando”. L’alto funzionario di Hamas, Sami Abu Zuhri, ha affermato che i commenti rilasciati ieri  dal primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, alla CBS mettono in dubbio la volontà di Israele di arrivare a un accordo sugli ostaggi. Netanyahu ha detto alla CBS che Hamas deve fare richieste più ragionevoli se si vuole concretizzare un accordo sugli ostaggi. “I commenti di Netanyahu dimostrano che non è interessato a raggiungere un accordo”, ha dichiarato Abu Zuhri alla Reuters, accusando il leader israeliano di voler “portare avanti i negoziati sotto i bombardamenti e lo spargimento di sangue”.

Insomma in barba ai colloqui a Parigi tra Usa, Israele, Egitto e Qatar, che ieri avevano trovato un “terreno di intesa” su un possibile accordo per il rilascio degli ostaggi nelle mani di Hamas e per un nuova tregua a Gaza, Netanyahu pare invece che con l’operazione a Rafah intenda puntare alla vittoria totale.

Il gruppo terroristico libanese Hezbollah, sostenuto dall’Iran, ieri ha annunciato che due dei suoi agenti sono stati uccisi negli attacchi israeliani. Hussein al-Dirani e Ahmed al-Afi provenivano da Qsarnaba e Brital, due città nel distretto di Baalbek, adiacenti alla regione siriana dove ha avuto luogo il presunto attacco israeliano. La loro morte ha portato a 214 il bilancio del gruppo terroristico dall’inizio della guerra nella Striscia di Gaza. Poco dopo il loro decesso, diverse raffiche di razzi sono state lanciate dal Libano verso il nord di Israele, tutti apparentemente atterrati in aree aperte, secondo le forze di difesa israeliane e la polizia, senza fare danni e feriti. Hezbollah ha rivendicato la responsabilità degli attacchi, affermando di aver preso di mira una base militare vicino a Margaliot e posizioni dell’IDF vicino a Kiryat Shmona e un’altra base militare nella regione del Monte Dov, al confine.

L’esercito israeliano ha rifiutato di commentare l’attacco vicino a Qusayr, un’area identificata in passato come roccaforte di Hezbollah. E nessun commento è giunto anche da parte delle autorità siriane. Anche se Israele, di regola, non commenta attacchi specifici in Siria, ha ammesso di aver condotto centinaia di sortite contro i gruppi terroristici sostenuti dall’Iran che tentavano di prendere piede nel paese negli ultimi dieci anni. L’esercito israeliano afferma di aver attaccato le spedizioni di armi che si ritiene siano destinate a quei gruppi, primo fra tutti Hezbollah. Inoltre, gli attacchi aerei attribuiti a Israele hanno ripetutamente preso di mira i sistemi di difesa aerea siriani.

Le ostilità attive tra Israele e i gruppi sostenuti dall’Iran, in particolare Hezbollah, si sono intensificate dal 7 ottobre, quando il gruppo terroristico palestinese Hamas ha lanciato un assalto nel sud di Israele, uccidendo circa 1.200 persone e rapendone altre 253. Israele ha risposto con una devastante campagna militare a Gaza volta a rovesciare Hamas e a liberare gli ostaggi.

Dall’8 ottobre, Hezbollah ha lanciato centinaia di razzi, droni e missili anticarro nel nord di Israele, attirando in risposta gli attacchi israeliani. La settimana scorsa la Siria ha affermato che un attacco aereo israeliano ha ucciso due persone in un condominio nel distretto di Kafr Sousa nella capitale siriana Damasco, un quartiere che ospita edifici residenziali, scuole e centri culturali iraniani e si trova vicino a un grande complesso pesantemente sorvegliato utilizzato dalla sicurezza. Finora, gli scontri con Hezbollah al confine settentrionale di Israele hanno provocato la morte di sei civili da parte israeliana, nonché la morte di 10 soldati e riservisti dell’IDF. Ci sono stati diversi attacchi anche dalla Siria, senza alcun ferito. Il timore che il conflitto possa allargarsi continua a essere condiviso da parte di parecchi capi di stato preoccupati dagli scenari internazionali.



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