L’agenzia Ansa riporta oggi che una fonte egiziana ha rivelato all’emittente statale Al Qahera che i negoziati su Gaza al Cairo hanno registrato “grandi progressi” e che le trattative continueranno nelle prossime 48 ore. Secondo la fonte, ci sarebbe “un accordo sui punti principali tra le varie parti”. Le delegazioni di Israele, Hamas, Stati Uniti e Qatar lasceranno la capitale egiziana nelle prossime ore, ma è previsto il loro ritorno tra due giorni “per concordare gli articoli dell’accordo finale”.
Reuters invece ha reso noto che una delegazione di Hamas, come dichiarato in un comunicato, è arrivata al Cairo per incontrare il capo dell’intelligence egiziana Abbas Kamel, e ha ribadito le richieste avanzate dal gruppo in una proposta del 14 marzo, prima della risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che chiedeva un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza, approvata il 25 marzo. Le richieste includono un cessate il fuoco permanente, il ritiro delle forze israeliane da Gaza, il ritorno degli sfollati e lo scambio di prigionieri palestinesi con gli ostaggi israeliani trattenuti a Gaza.
L’agenzia Ansa ha poi spiegato che Israele ha ritirato le truppe di terra combattenti dal sud di Gaza, lasciando Khan Yunis dove stanno rientrando gli sfollati palestinesi. La svolta – a sei mesi dall’attacco di Hamas del 7 ottobre – ha segnato, secondo fonti dell’Idf, l’avvio della Terza Fase dell’operazione di terra cominciata il 27 ottobre. Ovvero, quella “dei raid mirati e limitati, come nel caso dell’ospedale Shifa a Gaza City”. Sul posto – dopo la partenza della ultima divisione, la 98/esima – è rimasta solo la Brigata Nahal con il compito di controllare e mettere in sicurezza il cosiddetto Corridoio Netzarim che separa la Striscia orizzontalmente dal kibbutz Beeri alla fascia costiera di Gaza, dividendo in due parti il territorio dell’enclave palestinese. Il cambio di strategia – che non esclude però l’annunciata operazione di terra a Rafah – è arrivato nel giorno stesso in cui al Cairo si riaprono i negoziati indiretti tra le delegazioni di Hamas e Israele, sotto la spinta del Qatar, dell’Egitto e soprattutto degli Usa che hanno inviato nella capitale egiziana il capo della Cia William Burns. Fonti locali – citate dai media del Qatar – hanno riferito di una possibile tregua temporanea da martedì prossimo per i tre giorni successivi della Festa di Eid el- Fitr che mette fine al mese di Ramadan. Il premier Benyamin Netanyahu ha affidato alla delegazione israeliana “un mandato significativo” per trattare, ma è stato chiaro: “Nessun cessate il fuoco è possibile senza il rilascio degli ostaggi” anche perché per Israele la vittoria “è vicina”. “Non è Israele a impedire un accordo ma Hamas”, ha precisato denunciando come “estreme” le richieste della fazione islamica. E ha invocato “l’unità del Paese” di fronte alle manifestazioni di protesta e di “una minoranza estrema e violenta che sta cercando di dividerci”. Il ministro della Difesa Yoav Gallant ha spiegato che la decisione di ritirare le truppe di terra combattenti da Khan Yunis è stata presa “nel momento in cui Hamas ha cessato di esistere come struttura militare in città”. “Le nostre forze hanno lasciato l’area”, ha spiegato, “per prepararsi alle loro future missioni, inclusa la missione a Rafah”. Sul campo resta infatti l’annunciata operazione militare nell’ultima città di Gaza prima dell’Egitto per colpire i restanti battaglioni di Hamas. Il ritiro – hanno insistito le fonti dell’esercito – non esclude neanche che l’Idf “se necessario non possa tornare a Khan Yunis”. La decisione non ha quindi nulla a che vedere “con la pressione Usa esercitata su Israele”, quanto piuttosto con la volontà di “lasciare spazio” nella zona agli sfollati palestinesi “se e quando sarà condotta l’operazione a Rafah”, ma anche di far tornare i residenti alle loro case di Khan Yunis. Il ritiro delle truppe israeliane dal sud di Gaza è probabilmente solo un periodo di “riposo”, ha affermato la Casa Bianca reiterando la “frustrazione” dell’amministrazione di Joe Biden nei confronti dello Stato ebraico che a Gaza “deve fare di più”. Tuttavia, la mossa appare un cambio di passo nella strategia complessiva dell’Idf. L’uscita da Khan Yunis – vera e propria roccaforte di Hamas tenuta in scacco a lungo dai soldati – consentirà “ulteriori opportunità operative e per l’intelligence” che resta sul campo. Operazioni mirate nei confronti dei miliziani di Hamas e dei loro capi e, soprattutto, per le ricerche dei circa 130 ostaggi israeliani ancora in prigionia. Un altro obiettivo è poi quello di non mettere ulteriormente a rischio le vite dei soldati israeliani nei combattimenti ravvicinati: solo ieri ne sono morti 4 con un bilancio totale salito a 260. Mentre la stretta sorveglianza sul Corridoio Netzarim consente all’Idf la possibilità di condurre raid nel nord e nel centro della Striscia, impedisce ai palestinesi sfollati di rientrare nel nord dell’enclave palestinese e permette alle organizzazioni umanitarie di consegnare gli aiuti direttamente nel nord di Gaza. Israele ha infine assicurato di essere pronto a rispondere “a qualsiasi scenario che si possa sviluppare con l’Iran”, che continua a minacciare una rappresaglia per l’attacco al consolato a Damasco in cui sono morti alti funzionari dei Pasdaran. Minacce ribadite anche nelle ultime ore da Teheran, ma che prendono di mira gli interessi dello Stato ebraico all’estero: “Nessuna delle ambasciate israeliane nel mondo è più sicura”.
Il capo dell’esercito, il tenente generale Herzi Halevi: “La guerra a Gaza continua, e siamo ben lontani dal fermarci”
“La guerra a Gaza continua, e siamo ben lontani dal fermarci”. Lo ha detto il capo dell’esercito, il tenente generale Herzi Halevi, dopo l’annuncio del ritiro delle truppe di terra dal sud della Striscia di Gaza. Ufficiali militari, che hanno parlato a condizione di anonimato secondo la politica dell’esercito, hanno detto che una “forza significativa” è rimasta a Gaza con “libertà di azione” per continuare le operazioni mirate, anche a Khan Younis, una roccaforte di Hamas e città natale del leader del gruppo, Yehya Sinwar.
L’emittente israeliana Channel 13 tv ha riferito che Israele si sta preparando a iniziare l’evacuazione di Rafah
L’emittente israeliana Channel 13 tv ha riferito che Israele si sta preparando a iniziare l’evacuazione di Rafah, nell’estremo sud della Striscia di Gaza, entro una settimana e che il processo potrebbe richiedere diversi mesi. Dopo il ritiro parziale delle truppe, l’emittente riporta che il ministero della Difesa di Tel Aviv sta pubblicando una gara d’appalto per l’acquisto di decine di migliaia di tende. Si prevede l’acquisto di circa 40mila tende, ciascuna adatta a 12 palestinesi. Le tende saranno consegnate a organizzazioni internazionali, per realizzare una grande tendopoli a cui arriveranno gli sfollati da Rafah diretti a nord.
Yoav Gallant: ” Hamas ha smesso di funzionare militarmente a Gaza”
Il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant ha detto che Hamas ha “smesso di funzionare come organizzazione militare in tutta la Striscia di Gaza”. A seguito di una valutazione presso il Comando meridionale dell’esercito, Gallant ha affermato: “I risultati della 98ª Divisione e delle sue unità sono estremamente impressionanti: hanno preso di mira i terroristi, hanno distrutto obiettivi nemici, magazzini, armi, siti sotterranei, quartieri generali e sale di comunicazione” e ha specificato però che Israele ha ancora intenzione di affrontare i battaglioni di Hamas a Rafah, nell’estremo sud della Striscia. Lo riporta il Times of Israel
Migliaia di manifestanti si sono ritrovati vicino al parlamento israeliano a Gerusalemme per ricordare i sei mesi dal massacro di Hamas del 7 ottobre
Almeno 50.000 manifestanti si sono ritrovati vicino al parlamento israeliano a Gerusalemme per ricordare i sei mesi dal massacro di Hamas del 7 ottobre e chiedere al governo di garantire il rilascio degli oltre 133 ostaggi rimasti in mano dei gruppi terroristici nella Striscia di Gaza. Lo riporta il quotidiano israeliano The Time of Israel. I manifestanti chiedono anche le dimissioni del primo ministro Benjamin Netanyahu. All’evento hanno partecipato le famiglie degli ostaggi.
Israele: fuori da Khan Younis per preparare missione su Rafah. Lo dichiara il ministro della Difesa
Il Ministro della Difesa israeliano annuncia che il ritiro da Khan Younis serve a preparare la missione su Rafah. Lo riporta AFP nello stesso momento in cui il portavoce della Casa Bianca per la sicurezza nazionale, John Kirby, ha dichiarato all’emittente Abc che gli Stati Uniti ritengono che il parziale ritiro israeliano dal sud della Striscia di Gaza “sia in realtà solo un momento di riposo e di rifornimento per queste truppe che sono state sul terreno per quattro mesi e non necessariamente, a quanto ci risulta, indicativo di una nuova operazione in arrivo per queste truppe”
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